Nana, il capo tribù che combatte la schiavitù dei bambini con i social e una radio...




Nana Ayimedu Brempong III, questo il suo nome, vuole convincere le Queen Mother del Ghana a non vendere i propri figli per 20 euro



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Trasmissioni radiofoniche, post su Facebook e sul blog, capacity building per i media, formazione per i capi villaggio e le queen mothers, programmi televisivi, articoli sui giornali on-line, chat in diretta, messaggi su gruppi WhatsApp, tavole rotonde con soggetti diversi. Non è l’attività di un blogger di grido, ma è la strategia social e multilivello di un uomo sui quarant’anni che nella sua giornata tipo indossa il kente, tradizionale stoffa che lascia una spalla nuda, le infradito di cuoio con le piume, bracciali di legno e uno scettro antico di 260 anni. 



Qui lo chiamano “sua altezza” e il nome è altisonante, Nana Ayimedu Brempong III. Lui è un “chief”. È il capo di Adjena, un piccolo villaggio sulle sponde del Lago Volta, in Africa Occidentale, dove si vive e si muore di pesca. Il fatto che sia “terzo” non significa che il ruolo di capo lo abbia conquistato per diritti di nascita, perché in questa parte di Africa diventarlo è qualcosa che si conquista con le azioni, la coerenza e la capacità. Nana un giorno ha deciso di dire basta a una piaga che infesta la sua terra, il traffico di esseri umani per lo sfruttamento del lavoro e per quello sessuale. 



Qui si vendono i bambini per fa fronte alla povertà estrema

La vendita, il trasporto, il guadagno da qualsiasi essere umano che sia stato costretto a lavorare per qualcuno è diventato l’equivalente contemporaneo del Traffico Trans Atlantico degli Schiavi, una piaga che ha privato tanti paesi della loro più importante risorsa, i giovani, per trasformarli in mendicanti, prostitute, servitori privi di diritti e bambini soldato” sono queste le parole che Nana ha usato per spiegare alle “Queen mothers” dei villaggi del Nord e del Centro del Ghana la gravità di vendere i propri figli per poco più di 100 cedi (l’equivalente di 20 euro).  Nelle zone remote del Paese questo è visto ancora come un atto plausibile in quanto unica soluzione alla povertà. A loro, giunte dai villaggi che governano, dove vige una società matriarcale e i capi sono donne, Nana ha spiegato, in un incontro avvenuto a Cape Cost il 29 settembre, tutti i risvolti di questo traffico diabolico, dalla schiavitù, alle malattie a trasmissione sessuale. Di incontri simili Nana, che non è solo un leader tribale cui rendere omaggio, ma è un uomo laureato in filosofia e antropologia ed è anche un detective della polizia nazionale, ne fa tutti i giorni perché, afferma “grazie alle mia conoscenza del territorio e della geografia umana sono in grado di fornire elementi importanti per smantellare il sistema criminale del traffico e per sensibilizzare la popolazione”. 
La lotta alla povertà e all’ignoranza e la promozione dello sviluppo sono per Nana gli ingredienti per combattere il traffico di esseri umani con l'aiuto dalla comunità nazionale e internazionale. “Le famiglie in difficoltà - ci spiega - con molti figli, incapaci di sostenerli, affidano i più piccoli a persone che dicono di prendersene cura e poi li portano sul Lago Volta a lavorare come schiavi o li spediscono nei Paesi del Golfo, soprattutto le ragazze, a fare le schiave e le prostitute”. “Quando i leader tradizionali saranno stati educati a riconoscere e denunciare gli episodi di sfruttamento del lavoro minorile - ha affermato Nana - allora il fenomeno potrà finire”. 

Il lavoro costante sui capi locali

Nana vuole essere quell’anello mancante di comunicazione fra il governo centrale e i capi locali, accettati, riconosciuti e ascoltati dal popolo, ma ancora spesso arretrati culturalmente e incapaci da soli di affrontare temi difficili come i diritti umani e la lotta ai traffici criminali. 
La campagna di informazione che Nana Ayimedu Brempong III sta portando avanti è fatta in collaborazione con il Ministero del genere e della protezione sociale, con la Polizia e con il Servizio Immigrazione del Ghana. “Non mi fermerò fino a che il traffico di esseri umani non sarà finito e ci riusciremo solo lavorando insieme”. Queste parole in particolare Nana le ha rivolte all’ambasciatore italiano in Ghana e Togo, Giovanni Favilli e ai rappresentanti dell’Unione europea riuniti dal Vis-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo e dai Salesiani di Don Bosco per il West Africa, in una tavola rotonda sul tema “traffico di esseri umani e immigrazione illegale”, che si è svolta ad Accra nella seconda settimana di settembre.
Perfetto esempio di sintesi fra tradizione e contemporaneità, quest’uomo originario del Lago Volta non si vuole fermare solo all’opera di sensibilizzazione, ma vuole mettere a disposizione la sua terra per la costruzione di un centro di accoglienza per i ragazzi salvati dalla schiavitù che sia anche un punto di formazione per offrire loro un futuro. 

Il lavoro minorile riguarda 1,8 milioni di ragazzi

Il Ghana è un Paese di origine, transito e destinazione per i bambini e le donne soggette a traffico per motivi legati allo sfruttamento del lavoro o per scopi sessuali. Secondo i dati della Ong locale Challenging Heights, impegnata nella lotta al traffico di esseri umani, si stima che “oltre 1,8 milioni di giovani siano soggetti al lavoro minorile in Ghana e che oltre 1 di 6,3 milioni di bambini al di sotto dei 15 anni siano esclusi dalla scuola”. 
La povertà, la mancanza di istruzione e la scarsa applicazione della legge sono considerati come motivi principali per il traffico di bambini e il lavoro forzato in Ghana. L'indice Globale della Schiavitù 2016 stima che solo in questo paese dell'Africa Occidentale siano circa 103.300 le persone in stato di moderna schiavitù.  È contro questi numeri e questa “ignoranza” che Nana combatte ogni giorno...
(AGI)

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