Dentro un istituto bielorusso per i sopravvissuti di Chernobyl...
La fotografa polacca Jadwiga Bronte è entrata nei cosiddetti "internats", istituti che ospitano persone colpite dall'incidente del 1986 o disabili in generale.
Jadwiga Bronte è una fotografa e documentarista polacca trentenne, e per il suo progetto più recente, The Invisible People of Belarus, è entrata negli istituti governativi bielorussi che ospitano le persone che hanno subito danni fisici e psichici dalla tragedia di Chernobyl del 1986.
Il reattore nucleare ucraino che esplose il 26 aprile di trent’anni fa si trovava infatti a circa 16 chilometri dal confine bielorusso, e lo stato fu quindi il più colpito, insieme alla stessa Ucraina, dalle radiazioni fuoriuscite dalla centrale.
Sono passati trent’anni, ma la contaminazione sulle aree circostanti ha avuto effetti che ancora oggi mostrano i loro segni: la fotografa ha voluto esplorare proprio queste tracce del passato, entrando con la sua macchina fotografica nei cosiddetti internats, gli istituti governativi deputati a ospitare le vittime delle radiazioni e le persone disabili in genere.
Gli internats sono nascosti al pubblico, e anche alcuni bielorussi non ne sono a conoscenza, nonostante decine di migliaia di persone ci trascorrano tutta la vita.
In Bielorussia, infatti, avere una disabilità è ancora un tabù, e può capitare che i genitori consegnino a questi istituti i bambini nati con problemi fisici o psichici, per paura di essere “incolpati” di questi difetti dalla società.
Queste “persone invisibili”, come dice il titolo del progetto, rischiano di restare tali, e una fotografia potrebbe essere l’unica prova rimanente della loro esistenza.
La fotografa Bronte ha voluto rappresentare la tenerezza dei rapporti costruiti e sviluppati all’interno di tali istituti, e la fragilità delle emozioni di coloro i quali sono stati rifiutati dalla società esterna.
Il suo lavoro diventerà presto un libro: nel frattempo è possibile scoprire i suoi progetti tramite il suo sito o il suo account Instagram...
(The Post Internazionale)
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