Zambia. Emergenza nelle carceri peggiori dell'Africa. Muoiono uomini, donne e bambini per mancanza acqua, cibo e cure. Sovraffollamento impensabile...
La Caritas a fianco ai detenuti. Costruire un futuro per i detenuti, credendo nel reinserimento e nella loro redenzione. Da questa convenzione parte il progetto messo in campo dalla Caritas Zambia, in collaborazione con Celim, una Ong italiana da anni attiva nel Paese, per aiutare i carcerati zambiani.
Secondo una classifica pubblicata dalla rivista statunitense "Forbes", il sistema carcerario dello Zambia è il peggiore dell'Africa. I detenuti sono costretti a vivere stipati in celle di piccolissime dimensioni. Nello spazio nel quale dovrebbero vivere ottomila detenuti ne sono ammassati 25mila. Al mondo solo ad Haiti, nelle Filippine e in Salvador i carcerati vivono in condizioni peggiori.
"Nella carceri zambiane - spiega a Fides Lara Viganò di Celim - i detenuti muoiono per mancanza di acqua, cibo e cure: mancano i servizi medici di base, le infrastrutture sono insufficienti o decadenti e le medicine scarseggiano. In particolare, i bisogni delle donne e dei bambini non vengono adeguatamente affrontati. Le donne incinte non ricevono trattamenti né nutrienti adeguati alla loro condizione e i figli delle detenute sono costretti a condividere il pasto con le madri. Il sistema penitenziario dello Zambia sta cercando di trasformarsi puntando sulla riabilitazione più che sulla punizione anche perché il tasso di recidiva è alto (30%). Ma i mezzi sono scarsi".
Il progetto si concentra anzitutto sulla formazione. Nelle sette prigioni in cui Caritas Zambia opera, si sono organizzati corsi professionali per i detenuti (elettricista, falegnameria, meccanica ecc.)aiutandoli a sostenere gli esami di qualifica professionale. L'idea di base è costruire, insieme a loro, capacità che possano spendere una volta usciti di prigione". In questo contesto si inserisce anche il progetto di realizzare degli orti che ha una doppia valenza: offre la possibilità di imparare il mestiere dell'agricoltore. In secondo luogo, permette di avere verdura fresca per variare la dieta dei detenuti
"L'attenzione alla salute - osserva Lara Viganò - è uno dei punti qualificanti del progetto. Negli anni abbiamo cercato di prestare attenzione alla condizioni igienico sanitarie dei detenuti e, in particolare, delle detenute e dei loro bambini. Nella prigione di Mazabuka, un penitenziario in pessime condizioni, abbiamo realizzato una clinica e organizzando corsi di formazione sanitaria. L'obiettivo è garantire la presenza costante di una persona preparata a intervenire in casi di emergenza ma anche di più semplici malanni".
Il progetto, iniziato nel 2016, prosegue nel 2019 con due obiettivi ambiziosi. "Nel nuovo modulo che abbiamo pensato - conclude Lara Viganò - ci concentreremo sul reinserimento economico-sociale. Creeremo centri nei quali, una volta riguadagnata la libertà, gruppi di ex detenuti potranno lavorare insieme e offrire ai concittadini i loro servizi come piccoli artigiani. In secondo luogo lavoreremo per la riconciliazione favorendo l'incontro dei detenuti con i loro famigliari, con le vittime e offrendo loro servizi di counseling. Siamo convinti che il reinserimento non solo sia possibile, ma sia doveroso e che queste persone possono dare ancora molto al loro paese"...
(Human Rights)
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