Senza residenza niente nido: Udine esclude i figli dei richiedenti asilo...


Non saranno ammessi i figli dei richiedenti asilo accolti negli alloggi a protezione sociale del Comune e nei progetti di seconda accoglienza, perché non hanno la residenza.


I figli dei richiedenti asilo accolti negli alloggi a protezione sociale del Comune e nei progetti di seconda accoglienza non saranno ammessi agli asilo nido perché non hanno la residenza. Lo scrive il Comune di Udine nel nuovo “Regolamento per i servizi educativi per la prima infanzia”, approvato ieri dalla maggioranza di centrodestra fra le proteste delle opposizioni che sono uscite dall'aula del consiglio. Accadrà perché, si legge nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, questa è una “regola ormai superata dalla possibilità per i richiedenti asilo di acquisire la residenza anche durante la permanenza in tale condizione giuridica”. Superata perché il decreto Sicurezza e Immigrazione, voluto dal ministro dell'Interno Matteo Salvini e convertito in legge dello Stato il 29 novembre, chiude alla possibilità di iscrizione anagrafica per i titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo, come previsto dall'articolo 13 comma 2 della nuova disposizione normativa.

Ad essere salvati dal nuovo regolamento di Udine saranno solo i “figli di cittadini stranieri temporaneamente accolti nelle strutture Sprar”, il Sistema di accoglienza per i richiedenti asilo e rifugiati che in Italia rappresenta una percentuale minoritaria degli stranieri ospitati nelle strutture di accoglienza. Il vecchio regolamento per l'erogazione dei servizi educativi per la prima infanzia nella seconda città friulana già prevedeva una via preferenziale “ai bambini residenti nel Comune di Udine e con almeno uno dei genitori residenti nel Comune di Udine”. Requisito che doveva essere posseduto sin dal momento della presentazione della domanda di ammissione al servizio e mantenuto durante la fruizione dello stesso. Tuttavia all'articolo 4 comma del Regolamento si leggeva che, per i figli di stranieri ospitati nelle diverse strutture di accoglienza “si prescinde dal requisito di residenza”. Era sufficiente un domicilio. La maggioranza Lega-Forza Italia a Palazzo D'Aronco è andata a modificare proprio quel articolo. Nelle stesse ore in cui il Parlamento convertiva in legge il decreto Salvini.

“È un regolamento che contiene principi fortemente discriminatori nei confronti dei richiedenti asilo e delle persone che necessitano di protezione sociale, come le donne vittime di violenza e che necessiterebbero di sostegno da parte di una società matura – afferma il consigliere d'opposizione Federico Angelo Pirone, presidente del gruppo “Progetto Innovare” ed ex assessore alla cultura fra 2013 e 2018 –: Ma anche un testo che solleva criticità nei confronti di cittadini udinesi disoccupati e con problemi lavorativi”. Il riferimento del consigliere è a un'altra modifica, prevista all'articolo 8 comma 3. Dove si spiega come, nello stilare le  tre graduatorie che riportano l'elenco dei bambini da ammettere agli asili nido (3-12 mesi, 13-23 mesi, 24-36 mesi), “dovrà essere aggiunto un punteggio extra pari a 8 punti nel caso in cui i genitori del bambino siano entrambi lavoratori a tempo pieno”. Dove con tempo pieno s'intende “un orario settimanale di lavoro non inferiore a 36 ore”. Un criterio, questo, che esiste a macchia di leopardo in diversi comuni della penisola e che tuttavia penalizza nell'accesso ai servizi per la prima infanzia i figli di persone che già vivono sulla propria pelle problemi di reddito legati a scarsa o parziale occupazione lavorativa. “La nostra idea è che una società civile si fa carico indistintamente delle situazioni di maggiore fragilità” chiude Federico Pirone...
(Francesco Floris)

(Globalist)

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