Noi, tra moschee e garage. Ecco chi sono tutti gli «imam italiani»...
l dossier inviato dall’Ucoii al Viminale: «Siamo per la trasparenza assoluta» Segnalati 1.219 centri di preghiera, nomi e numeri di telefono di chi li gestisce
di Goffredo Buccini
L’ imam della
comunità islamica di Ancona si chiama Dachan Nour e il suo cellulare è 337…
Quello della moschea di Acate, provincia di Ragusa, è Mohemed Mansrit e il suo
telefonino è 333… La sala di preghiera di Campobasso si trova nell’ex hotel
Eden, zona industriale. A Roma, nella famosa (e per taluni aspetti controversa)
moschea «Al Huda» a Centocelle, gli imam Mohamed Ben Mohamme e Hosny Hawadallah
fanno anche assistenza ai migranti: li si può contattare pure su
moschea@gmail.com. In quella del Pigneto, «E Makki», c’è la madrassa dei
bambini.
Bologna con il primato delle moschee
A Milano, la
moschea di via Padova 144 sta in un ex garage che può «contenere fino a 400
fedeli» ma chissà quanti ne stipa nei giorni del Ramadan e della Festa del
Sacrificio. Al numero 380... Abdullah vi risponderà dal centro islamico di
Salina, isola del Gattopardo. La città con più moschee è Bologna: ne ha
cinquantuno. La Regione con più musulmani è la Lombardia, con 428.357. Dalla
Valtellina alle Eolie: nomi, indirizzi, attività, tipologie dei fabbricati,
ministri di culto. Eccolo, moschea per moschea, il profilo dell’Islam italiano.
Quelli dell’Ucoii, che l’hanno realizzato in un anno (parzialmente: il
dettaglio analitico delle ultime sei regioni sarà pronto a settembre) lo
chiamano censimento, con qualche comprensibile cautela. È, in realtà, il più poderoso
lavoro di auto-schedatura mai tentato dai musulmani di casa nostra. Ed è,
politicamente, un grande passo verso lo Stato.
Il profilo collettivo
Perché le 62
cartelle di cui (finora) si compone sono state mandate direttamente a Marco
Minniti, che Izzedin Elzir è solito definire «il nostro ministro». Elzir è
l’imam di Firenze e da sette anni guida l’Unione delle comunità islamiche
d’Italia, l’Ucoii, la più forte organizzazione musulmana nel nostro Paese.
Questo censimento è figlio di una svolta che, gradualmente, ha allontanato
l’Ucoii dalle suggestioni radicali e lo ha avvicinato molto alla nostra
Costituzione (recente è la firma di un patto nazionale, proprio con Minniti).
«Siamo per la trasparenza assoluta», dice Izzedin Elzir, «e, se prima percorrevamo
un sentiero, con Minniti abbiamo imboccato un’autostrada». Alla fine
dell’autostrada, onesto dirlo, c’è l’obiettivo del riconoscimento giuridico e
dell’intesa con lo Stato (l’Islam è la seconda religione italiana per numero di
praticanti) con i notevoli vantaggi connessi: un percorso iniziato dieci anni
fa con Giuliano Amato, smarrito e ora ripreso con forza dall’esecutivo
Gentiloni con l’intento non troppo nascosto di bilanciare con maggiore
integrazione la maggiore attenzione a sicurezza interna e confini marittimi. Ma
sarebbe miope ridurre a scambio mercantile ciò che appare anche un notevole
mutamento culturale.
Le preghiere nel sottosuolo
Censimento
alla mano, le moschee italiane sono 1.219. Bisogna però intendersi sulle
parole. Le moschee vere e proprie, con tutti i canoni architettonici e
urbanistici, sono appena l’1 per cento; i capannoni industriali sono il 35 per
cento, così come i magazzini; i garage il 20 e gli scantinati il 9 per cento:
nominalmente, dunque, i fedeli si riuniscono quasi sempre in associazioni e
centri culturali, assai spesso in affitto. Dentro buchi troppo sovente precari
e insalubri. La questione della costruzione di moschee attrezzate e alla luce
del sole, insomma, non è secondaria (a Sesto San Giovanni, per esempio, ci si è
giocata la recente elezione del sindaco). «Il Profeta dice: Dio bello ama la
bellezza», sorride Izzedin Elzir, «e l’Italia è il Paese della bellezza. È una
notevole contraddizione che tanti musulmani debbano pregare nel sottosuolo, non
le pare?».
I bambini giocano in giardino
Il tema è
assai sensibile... «Lo so. La gente all’inizio dice no. È successo a Colle Val
d’Elsa, per dirne una, nel Senese. Poi, quando la moschea si apre, ci si
conosce e comincia la vera interazione. Nel giardino della moschea di Colle Val
d’Elsa ora vengono a giocare i bambini dei vicini». Assai sensibile è anche (o
soprattutto) la questione delle moschee radicali. Non è così lontano il ricordo
della peggiore stagione milanese di viale Jenner, l’istituto culturale islamico
legato a inchieste, trame, sospetti. Oggi le moschee ispirate dai salafiti
(quei tradizionalisti ostili all’integrazione che vagheggiano il ritorno
all’Islam delle origini) sono il 15 per cento, dunque circa 180 in tutt’Italia.
Non poche. A Milano ancora viale Jenner e via Quaranta (ne fu imam Abu Omar).
In Piemonte la moschea di Novara.
Il pensiero equilibrato
A Bari
l’associazione Raham, guidata dall’imam Abdul Rahaman... «I salafiti ci sono,
sì, ma non c’è più nessuno che non riconosca lo Stato come a viale Jenner quindici
anni fa», sostiene Izzedin Elzir: «Dall’11 Settembre tante cose sono cambiate
anche tra noi. Grazie a Dio, al lavoro delle comunità islamiche e delle forze
dell’ordine, non abbiamo leadership che attirino il radicalismo. Certo, ci sono
diverse scuole di pensiero e... un individuo può sempre capitare. Il salafismo
ostacola l’integrazione, purtroppo, ma non è un pericolo, qui da noi. Loro si
definiscono tradizionalisti. Per me si sono semplicemente fermati sulla
spiaggia, senza entrare davvero dentro l’Islam. Ma l’85 per cento delle nostre
moschee ha un pensiero equilibrato».
La partita politica
E di equilibrio ce ne vorrà parecchio pure per noialtri, al bivio tra
relegare quasi un milione e 800 mila musulmani nella preghiera semiclandestina
o farne emergere il culto coi contraccolpi che possono derivare. Nell’ex
roccaforte rossa di Budrio, ad esempio, per 18 mila abitanti le moschee (per
ora associazioni islamiche) sono già due. Poche? Troppe? Per capire se nel
ribaltone delle ultime comunali c’entrino una reazione irrazionale contro gli
imam Tahar Abu Ayoub e Abdelhadi Elhirch, l’angoscia creata da Igor il killer
o, semplicemente, l’istinto suicida del Pd, servirà un profeta. O, meglio
ancora, un politico vero...
(Corriere della Sera Cronaca)
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