"Non si affitta casa agli stranieri". Bologna, i residenti si ribellano al cartello choc...




Il messaggio discriminatorio in un palazzo del centro. E gli altri inquilini lanciano una raccolta firme

La doppia immagine postata dalla pagina Facebook "Noi restiamo": a sinistra, il cartello comparso nel palazzo bolognese; a destra, uno dei tristemente noti avvisi di natura antisemita degli anni Trenta 



BOLOGNA - All'ingresso del palazzo qualcuno attacca un cartello che di fatto recita: non si affitta agli stranieri. Il caso esplode e gli stessi inquilini dell'abitazione, assieme a tanti altri del quartiere, si ribellano e lanciano una raccolta firme contro quella che, a tutti gli effetti, è una discriminazione.

"Un'amara sorpresa", un monito dal "razzismo intrinseco lampante", che oltre a sollevare "forti dubbi sulla sua legittimità dal punto di vista legale", suscita anche "agghiaccianti reminiscenze di cartelli appesi fuori dai negozi negli anni Trenta", insomma antisemiti, è stata la reazione, messa nero su bianco in una lettera di protesta, di molti inquilini di un grande palazzo nel centro di Bologna, via Borgo di San Pietro 99, quando "al rientro dalle ferie estive" hanno trovato un cartello che recitava: "Si ricorda che eventuali subentri, in caso di contratto, di nuove persone fisiche devono essere approvati dalla proprietà. Non si prendono in considerazione stranieri anche se in possesso di permesso di soggiorno". Ovvero, ammessi solo gli italiani.

"Come inquilini di questo condominio non possiamo che condannare queste parole, e pretendiamo che amministrazione e proprietà ne prendano le distanze", recita la missiva, resa pubblica dalla pagina Facebook Noi Restiamo. Il palazzo in questione è abitato soprattutto da studenti e lavoratori precari: "Non possiamo accettare che l'ideologia competitiva, del tutto contro tutti, della guerra tra poveri che cerca di esserci inculcata in ogni contesto istituzionale, si rifletta anche così vicino da noi, o meglio in quella che riconosciamo come casa nostra. Vogliamo - prosegue la lettera - essere liberi di poter condividere i nostri appartamenti con chi vogliamo, a prescindere dal colore della sua pelle". Alla proprietà i firmatari chiedono di prendere le distanze da quell'avviso "di cui non poteva non essere a conoscenza essendo rimasto appeso più di due settimane" e "si impegni a confermare che in futuro non proveranno a far valere quel regolamento razzista".

Il palazzo appartiene interamente alla famiglia Bonori Innocenti, che però, secondo quanto riporta la stampa locale, non ne ha la gestione diretta. E' il ragionier Piero Parisini a seguirne le sorti. Al Corriere di Bologna ha spiegato che si è trattato di "un eccesso di zelo da parte della segretaria amministrativa. La segretaria si è trovata a volte con persone straniere col permesso di soggiorno scaduto — racconta — e così si ha in casa qualcuno che lo Stato italiano non accetta". Ma nella lettera in cui chiedono di sospendere ogni iniziativa, i firmatari ribadiscono che la proprietà "non poteva non esserne a conoscenza"...

(La Repubblica Bologna)

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