In un video il calvario di Sophie Pétromin, l'ostaggio francese in mano ad al Qaida in Mali...


Nel filmato si vede la donna, presidente di una ong, su un giaciglio con accanto a lei dei farmaci. I suoi familiari attaccano Macro: nulla è stato fatto per liberarla.



L'ostaggio francese Sophie Pétronin, presidente dell'associazione Gao Aid rapita in Mali il 24 dicembre 2016 da un commando di uomini armati, è viva. Lo ''attesta'' un video che i suoi rapitori, appartenenti ad un gruppo johadista legato ad al Qaida, hanno girato e messo in rete. Sophie Petronin è l'unica ostaggio francese in mano a rapitori. Negli ultimi dieci anni ha diretto l'Aid Association in Gao (Aag), una piccola Ong franco-svizzera che aiuta bambini malnutriti.
Il video, che ha fatto la sua comparsa in rete ieri, è stato trasmesso dal gruppo jihadista Jamaat Nosrat

Al-Islam Wal-Muslimin, il Gruppo per il sostegno dell'Islam e dei Musulmani, dove è forte la presenza di jihadisti di origine tuareg, un tempo indipendentisti.
Il nipote della donna, Arnaud Granouillac, ha lanciato un allarme: "È in uno stato di totale angoscia (...), il momento è grave. Il governo deve agire, perché nulla è stato fatto dal primo giorno del rapimento. Non merita quello che sta vivendo''.
Nessun gruppo aveva rivendicato il rapimento fino a luglio 2017, quando il Gsim ha trasmesso un video che mostrava Sophie Petronin e altri cinque stranieri.
Nel dicembre 2017, Alexandre Giorgini, viceportavoce del Quai d'Orsay, in una dichiarazione, in risposta ad una specifica domanda di un giornalista, ha detto: "Per ovvi motivi di sicurezza, continueremo a osservare la massima discrezione sulla situazione di Sophie Pétronin. "
Sébastien Pétronin, il figlio di Sophie Petronin, ha ripetutamente criticato l'atteggiamento delle autorità accusando la Francia di non ''fare niente'' per lei. Su Rtl, il 26 dicembre, Sébastien Pétronin si era rivolto direttamente a Macron, invitandolo ad agire: "Se ha  deciso di scartare tutte le soluzioni diplomatiche e tutte le soluzioni pacifiche per far uscire mia madre da questo pasticcio, è una decisione che le appartiene, ma deve agire. Nei primi undici mesi della sua detenzione, non è stato fatto assolutamente nulla, non è stato deciso nulla al più alto livello dello Stato''...

                                    

(Globalist)

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