"Soffrire nel silenzio", le 10 crisi umanitarie dimenticate dai media...


Al primo posto la Corea del Nord: "focalizzati sulla minaccia nucleare tralasciando completamente la crisi umanitaria".


Corea del Nord, Eritrea e Burundi sono le crisi umanitarie nel mondo che di cui i media parlano meno. Lo rileva l’organizzazione internazionale umanitaria Care che ha lanciato un nuovo  report  sulle 10 crisi dimenticate del 2017. Nel rapporto, dal titolo “Suffering in Silence” si evidenzia come la crisi umanitaria in Corea del Nord sia quella ad aver ricevuto la minore attenzione da parte dei media di tutto il mondo, che si sono " focalizzati sulla minaccia nucleare tralasciando completamente la crisi umanitaria". E poca attenzione hanno ricevuto, secondo il rapporto, le crisi in Eritrea, Burundi, Sudan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo (DRC), Mali, Bacino del Lago Chad (Niger, Camerun, Chad), Vietnam e Perù. Nel 2016 le crisi meno documentate erano state quella in Eritrea seguita dal Burundi e dal Madagascar. In tutto, sette Paesi presenti nella lista 2016 sono rientrati tra i primi dieci del 2017.

"C'è un posto sulla terra dove ogni giorno, in media, oltre 5.000 persone devono fuggire dalle loro case. C'è un paese in cui quasi la metà di tutti i bambini piccoli sta morendo di fame. Conosci questi posti? Se la risposta è "no", non sei solo", scrivono gli osservatori che hanno analizzato la situazione di quei paesi nei quali almeno un milione di persone è stato colpito da disastri naturali o causati dall’uomo. Ne è emersa una lista di almeno 40 crisi oggetto di analisi.

                                

“Siamo tutti consapevoli del fatto che una singola foto può richiamare l’attenzione di tutto il mondo su un unico problema. – si legge - Ma le persone dei paesi analizzati nel report di Care sono ben lontane dalle telecamere e dai microfoni di tutto il mondo”, dice Laurie Lee, Segretario Generale ad interim di Care International. “Queste crisi potranno non essere sulle prime pagine dei giornali, ma ciò non significa che possiamo dimenticarcene.”

Secondo gli osservatori di Care "esiste una linea diretta" tra l’attenzione mediatica e i fondi donati per gli aiuti umanitari. “I media giocano un ruolo fondamentale nell’attrarre l’opinione pubblica su quelle crisi dimenticate e trascurate”, dichiara Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Nonostante le conseguenze dei conflitti ricadano tragicamente su milioni di vite umane, persiste il divario tra i bisogni umanitari e i fondi a disposizione. Le previsioni per il 2018 non sono buone, resta ancora debole la volontà politica di risolvere i conflitti e affrontare le cause che li generano, quali mancanza di governance, aumento della povertà, disuguaglianza e cambiamento climatico. I leader politici devono fare un passo in avanti e farsi carico della responsabilità di affrontare le crisi oggi dimenticate.”


“Sono proprio i Paesi di questa lista quelli su cui ci concentriamo come organizzazione no-profit che si occupa di informazione sulle crisi umanitarie,” dice Heba Aly, direttore di IRIN News. “Ma come evidenzia anche il rapporto, questo è un tipo di lavoro per cui è difficile reperire fondi ed è sempre più raro. E’ tempo di riconoscere come il giornalismo di qualità sulle crisi umanitarie sia parte della soluzione”. Secondo il rapporto la libertà di stampa è essenziale per far emergere situazioni che altrimenti verrebbero dimenticate, mentre negli ultimi anni sono in aumento gli attacchi alla libertà di stampa e la violenza contro giornalisti e altri operatori dei media.
Il quadro umanitario globale delle Nazioni Unite (UN’s Global Humanitarian Overview) nel 2018 necessiterà di 22,5 miliardi di dollari statunitensi, per dare assistenza ad almeno 91 dei 135 milioni di persone che ne hanno urgente bisogno. L’attenzione mediatica può aiutare a concentrare il supporto pubblica su questi bisogni. Tra le raccomandazioni evidenziate nel report, quella di lavorare con giornalisti freelance locali e Ong per ottenere materiale aggiornato, raccogliere fondi necessarie per realizzare report in aree remote e investimenti da parte delle Ong in attività di comunicazione di situazioni d’emergenza...

(Globalist)


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