La Siria presenta il conto e Beirut lo paga...

"La guerra in Siria finirà quando sarà caduta Beirut sud"
I fatti stanno dando loro ragione. Dopo essere stati colpiti da due razzi poco meno di due mesi fa, ieri i sobborghi meridionali della capitale libanese sono stati devastati dallo scoppio di un'autobomba. Fortunatamente il conto delle vittime che in prima mattinata sembrava tragico, alla fine si è "fermato" ad una cinquantina di feriti.
Molto più importanti sono, o probabilmente saranno, le conseguenze politiche. Dopo la stagione delle bombe che ha insanguinato Beirut dal 2005 al 2007, preludio all'abbandono del Libano da parte dell'esercito siriano, non si erano registrati più attentati di questo tipofino all'ottobre scorso e poi fino ad oggi. Nel primo caso l'attacco era mirato contro Wissam al-Hassan, capo dell'intelligence libanese che aveva sventato un attentato ordito dal regime di Bashar al Assad probabilmente contro il patriarca maronita Beshara al Rai.
In una Beirut che sa come leggere e reagire agli attentati, un omicidio mirato è un danno minore rispetto ad un'autobomba fatta esplodere per creare il maggior numero di vittime possibile fra i civili. Esattamente quello che è successo oggi.
La deriva libanese della guerra siriana rischia quindi di fare un ulteriore salto di pericolosità. A ravvivare il fuoco delle divisioni settarie provvedono da una parte gli Hezbollah, parte attiva nei combattimenti oltre confine, e i loro alleati (come il cristiano Aoun), dall'altra gli sheikh salafiti e tutti gli attori dell'oltranzismo sunnita che hanno fatto della rivoluzione siriana il terreno di battaglia ideale per la resa dei conti interna all'Islam.
Dahiye, quartiere di Beirut sud teatro dell'attentato, è roccaforte degli sciiti Hezbollah; Tripoli, e in particolare Bab al Tabbaneh, è terreno dei sunniti più radicali; Abra, quartiere di Sidone e base dello sheikh sunnita Al Assir recentemente messo in fuga dall'esercito libanese, è stato il centro delle tensioni degli ultimi mesi; la valle della Bekaa è sciita e così via: l'elenco potrebbe continuare a lungo.
Molti degli abitanti di queste zone non hanno mai visitato le zone "nemiche" e i partiti politici basano il loro consenso e la loro attività su queste divisioni territoriali. Il Libano è sì un Paese multiconfessionale, ma non si può dire che sia un esempio della convivenza pacifica fra religioni e appartenenze diverse.
Le cause che hanno portato alla guerra civile non sono state mai completamente debellate e se è vero che nel centro città e nel lungo mare di Beirut stasera si continuerà a festeggiare e brindare come se nulla oggi fosse successo, sarebbe cosa buona e giusta che chi ha a cuore quel minimo di stabilità rimasta in Medio Oriente dovrebbe preoccuparsi dei rivoli che il fiume della guerra siriana sta producendo....
(L"HUFFINGTON)

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