La Turchia minaccia i curdi: "Dopo Afrin, attaccheremo in Iraq"...


Ancora sangue nella Ghouta orientale, testimonianze drammatiche sulla sofferenza della popolazione, molti bambini coinvolti. Bloccato convoglio Onu.


Umberto De Giovannangeli
Hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato pace. La "pax siriana". Fatta di oltre 450 mila morti, di 6 milioni di profughi, di città e villaggi rasi al suolo. Una guerra civile, iniziata sette anni fa (l'11 marzo 2011) e via via trasformatasi in guerra per procura e da tre anni in una guerra internazionale, dove in cielo e sul terreno sono impegnate forze armate di Russia, Iran, Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e milizie di Hezbollah (alleate di Assad), quelle sunnite, finanziate dall'Arabia Saudita e dalle monarchie del Golfo, e i combattenti curdi siriani dell'Ypg armati dall'America. E poi ancora Israele, con i suoi raid contro postazioni e basi iraniane.

Una guerra che non rispetta la Convenzione di Ginevra, dove tutto è lecito, anche l'uso delle armi chimiche contro i civili. Nel mattatoio siriano "sparare sulla Croce Rossa" non è un modo di dire ma prassi abituale. Due i fronti pesanti, Afrin e la Ghouta orientale.

Ad Afrin, nel nord-est della Siria, sono 3.055 i "terroristi neutralizzati" dalle Forze armate turchedall'avvio dell'operazione "Ramo d'ulivo". Per "neutralizzati" si intendono nemici uccisi, feriti o arresi. L'offensiva turca è sostenuta dall'Esercito siriano libero (Fsa), gruppo che combatte il governo di Damasco con il sostegno della Turchia. Dal 2 marzo scorso, l'iniziativa militare turca è entrata nella sua seconda fase, con l'intensificazione dei combattimenti specie nei centri urbani. L'obiettivo di Ankara è eliminare le Ypg e il loro partito, l'Unione democratica (Pyd), dal confine turco-siriano. Il governo turco giudica, infatti, Pyd e Ypg, appoggiati dagli Stati Uniti, dei gruppi terroristici a causa dei loro legami col Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Impegnato da anni in una lotta separatista contro Ankara, il Pkk è ritenuto un'organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti ed Unione Europea. Dal 20 marzo scorso, ad Afrin è intervenuto anche il regime di Damasco, che ha inviato reparti regolari e le milizie delle Forze nazionali di difesa (Ndf) in appoggio alle Ypg contro l'offensiva turca nella regione. Un'offensiva destinata a prolungarsi di almeno due mesi. Per poi estendersi all'Iraq. L'operazione militare della Turchia contro l'enclave curda di Afrin nel nord della Siria "potrebbe concludersi entro maggio", quando Ankara vorrebbe attaccare il Pkk curdo anche nel nord dell'Iraq, annuncia il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, precisando di aver già avviato un dialogo con Baghdad in vista di una possibile offensiva dopo le elezioni irachene del 12 maggio.

Sul fronte siro-iracheno si ridisegnano alleanze, che smentiscono la narrazione secondo cui in Medio Oriente è in atto una guerra sunniti versus sciiti. Ciò che sta avvenendo ad Afrin e in un futuro prossimo in Iraq ne è la palmare conferma: il sunnita Erdogan si allea con il governo sciita di Baghdad. Disegni di potenza, conquista di aree ricche di petrolio e dell'oro bianco, l'acqua: sono queste le ragioni vere dei patti che si stipulano o si disfano nel Sud del Mediterraneo.

Nella Ghouta orientale la situazione è ormai precipitata, non ci sono più regole. Si registrano almeno 60 casi di soffocamento, la metà dei quali dovuti all'uso di gas cloro sono stati segnalati nella notte nell'enclave ribelle, dopo gli attacchi aerei da parte del regime siriano e del suo alleato russo. Secondo la Syrian-American Medical Society (Sams), una Ong impegnata in Siria, i medici di una struttura ospedaliera nell'enclave ribelle hanno dichiarato di aver trattato almeno 29 pazienti con sintomi di esposizione a gas cloro.

