Kerry a Roma su Siria, Medio Oriente, Italia. "Impazienti di lavorare con il nuovo governo"....


Seconda giornata nella Capitale per il capo della diplomazia Usa, che vede il premier Letta e il ministro degli Esteri Bonino. Monito per un urgente avvio della riconciliazione siriana, ma Assad "resti fuori da un governo di transizione". Dopo il mediatore Livni, Kerry chiama Abu Mazen: "Convinto della volontà di israeliani e palestinesi a riprendere il negoziato di pace". All'Italia condoglianze per Genova e apprezzamento per le riforme economiche. "Collaborare per dare un futuro ai giovani"


ROMA - Il primo contatto tra il nuovo governo italiano e l'amministrazione Obama avviene a Roma, dove il segretario di Stato americano John Kerry incontra il premier Enrico Letta e il ministro degli Esteri Emma Bonino. Al centro dei colloqui la situazione in Siria, ma anche la questione mediorientale e il rapporto tra Italia e Usa in chiave di collaborazione contro la crisi economica internazionale.

Al termine dei colloqui, Kerry si presenta in conferenza stampa alla Farnesina con il ministro Bonino, che si è rallegrata che Roma stia diventando "un crocevia diplomatico per una nuova tornata di consultazioni che mira a riavviare il processo di pace". "Voglio ringraziare l'Italia - dichiara il capo della diplomazia Usa - per il suo aiuto fondamentale nella crisi siriana, in particolare all'opposizione, e nell'assistenza ai profughi". Gli Usa, garantisce Kerry, sono pronti a collaborare con il nuovo governo italiano su tutti gli aspetti, sia economici che nel campo della sicurezza. "Siamo impazienti di lavorare con voi". 

Si parte, dunque, dalla Siria. Il segretario di Stato lancia un nuovo, duro monito: se non verrà avviato un processo di riconciliazione, avverte, si profila uno scenario di "distruzione, un peggioramento della crisi umanitaria con un rafforzamento degli estremisti e la possibilità che armi chimiche cadano in mani sbagliate. Dobbiamo porre fine a questo spargimento di sangue, vogliamo la fine di questo massacro".

Non si intravedono progressi in tempi brevi. Il ministero degli Esteri di Damasco ha apprezzato la proposta di Russia e Stati Uniti per una conferenza internazionale: "La Siria accoglie con favore il riavvicinamento Usa-Russia", si legge in una nota, "ed è fiduciosa che la posizione russa, basata sui principi della Carta dell'Onu e sul diritto internazionale, non muterà". Tuttavia Kerry precisa, ancora una volta, che il presidente Bashar al-Assad non potrà far parte di un governo di transizione e questo potrebbe rappresentare un ostacolo per Damasco.

"Ci auguriamo che gli incontri di Kerry a Mosca portino alla ripresa e alla realizzazione degli accordi di Ginevra e possano risolvere il problema dello stallo in corso sul terreno (in Siria, ndr), che ha conseguenze umanitarie inaccettabili e insopportabili e conseguenze politiche nella regione, tra cui la fragilizzazione di interi Paesi e costi umani ormai da crisi umanitaria" auspica il ministro Bonino.

Intanto Israele ha chiesto alla Russia di fermare la fornitura di missili terra-aria S-300 in grado di abbattere aerei in un raggio di 200 chilometri e che di fatto renderebbero impensabile un intervento straniero contro il regime di Bashar al-Assad. Pure Kerry ha definito la fornitura "potenzialmente destabilizzante".

La richiesta israeliana conduce nel modo più naturale a parlare della crisi mediorientale. Kerry si è detto convinto che israeliani e palestinesi facciano sul serio sulla ripresa del negoziato di pace che tenterà di mediare negli incontri con Abu Mazen e Benjamin Netanyahu in programma per il 21 o 22 maggio. 

Dopo l'incontro di ieri, sempre nella Capitale, con il capo negoziatore israeliano Tzipi Livni, stamane il segretario di Stato ha telefonato al presidente dell'Anp Abu Mazen. Da questi scambi Kerry trae la convinzione che entrambe le parti appaiono "serie e determinate". Per Kerry "bisogna fare presto" per raggiungere un accordo ma mantenendo "un profilo basso per lasciare tempo e spazio" necessari alle parti.

Ma il lavoro sarà duro. Perché, mentre Kerry parlava di pace con Tzipi Livni, l'amministrazione civile israeliana ha approvato un piano per costruire 296 unità abitative nell'insediamento cisgiordano di Belt El, vicino alla capitale politica palestinese, Ramallah. Mossa che, evidentemente, rischia di compromettere le nascenti trattative di pace con i palestinesi e che per l'Anp "è la prova che il governo israeliano vuole sabotare e rovinare gli sforzi dell'amministrazione Usa".

Infine, le relazioni tra Usa e Italia. Per Kerry, quella di oggi "è stata un importante occasione di confronto" con il neo ministro degli Esteri Emma Bonino. Esprimendosi in un italiano corretto, solo qualche esitazione, il capo della diplomazia americana ha quindi espresso le condoglianze del suo Paese per la tragedia del porto di Genova e ricordato come l'Italia "sia sempre stata a fianco" degli Stati Uniti, lodando infine "la leadership italiana nelle operazioni di peacekeeping". 

"Il presidente Obama e gli Stati Uniti d'America sono pronti collaborare con questo governo in tutti gli aspetti, dal punto di vista economico, della sicurezza e in tutti i modi possibili che possano rafforzare le relazioni fra Stati Uniti e Italia, siamo molto impazienti di lavorare con voi" premette Kerry, ricordando lo sforzo italiano negli ultimi due anni per "una serie di riforme economiche senza precedenti. Credo che l'Italia sia sulla strada giusta, ne incoraggio e ne sostengo gli sforzi".

"Dobbiamo intraprendere questo viaggio insieme e guardare al futuro" esorta ancora Kerry, sottolineando come "grazie al trattato transatlantico e alla partnership per gli investimenti, potremo giovare reciprocamente alle economie di entrambe i paesi, soprattutto nel campo dell'occupazione, l'occupazione dei piu giovani, quelli che stanno soffrendo di più in tutta Europa. Gli Stati Uniti vogliono collaborare con i paesi europei per creare un futuro per questi giovani".

Ma Kerry riconosce all'Italia un particolare ruolo nello scacchiere internazionale, "cruciale per portare stabilità". Kerry fa riferimento al "rapporto privilegiato" tra Roma e Tripoli. In Libia "ci sono ancora tantissime sfide". Da parte sua Bonino ha aggiunto che Italia e Usa "condividono la preoccupazione per l'evoluzione sul terreno"...
(la Repubblica)

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