Ridusse Filomena Di Gennaro in sedia a rotelle, ha scontato 4 anni su 12…dedicata a politici e femministe...






FOGGIA – L’ex fidanzato ha ridotto Filomena Di Gennaro sulla sedia a rotelle. Ora, dopo una condanna a 11 anni e 8 mesi scontata  solo in parte, lui gira per il suo paese, Stonarella (Foggia), libero e indifferente al danno provocato. Segni di pentimento zero. Tra un po’ farà scrivere da un reputation manager di togliere la notizia o almeno il nome. Il diritto all’oblio ormai è meglio del bianchetto.
Lei ora ha 37 anni. Ha dovuto rinunciare al sogno di diventare carabiniere, ha avuto due gemelli dal matrimonio col suo capitano, ma difficilmente potrà camminare per il resto dei suoi giorni. Aveva 26 anni quando lui le disse “O mia o di nessun altro”, quel 13 gennaio del 2006, prima di spararle addosso l’intero caricatore della pistola.
L’inutilità delle manifestazioni buone solo per dare sfogo alla rabbia e visibilità a qualche politico è confermata da questa vicenda, se allo sdegno e alla commozione non segue la piena esecuzione della condanna. Quanti anni sia rimasto in carcere l’ex fidanzato mancato omicida, Marcello Monaco non è chiaro dalle varie notizie sul caso reperibili on line. Secondo Repubblica del 25 novembre 2017, è rimasto dentro solo un anno; secondo Corrado Zunino, sempre su Repubblica ma il 14 agosto 2013, ne ha scontati 7. Probabilmente 7 è la somma fra carcere, 4 anni, e domiciliari, dal 2010 al 2013, come indica Franco Bechis. Ne mancano da 4,8 a 7,8 per dare alla vittima, almeno sul piano della espiazione da parte del feritore, la sensazione che giustizia sia stata fatta.
In Italia, invece, giustizia è sinonimo di perdono e indulgenza plenaria.
Vengono ancora i brividi a leggere quello che Filomena Di Gennaro ha scritto nel novembre del 2010.
“In un istante, il mostro pronucia la frase ‘o mia o di nessun’altro’ e, come solo nei film si può pensare di vedere, estrae dal nulla una pistola e mi spara un colpo…
Sono a terra… non capisco ancora niente di quello che sta succedendo, perdo sangue e… un altro colpo… lo guardo negli occhi, mi fissa, grido di smetterla ed imploro pietà… con la mano nuda, inerme, mi riparo dalla pistola, distante da me poco più di un metro… un altro colpo ed un altro ancora… in rapida successione… tutto in pochissimi secondi… tutto come in un’esecuzione spietata e disumana…
In una dimensione surreale, dove la vita scivola via su una pozza di sangue, sento un grido… ‘fermo!’… Marcello si volta ed altri colpi di pistola… Marcello cade a terra, silente… Il tenente (futuro capitano e marito), che comunque aveva deciso di raggiungere le coordinate che gli avevo lasciato, era lì, lo riconosco… mi stringe la mano e mi tiene la testa, mi ripete di rimanere sveglia, di tenere duro, mi assicura che ce la farò…
Ma io non so cosa provo… mi vedo nel lago del mio sangue, non riesco quasi più a respirare… gli sussurro a fatica ‘sto morendo’… non sento più il mio corpo, non sento più niente… non sento più me stessa, non sento più Filomena…, anzi Milena… perché tutti mi chiamano così… ma non importa come mi chiameranno ancora… sto morendo…”
(Blitz quotidiano)

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