A Lampedusa arriveranno sempre più bambini...

di Daniele Biella

Don Stefano Nastasi: «Siamo sconvolti ma con le idee chiare: basta parole, è tempo che gli Stati europei agiscano. E noi cittadini lasciamoci segnare dalle storie dei disperati in fuga». E prevede: «Dalla Siria sbarcheranno sempre più famiglie con minori, sta cambiando un'epoca»...


La popolazione di Lampedusa è ancora sconvolta: continuare a vedere cadaveri di migranti affiorare dal mare è un trauma che è quasi impossibile spiegare. Per questo, fa ancora più onore il fatto che gli abitanti siano sempre più prodighi nell’assistere i superstiti e nel riconoscere il valore dell’accoglienza”. Don Stefano Nastasi, 42 anni, è probabilmente il parroco che oggi ha il compito più delicato d’Italia: responsabile della comunità cristiana di Lampedusa da sei anni, ne ha viste e ne sta vedendo di tutti i colori. Ma non demorde, anzi: nonostante manchino pochi giorni al suo nuovo incarico a Sciacca, fino all’ultimo momento rimane accanto a tutti: isolani e migranti, “con molti dei quali, come sempre, si prega spesso assieme”.
Gli sbarchi, le morti, le azioni, quelle attuate e quelle invece mancate, dei governi europei, oltre a sconvolgere i lampedusani generano uno spaesamento senza precedenti anche nel resto della popolazione italiana, con reazioni che vanno dalla totale accoglienza alla necessità di frontiere sempre più ‘blindate’. Cosa dire ai cittadini, dal suo punto di vista in prima linea?
Oggi più che mai è necessario capire che siamo di fronte a una nuova epoca, a un inedito incrocio di nuove culture alle quali approcciarsi senza troppi schemi mentali, ma con un elemento fondamentale: l’ascolto. È un discorso che a mio parere vale per i cristiani ma non solo.  Senza buonismi, perché i problemi ci possono essere così come situazioni spiacevoli che ci mettono in crisi, ma in questo caso ascoltare le voci, i racconti delle persone che arrivano dall’altra parte del Mediterraneo è un’esperienza collettiva che può solo giovare al nostro futuro. Lasciamoci interrogare dal bisogno, dal dramma della fuga, perché anche se sembra lontano da noi fa parte della nostra storia, è controproducente girarsi dall’altra parte e far finta di niente.
È un consiglio anche per i politici?
Per tutti. L’importante è che finisca il tempo dell’ipocrisia. Quella delle morti dei disperati è una tragedia che va avanti da anni, è una ferita sempre più profonda che finora nessun governo ha voluto tentare davvero di sanare. Ora basta, servono soluzioni: avete avuto bisogno di altri 400 cadaveri a portata di mano per iniziare a fare qualcosa di concreto? Parole di costernazione, visite sull’isola: va bene tutto, ma è tempo di agire.
L’iniziativa governativa ‘Mare Nostrum’ è un atto concreto?
Sì, è un inizio. Almeno per garantire più sicurezza e meno drammi dell’indifferenza. Quello che però manca ancora oggi è una linea comune realmente efficace a livello europeo, un accordo tra più Stati per tutti i passaggi legati alla condizione di queste persone, dalla fuga dal proprio paese al riconoscimento di asilo politico.
Quali sono gli aspetti più importanti che gli Stati dell’Unione europea dovrebbero tenere in considerazione?
Serve una maggiore attenzione alla tipologia di sbarchi sulle nostre coste. Se è cambiato ben poco sulla modalità di viaggio, quello che necessita di un’analisi molto più approfondita, per la quale la Ue ne ha tutte le capacità e i mezzi a disposizione, sono le motivazioni e le provenienza dei migranti. Per esempio, il recente forte aumento di persone in arrivo dalla Siria è una realtà del tutto diversa dalle precedenti, dai viaggi dal Corno d’Africa, dagli Stati delle primavere arabe. I siriani arrivano con tutta la famiglia, non avevamo mai visto così tanti arrivi di genitori con bambini, con il conseguente aumento del rischio della traversata, e del dramma delle morti che si susseguono.
Tra pochi giorni lascia la parrocchia dell’isola al suo successore, Mimmo Zanvito, peraltro già al suo fianco da qualche tempo (sull’isola nel frattempo stanno arrivando donazioni inaspettate, come quella di 10mila euro da aperte dell’ong ‘Un pozzo per la vita’, legata al gruppo missionario di Merano). Quali azioni e quali pensieri prima della partenza?
Come ogni giorno, e ancora di più dal 3 ottobre, da quando è successa la tragedia più grande, c’è davvero molto da fare, anche perché l’isolamento dei lampedusani, nonostante l’attenzione internazionale, si fa ancora più acuto e lo sconvolgimento non accenna a diminuire. La solitudine che si prova sull’isola avvicina le persone a quella provata dai migranti in fuga, sono e sarò testimone del fatto che solo guardando negli occhi l’uomo, le nuove fragilità, i fratelli in pericolo, si faranno concreti passi avanti nella nostra società....
(VITA.it)

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