Cronaca di guerra. Altri 68 civili, di cui 8 minorenni tra bambini e adolescenti, sono stati uccisi ieri in bombardamenti governativi nella Ghouta orientale, secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus). Con l'offensiva di terra avviata negli ultimi giorni l'esercito di Damasco e le milizie sue alleate, siriane e straniere, hanno riconquistato già il 50 per cento del territorio della regione. Secondo testimoni citati dall'Ondus, i bombardamenti più intensi sono avvenuti ieri fino a tarda sera sulle località di Harasta, Saqba, Hamouriya ed Ein Tarma. La stessa Ong afferma che a partire dall'escalation di bombardamenti avviata il 18 febbraio scorso, i civili uccisi sono stati almeno 867, di cui 186 minorenni. Di questi, 335, compresi 45 minorenni, sono morti dopo la risoluzione con cui il 24 febbraio il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha chiesto una tregua umanitaria di 30 giorni in tutta la Siria.

Ad Hamouriya, un corrispondente della France Press ha potuto vedere decine di persone, donne e bambini, lasciare i sotterranei dove si nascondono per sfuggire alle incursioni aeree e sistemarsi su un tetto nella speranza essere in grado di respirare meglio. I genitori spogliavano i bambini che tossivano per lavarli con acqua e cercavano di eliminare una possibile presenza di gas tossico sui loro corpi. "Ho sentito due bambini che piangevano e con le ultime forze gridare: stiamo soffocando", racconta il reporter. Storie di genitori che hanno pochi secondi, tra un'esplosione e l'altra, per cercare di portare un salvo i figli, e spesso muoiono con i bambini nelle braccia.

Quello siriano, è un 8 marzo di sangue. "Quest'anno vogliamo dedicare l'8 marzo alle bambine siriane e al coraggio delle loro madri che da sette anni tentano di salvare i propri figli. Chiediamo a chi ci governa di aprire gli occhi, fuori dagli schieramenti, e di proteggere le bambine siriane". E' l'appello lanciato dal portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, parlando con l'Ansa e rilanciando l'hashtag scelto dall'agenzia Onu #8marzodellebambine. "Dei 1000 bambini uccisi in Siria dall'inizio dell'anno, la maggior parte sono bambine. I nostri operatori sul campo ci riferiscono notizie drammatiche: vivono nei sotterranei della Ghouta sotto assedio, dove non c'è più cibo né acqua. Molti sono malati ma non possono farsi curare negli ospedali locali perché vengono bombardati". Domani o dopodomani potrebbe partire un nuovo convoglio di aiuti.

In questa guerra senza fine e senza regole, Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è tornato a chiedere, ieri, l'applicazione del cessate il fuoco in Siria, ignorato da dieci giorni. Nel corso della riunione ha anche ipotizzato un possibile ruolo dell'Onu per far uscire dalla Ghouta orientale elementi "terroristi". Nell'incontro a porte chiuse, i membri del Consiglio hanno chiesto in modo "unanime" che un altro convoglio umanitario possa "raggiungere la Ghouta" oggi e che gli aiuti possano essere inviati "tutti i giorni". La risposta è il blocco di un convoglio della Croce Rossa che quegli aiuti intendeva portare ai 400mila civili rinchiusi nell'enclave e fatti bersagli di ogni tipo di arma. La battaglia per spezzare in due la sacca ha anche bloccato il convoglio della Croce Rossa che dove raggiungere i 70 mila abitanti di Douma, la più grande città della Ghouta. Il portavoce Ingy Sedky, ha spiegato che "la situazione sul terreno è in evoluzione, questo non ci permette di portare avanti l'operazione in simili condizioni". I camion sono carichi di cibo e medicinali per la popolazione stremata da cinque anni di assedio. Quattro giorni fa un convoglio simile ha raggiunto 27 mila persone in altre zone...

(HuffPost)

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