Sei anni fa il marito le sparò in viso Ora inizia una nuova vita in Canada...
Shakila Zareen è una ragazza afgana di 23 anni. Dopo nove interventi di ricostruzione facciale ha ottenuto l’asilo politico a Vancouver. Ma teme sempre che il marito e il cognato la rintraccino.
di Monica Ricci Sargentini
Shakila Zareen era sposata da sette mesi quando suo marito le ha sparato al viso cancellandole metà faccia. Allora la ragazza aveva 17 anni e viveva in Afghanistan. Oggi ne ha 23 ed ha trovato finalmente una nuova casa in Canada dopo che gli Stati Uniti, lo scorso anno, le avevano rifiutato asilo politico.
Nel suo appartamento di Vancouver, dove vive con la madre e la sorella, Shakila ha messo in bella evidenza la foto di com’era prima dell’aggressione. Un bel volto, incorniciato dai capelli lisci e neri. Si vuole ricordare così: «Ho nostalgia di me stessa — racconta al Guardian —. Oggi se mi guardo non ho più un occhio, una guancia, una parte delle labbra, però ho questa foto».
Le nozze combinate
Nata e cresciuta a Mazar-i-Sharif in una famiglia numerosa e disagiata, nel 2012 Shakila è stata costretta dal cognato, legato ai talebani, a sposare un uomo di 14 anni più grande di lei che la picchiava continuamente. Nonostante avesse solo 17 anni la ragazza si ribella e si rivolge alla polizia: «Ma loro mi dissero che non mi aveva tagliato il naso, le labbra o le orecchie e quindi non potevano fare nulla. Mi sono sentita impotente». La giovane si rifugia a casa dei genitori ma il marito, che nel frattempo ha saputo del tentativo di denuncia, la trova e le spara al volto.
Le operazioni in India
Lei si salva. Miracolosamente. Ma non ha più metà faccia. Il governo indiano si offre di pagarle le operazioni di ricostruzione. Passa tre anni a Nuova Delhi, entrando e uscendo dagli ospedali. Dopo nove interventi il suo volto è ancora deformato ma questo è il meno: da Mazar-i-Sharif il cognato continua a minacciarla. «Ti veniamo ad ammazzare, te, tua madre e tua sorella» le dice infuriato. Lei è terrorizzata e, tramite le Nazioni Unite, fa domanda di asilo. Nel 2016 la sua richiesta viene accettata negli Stati Uniti ma l’anno scorso, a causa delle nuove regole sull’immigrazione imposte dal presidente Donald Trump, Washington si tira indietro «per motivi di sicurezza». Anche la Svezia nega il permesso di soggiorno alla giovane, secondo alcuni per paura dei legami tra il cognato e i talebani. Dopo mesi di attesa arriva la buona notizia dal Canada. Ora Shakila, per la prima volta, se la sente di girare per le strade di Vancouver a testa alta, con il viso libero dalle bende: «Pensavo che tutti mi guardassero, invece nessuno ci fa caso». Resta la paura che il fratello e il cognato prima o poi la trovino. Ma lei vuole vivere: «Ero forte allora perché ho sempre combattuto ma oggi lo sono di più. Quindi non starò zitta»...
(Corriere della Sera Esteri)
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