Venezuela, il ponte dei migranti cambia il verso della storia...


Il viadotto collega il Paese alla Colombia e da quattro mesi è un flusso ininterrotto di uomini, donne e bambini che, in fuga dal regime di Maduro e dopo un viaggio di 2.200 chilometri a piedi, cercano scampo nel Paese vicino. Ma vent’anni fa erano i colombiani rifugiarsi nella nazione confinante, baciata dalla natura e da prospettive di guadagno. Furono accolti a braccia aperte. Ma oggi è diverso.


di Daniele Mastrogiacomo
Si chiama Simón Bolivár, l’ennesimo omaggio all’uomo che ha liberato l’America Latina dal giogo dei conquistatori spagnoli. Collega il Venezuela alla Colombia e da quattro mesi è un flusso ininterrotto di uomini donne e bambini che dopo un viaggio di 2.200 chilometri, spesso percorsi a piedi, cercano scampo nel paese vicino. E ora a Cucutà, la cittadina di confine in Colombia, si vive una vera emergenza umanitaria. Le autorità di Bogotà si preparano a censire oltre 800mila immigrati per dare una risposta ad una situazione eccezionale, mai avvenuta prima.

La storia di capovolge: vent’anni fa erano i colombiani a cercare un rifugio in Venezuela, una terra baciata dalla natura e da prospettive di guadagno. Furono accolti a braccia aperte, con quello spirito di solidarietà che oggi fatica invece a farsi strada. Cambiano i tempi, le mentalità, i sentimenti. Ma le condizioni disperate in cui arriva questo popolo ridotto alla fame per l’inerzia e l’incapacità di un regime ridotto al collasso, fanno breccia nel cuore dei colombiani.

Le conseguenze maggiori sono sul tessuto sociale e lavorativo della regione frontaliera. I servizi sono al collasso, i lavori scarseggiano, la popolazione locale è insofferente. La Colombia schiera l’esercito per aumentare i controlli. Il censimento serve a fissare il numero delle persone irregolari e stabilire i criteri con i quali si concedono i permessi di residenza.

Molti venezuelani sperano di tornare un giorno in patria. Ma la maggioranza vuole proseguire. Hanno bisogno di cure mediche, di farmaci, di assistenza, di lavoro e salari. Non hanno vita facile. In molti stati dell’America Latina, dall’Ecuador, al Perù, al Cile essere “venezuelani” significa essere ghettizzati.

Perché fanno lavori che altri rifiutano, perché sono abituati a farsi largo nella vita, perché rubano e sono violenti. Concetti ben noti a noi europei e che adesso anche il Continente latinoamericano scopre per la prima volta per un esodo che ha cambiato tutto...

(R.it Esteri)

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