L’Onu: in Siria oltre 100 mila morti...Combattimenti senza sosta lungo l’asse Aleppo-Damasco...

Più di centomila persone morte in oltre due anni di violenze in Siria, con un ritmo che è ormai salito a circa cinquemila uccisi al mese: sono i dati diffusi dalle Nazioni Unite, il cui segretario generale Ban ki-moon ha ribadito oggi la necessità di organizzare una «conferenza di pace». Sul terreno, un’autobomba è esplosa in un sobborgo di Damasco, uccidendo sette persone secondo il bilancio del regime. Mentre sono proseguiti gli scontri armati tra le milizie ribelli e quelle fedeli al presidente Bashar al Assad lungo tutto l’asse nord-sud Aleppo-Damasco. 

Ban ha incontrato a New York il segretario di Stato americano John Kerry, che ha detto di aver parlato col suo collega russo Serghiei Lavrov e che ha ribadito che l’unica soluzione è politica e non militare. 
Mentre Damasco è oggi tornata a criticare apertamente «il coinvolgimento americano» nella guerra in Siria. In una nota il ministero degli esteri ha condannato «il ruolo degli Usa nell’alimentare la crisi» e la «malafede dell’amministrazione americana» nell’affermare di volere una soluzione politica. «Ma la resistenza del popolo siriano e l’eroismo delle forze armate - si legge nel comunicato - consentiranno di vanificare i complotti degli Usa e di Israele e di eliminare i loro criminali servitori in Siria». 

Due giorni fa, le Commissioni Intelligence di Camera e Senato degli Stati Uniti avevano indicato di essere ormai indirizzate a dare il via libera alla strategia del presidente Barack Obama per armare i ribelli in Siria, mentre il Pentagono aveva presentato per la prima volta al Congresso una dettagliata lista delle opzioni da realizzare sul campo, mettendo però allo stesso tempo in guardia Obama dagli alti costi economici e umani delle varie opzioni. 
Nella sua dichiarazione odierna, Ban ha di nuovo messo sullo stesso piano le violenze del regime, al potere da quasi mezzo secolo, e quelle del variegato fronte delle forze che, dall’inverno 2011, vi si oppongono con le armi dopo che per oltre sei mesi, dal marzo 2011, le inedite e pacifiche proteste popolari erano state represse nel sangue. «Bisogna metter fine a questo conflitto e le azioni violente devono cessare da entrambe le parti», ha detto il segretario generale, evocando l’annunciata ma più volte rimandata conferenza «di pace» di Ginevra proposta da Stati Uniti e Russia. 

L’attentato odierno a Jaramana, sobborgo a sud-est di Damasco, ha causato secondo i media ufficiali, sette uccisi e 62 feriti. I Comitati di coordinamento locali degli attivisti di Jaramana parlano di due morti. Questi si aggiungono agli oltre duemila che - secondo dati dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) - sono stati uccisi finora nel mese di Ramadan, il periodo del sacro digiuno per i musulmani che si concluderà attorno all’8 agosto prossimo. 
Rispetto allo spaventoso bilancio complessivo di oltre centomila morti dal marzo 2011 fornito oggi dall’Onu, il Centro di documentazione delle violazioni in Siria (Vdc), ha fino a oggi documentato con nomi, cognomi, video e foto oltre 67mila uccisi. Il Vdc è tra le tre piattaforme dell’attivismo siriano non violento che sono tornati a denunciare i crescenti sequestri e arresti arbitrari di civili da parte di uomini armati in zone controllate dai ribelli. L’appello, firmato anche dai Comitati di coordinamento locali (Lcc) e dal «Raggruppamento dei sostenitori della rivoluzione siriana», definisce «estranei alla rivoluzione» i miliziani autori dei recenti crimini e invoca «il rispetto dei principi di libertà, dignità e giustizia»....
(La Stampa.it)

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