Due equivoci nel “patto” tra il Papa e Putin per la fine delle violenze in Siria...
La difesa dei cristiani avvicina Vaticano e Russia al persecutore Assad. La “pacificazione” che s’immagina Mosca...
Ieri i tre maggiori giornali italiani hanno dato risalto all’incontro in Vaticano tra il Papa e il presidente russo Vladimir Putin. Il Corriere ha titolato: “Il Papa riceve Putin: basta violenze in Siria”. La Repubblica ha scelto: “Il patto di Putin e Bergoglio: ‘Insieme per difendere i cristiani, vertice a Mosca sul medio oriente’”. E la Stampa ha scritto: “Lo zar bacia l’icona ed è intesa con il Papa: ‘Fermare le violenze contro i cristiani’”.
Questi tre titoli si trascinano dietro due grandi equivoci sulla guerra civile in Siria, a partire dalla questione emergenziale della minoranza cristiana. In questo momento non c’è una parte della popolazione siriana più colpita dalla violenza e più meritevole delle altre di protezione (“fermare le violenze contro i cristiani”). Anzi, a voler essere precisi da due anni e mezzo è la maggioranza sunnita a essere la più esposta nei combattimenti tra la guerriglia e l’esercito di Damasco ed è anche deliberatamente presa di mira dalla campagna repressiva di stato partita nel marzo 2011. La minoranza cristiana siriana vive soprattutto nelle aree controllate dal governo di Assad ed è a rischio di rappresaglie feroci e di attentati da parte dei gruppi armati dell’opposizione – che in maggioranza quasi assoluta si dichiarano islamisti – e la maggioranza sunnita è investita in pieno dalla forza militare del governo, che è arrivato a ordinare contro le aree abitate da civili al di fuori dal suo controllo l’uso di armi che teneva in serbo per una guerra possibile contro Israele (inclusi i missili balistici Scud e il gas nervino sarin).
Questi tre titoli si trascinano dietro due grandi equivoci sulla guerra civile in Siria, a partire dalla questione emergenziale della minoranza cristiana. In questo momento non c’è una parte della popolazione siriana più colpita dalla violenza e più meritevole delle altre di protezione (“fermare le violenze contro i cristiani”). Anzi, a voler essere precisi da due anni e mezzo è la maggioranza sunnita a essere la più esposta nei combattimenti tra la guerriglia e l’esercito di Damasco ed è anche deliberatamente presa di mira dalla campagna repressiva di stato partita nel marzo 2011. La minoranza cristiana siriana vive soprattutto nelle aree controllate dal governo di Assad ed è a rischio di rappresaglie feroci e di attentati da parte dei gruppi armati dell’opposizione – che in maggioranza quasi assoluta si dichiarano islamisti – e la maggioranza sunnita è investita in pieno dalla forza militare del governo, che è arrivato a ordinare contro le aree abitate da civili al di fuori dal suo controllo l’uso di armi che teneva in serbo per una guerra possibile contro Israele (inclusi i missili balistici Scud e il gas nervino sarin).
Sulla questione dei rapporti tra il presidente Bashar el Assad e i cristiani in medio oriente vale la pena ricordare questo: lui, che si presenta come protettore delle minoranze religiose, negli anni scorsi è stato il grande sponsor dei gruppi islamici più anticristiani quando gli erano utili perché combattevano contro gli americani in Iraq. La tragica situazione di oggi dei cristiani iracheni nella provincia di Mosul, al confine con la Siria (molti uccisi, moltissimi fuggiti), è un risultato diretto della politica estera del governo di Damasco, che fino a pochi anni fa aiutava e armava i loro persecutori.
Un secondo grande equivoco riguarda Putin, che in Siria non è un agente di pace, ma è parte attiva delle violenze. Il presidente russo è il protettore più importante – assieme all’Iran del patto sul nucleare – del governo di Damasco, che, secondo tutti i governi occidentali, è responsabile della morte per gas di millequattrocento civili alla periferia di Damasco – e di altre atrocità durante la guerra.
La Russia si è comportata quasi sempre da ostacolo quando in passato si è tentata la strada della soluzione diplomatica: nel giugno 2012 ordinò un clamoroso voltafaccia alla prima Conferenza di pace di Ginevra sulla Siria, quando ancora l’idea di un governo di transizione che sostituisse Bashar el Assad e negoziasse la cessazione delle violenze sembrava probabile, almeno più di quanto lo sia adesso. La Conferenza di Ginevra uno, venuto a mancare l’appoggio di Putin, finì in un nulla di fatto e passata quell’occasione non ne sono ancora arrivate altre. La seconda conferenza di Ginevra si comporta per ora come un miraggio doloroso, si smaterializza ogni volta che ci si avvicina alla data fissata. Mosca inoltre continua a rifornire di armi il governo siriano. Non si tratta soltanto di sistemi utilizzabili contro un ipotetico intervento da fuori – come i radar e i sistemi di difesa aerea – ma di materiale da guerra che continua a essere consumato nella strage di ogni giorno – munizioni, artiglieria, missili, elicotteri, parti di ricambio.
La Russia si è comportata quasi sempre da ostacolo quando in passato si è tentata la strada della soluzione diplomatica: nel giugno 2012 ordinò un clamoroso voltafaccia alla prima Conferenza di pace di Ginevra sulla Siria, quando ancora l’idea di un governo di transizione che sostituisse Bashar el Assad e negoziasse la cessazione delle violenze sembrava probabile, almeno più di quanto lo sia adesso. La Conferenza di Ginevra uno, venuto a mancare l’appoggio di Putin, finì in un nulla di fatto e passata quell’occasione non ne sono ancora arrivate altre. La seconda conferenza di Ginevra si comporta per ora come un miraggio doloroso, si smaterializza ogni volta che ci si avvicina alla data fissata. Mosca inoltre continua a rifornire di armi il governo siriano. Non si tratta soltanto di sistemi utilizzabili contro un ipotetico intervento da fuori – come i radar e i sistemi di difesa aerea – ma di materiale da guerra che continua a essere consumato nella strage di ogni giorno – munizioni, artiglieria, missili, elicotteri, parti di ricambio.
Da noi si tratta di equivoci, altrove c’è una manipolazione fatta ad arte. Dopo la strage con le armi chimiche, il ministero degli Esteri russo cominciò a negare la responsabilità dell’esercito siriano (anche se esistono intercettazioni che dimostrano il contrario, vedi articolo qui sotto) con ogni espediente. Arrivò a dire che i video messi su YouTube erano falsi perché l’ora non corrispondeva, dimenticando di contare la differenza di fuso orario. E trovò sponda in madre Agnese Maria, una carmelitana che compie tour in Europa e Stati Uniti per tenere conferenze a favore di Assad. Madre Agnese sostiene che gli attacchi chimici sono una montatura e che le vittime nei video sono siriani rapiti e uccisi dai ribelli. Padre Paolo dall’Oglio, il gesuita rapito dagli estremisti, la definì: “L’espressione clericale dell’abile manipolazione di regime”.
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