Caccia ai campi nel Sud del mondo: gli Stati ricchi depredano i contadini...


Multinazionali e Paesi occidentali possiedono un’area pari a 8 volte il Portogallo.
-Alle imprese italiane contratti per oltre 1 milione di ettari in Romania e Africa.
-Nella foto, un pastore nomade del Rajasthan con le sue pecore tra le case di Nuova Delhi


Dagli al contadino se difende sua la terra
Gli Stati ricchi depredano i contadini. ‘Solo nel 2016 in tutto il mondo sono stati uccisi 200 difensori della terra’, scrive Maurizio Tropeano su La Stampa. Non supereroi, precisa l’autore, ‘ma contadini e attivisti, spesso donne, che si sono battuti, e hanno perso la vita, per evitare che i loro campi, soprattutto nei Paesi nel Sud del mondo, venissero venduti o dati in affitto a imprese, spesso multinazionali con sedi in piccoli stati che operano come piattaforme per le operazioni delle multinazionali e di società finanziarie’.
E gli esempi citato sono eclatanti. Singapore, città-stato con tanti soldi e poco territorio, ha, ad esempio, 63 contratti per oltre 3 milioni di ettari in 27 paesi, soprattutto in Africa centrale e Asia sud-orientale. E noi europei non possiamo certo dirci vergini: al decimo posto tra gli accaparratori di terre altrui troviamo il Liechtenstein, da cui proviene il presidente della Commissione Ue Junker, che controlla quasi 1,5 milioni di ettari sparsi nel mondo.

I nuovi «padroni della terra»
La classifica dei «padroni della terra», nel rapporto realizzato dalla Focsiv, la federazione dei volontari nel mondo e dal Cidse, l’alleanza delle ong cattoliche internazionali, che fotografa il fenomeno dell’accaparramento della terra, il «land grabbing». Ad oggi 88 milioni di ettari, cioè una porzione di mondo grande otto volte il Portogallo, non è più nelle disponibilità delle comunità locali. I nuovi proprietari, o i gestori incontrastati, sono imprese americane, o di Malesia, Cina, Singapore.
E c’è anche l’Italia che non è nella top 10, ma gioca comunque la sua partita nel coloniale: le imprese tricolori hanno in mano 30 contratti in 13 Paesi per 1,1 milioni di ettari soprattutto in Romania, Gabon, Liberia, Etiopia e Senegal. Per i ricercatori, «buona parte degli investimenti italiani riguardano la produzione di legname e fibre, e i bio-carburanti».


Protagonisti e obiettivi
Il fenomeno del «land grabbing», spiegano Focsiv e Cidse, si diffonde dove la terra, soprattutto quella fertile, e l’acqua, in particolare quella salubre, si stanno esaurendo. I protagonisti di questa espansione i Paesi che vogliono garantirsi l’approvvigionamento alimentare avendo soldi rispetto a Paesi e popoli che hanno soltanto terre spesso mal coltivate per sfamarsi. ‘Esternalizzare’ la produzione di cibo, è la versione tecnica di un processo eticamente e politicamente dubbio.
Braccio operativo di questa colonizzazione 2.0, «Gli Stati petroliferi che con i loro fondi sovrani affittano terreni in Africa ed Asia», spiega Andrea Stocchiero nella ricerca. Oltre, ovviamente, «A governi di Paesi ricchi ed emergenti ed imprese multinazionali, che investono per aumentare le produzioni di monocolture intensive (mais, soia, olio di palma, canna da zucchero, ma anche prodotti agricoli per la trasformazione in biocarburanti) a costi bassi e destinate al mercato internazionale. E società finanziarie che trovano sbocchi redditizi per i loro capitali».

Numeri da paura seminascosti
La ricerca si basa sul database ‘Land Matrix’ aggiornato a marzo ma molti contratti sfuggono alla rilevazione, perché nessuno Stato o impresa è obbligato o impegnato a registrare le operazioni di investimento in un organismo internazionale. Dunque «Numeri sottostimati». Eppure, clamorosi. «2231 contratti conclusi per oltre 68 milioni di ettari e altre 209 intese in corso di negoziazione, per oltre 20 milioni di ettari. Per la maggior parte si tratta di investimenti per l’agricoltura, lo sfruttamento delle foreste, la realizzazione di zone industriali o il turismo». Investimenti orientati al mercato internazionale e non certo a soddisfare il diritto al cibo delle popolazioni locali. Roberto Moncalvo, di Coldiretti: «Le pressioni sostenute dalle speculazioni sui prezzi in occasione delle crisi internazionali, alimentano gli investimenti agro-industriali su grande scala a danno dei consumatori più poveri e di tutte le comunità contadine anche di quelle dei Paesi ricchi»...

(RemoContro)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook