Migranti d’America, sfida a quattro governi...
‘La última frontera’. La carovana degli honduregni in Messico dopo 10 giorni di marcia. Destinazione Usa.
-Trump: «Emergenza». E c’è una seconda carovana in arrivo.
-Allertata la guardia di frontiera e l’esercito, Trump promette di «tagliare, o ridurre sostanzialmente, i massicci aiuti» dati a Guatemala, Honduras e El Salvador, i Paesi di provenienza dei migranti.
Messico, la faccia triste dell’America
Migranti d’America, sfida a quattro governi: la fida all’inverno che sta arrivando con le sue intemperie, la sfida alla fame, e soprattutto la sfida a ben quattro governi. 7.500 migranti centroamericani, per ora, visto che il serpentone cresce con lo scorrere dei giorni e dei chilometri. Erano partiti il 13 ottobre dell’Honduras, e da allora, attraversato il Guatemala, stanno marciando verso nord per raggiungere gli Stati uniti. Esodo verso il ‘sogno americano’ e fuga da realtà invivibili, versione latino americana delle sofferenze mediorientali e africane che stanno alle spalle degli altri migranti che ci arrivano in casa.
Ma rimaniamo in Messico, tra Ciudad Hidalgo e Tapachula, nel Chiapas, a 70 km dal confine, ma quello d’entrata, con altri 2mila chilometri per sperare di raggiungere il vero confine della sfida, quello con gli Stati Uniti. Messico, paese filtro migratorio degli Usa, luogo di abusi terribili e violenze contro le persone in transito da parte delle autorità migratorie e della criminalità organizzata. Simil Libia, per capirci.
Le prime vittime
Sono almeno tre le persone che hanno perso la vita, da quando la carovana di migranti centro americani è partita dall’Honduras. Circa mille honduregni sono stati convinti a salire su autobus che li ha portati in un vero e proprio centro di reclusione e Tapachula, 37 km a nord dell’ingresso di frontiera, privi di comunicazione con l’esterno e dovranno attendere da 45 a 90 giorni per sapere se verranno deportati o se otterranno l’asilo. Varie associazioni per la difesa dei migranti, come American Friends Service Committee e Servizi gesuiti ai rifugiati, hanno emesso un comunicato in cui denunciano questi arresti arbitrari e deportazioni di massa, il rifiuto di avviare speditamente le pratiche per l’asilo, l’insufficienza di aiuti umanitari e i respingimenti, anche violenti, alla frontiera.
Un fiume di persone che allarma Trump: nel pieno della campagna elettorale per le elezioni di midterm, il presidente Usa ha promesso di inviare alla frontiera tutti i militari necessari e ha minacciato di tagliare gli aiuti a Guatemala, Honduras e El Salvador per non avere fermato la carovana.
Quasi rotte dal Sahel
Il flusso di migranti diventa tema politico anche nel Messico di Lopez Obrador, primo presidente di centrosinistra del Paese. Un flusso di migranti dell’America centrale verso il Messico di mezzo milione di persone, uno dei più grandi al mondo. Fuga dall’Honduras, dal Guatemala, Salvador, e dallo stesso Messico verso il nord della speranza. Sale anche la preoccupazione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’Unhcr. “Una situazione in rapido sviluppo e con rischi per la sicurezza in generale e per “i possibili rapimenti nelle aree in cui la carovana potrebbe avventurarsi”.
Donald Trump, con la massa di disperati ad ancora 2 mila chilometri, si accontenta di minacce via Twitter, ma promette di mobilitare l’esercito e scuote la base repubblicana in vista del voto di Midterm. Elezioni dove l’ultimo sondaggio Nbc-Wsj, a 15 giorni dal voto, dà in vantaggio i dem di 9 punti (50% a 41%) ma con un’impennata di Trump, salito di 3 punti (49%).
Il ricatto finanziario
Allertata la guardia di frontiera e l’esercito, Trump promette di «tagliare, o ridurre sostanzialmente, i massicci aiuti» dati a Guatemala, Honduras e El Salvador, i tre Paesi di provenienza dei migranti. Secondo l’agenzia per lo sviluppo internazionale i fondi Usa ammontano quest’anno a 53 milioni di dollari per il Guatemala, 20 per El Salvador e 15 per l’Honduras. Trump attacca i Paesi centro americani incapaci di trattenere i loro migranti, ma mette sotto accusa anche i democratici per non aver votato insieme ai repubblicani la modifica «delle nostre patetiche leggi sull’immigrazione».
Il suo partito, pur avendo la maggioranza, non è riuscito ad approvare un paio di leggi in materia per le sue divisioni interne. Per ora, inoltre, niente fondi per il muro col Messico, una delle prime e principali promesse del tycoon. Naturale quindi che Trump tenti di usare la carta della carovana per rilanciare la sua offensiva contro l’immigrazione illegale, ‘anche a costo di rispolverare la separazione dei bambini dai genitori come deterrente’, scrive il Messaggero...
(RemoContro)
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