Siria, il dissidente: «Assad è in ostaggio dell'Iran» La tesi di Abdelhamid: «Il Paese rischia di diventare Hezbollistan»....

Bashar al Assad è un monaca impotente. A svelarlo è stato Ammar Abdelhamid, dissidente siriano di orientamento liberale, esiliato dal 2005 e da anni attento osservatore dei meccanismi interni al sistema di potere finora più longevo del Medio Oriente.
«Damasco è sempre più in mano ai servizi di sicurezza iraniani e il raìs rappresenta la facciata di un potere puntellato da Teheran e Mosca», ha chiarito Abdelhamid.
«L'Iran sta trasformando i territori siriani ancora in mano al regime in un nuovo Hezbollistan, con milizie che giungono da ogni angolo dell'ecumene sciita e con l'intervento ormai conclamato delle Brigate al Qods comandate dal generale Qassem Suleiman», ha aggiunto il dissidente che ora si trova in una località nel Sud della Turchia e a ridosso con il confine siriano.
VIA DALLA SIRIA NEL 2005. Il 47enne ha poi svelato di essere stato costretto a lasciare la Siria otto anni fa. Da allora è tornato negli Stati Uniti, dove aveva in precedenza condotto gli studi e dove da tempo collabora con diversi think tank americani, proseguendo il suo lavoro di attivista per la società civile del suo Paese.
«Con l'accordo tra Usa e Russia sull'arsenale chimico siriano», ha spiegato Abdelhamid, «si ha l'impressione che l'Iran e i suoi alleati abbiano vinto un importante round della partita».
Per il dissidente siriano, però, il presidente Usa Barack Obama non sembra avere una strategia chiara, mentre la Russia «svolge un ruolo di sostegno al progetto iraniano» e la Cina, «superpotenza emergente, gioca nel silenzio e dietro le quinte».
IL REGIME SI INDEBOLISCE. La preminenza del ruolo iraniano in Siria per Abdelhamid viene da lontano: «Da almeno un decennio più il regime siriano si indebolisce, più subentra l'Iran. Le agenzie di sicurezza di Damasco sono state affidate nel 2012 a personaggi noti per essere dei subalterni, a differenza con il passato».
«Ci si chiede dunque», ha proseguito il dissidente siriano, «chi abbia preso in mano le redini della sicurezza, dopo l'uscita di scena, ancora poco chiara, di due membri chiave del regime come Asef Shawkat (genero del rais, ucciso ufficialmente nel luglio 2012, ndr) e Maher al Assad (fratello del presidente, da oltre un anno scomparso dalla scena, ndr)». Più in generale, «in Siria è ormai il tempo dei signori della guerra. Il regime si sta sfaldando e al suo posto sorgono milizie e capi milizie, in tutti gli schieramenti».
In questo quadro, «si sta andando verso una profonda frammentazione territoriale, almeno nel breve e medio termine. Ma non è escluso che a lungo termine le realtà siriane riescano a ricomporsi».
L'INFLUENZA DI AL QAEDA. Riguardo alla crescente presente di gruppi qaedisti, Abdelhamid ha sottolineato come «il fenomeno al Qaeda sia un fenomeno nuovo»: «Tutti sanno comunque cheè amica di tutti e che tutti sono suoi amici, quando gli interessi convergono. All'interno dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis, principale formazione qaedista, ndr) ci sono varie agende e più attori operano sotto la bandiera dell'Isis».
Il dissidente siriano ha rilevato come «sia al Qaeda sia il regime vedono come nemico la società civile siriana»: «Al Qaeda si sta impegnando a occupare i territori più strategici dal punto di vista delle risorse energetiche, nell'Est e nel Nord, cercando di prendere anche i valichi frontalieri. E non avanza contro il regime. Analogamente gli Assad non bombardano obiettivi di al Qaeda, ma continuano ad accanirsi contro obiettivi civili e contro le zone liberate controllate da ribelli non necessariamente islamisti o jihadisti».
Sabato, 05 Ottobre 2013
(Lettera 43)

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