Tra baby kamikaze e colpi di mortaio, l’ultimo miglio verso la Città Vecchia...
L’avanzata dell’esercito iracheno ha rallentato a causa di autobombe e cecchini. «Anche i bambini sono potenziali obiettivi, bisogna combattere corpo a corpo»
Alcuni soldati iracheni al riparo durante l’offensiva nella parte occidentale di Mosul
«Asdiqah». «Amici». I colpi di mortaio sono vicini ma il sergente Hassan fa un gesto con la mano per tranquillizzare. «Fuoco amico». Solo, avverte, «state a ridosso del palazzo perché ieri sera sono arrivate delle granate in mezzo al piazzale». Il grande spiazzo è una distesa di macerie e calcinacci livellati. Fino a tre anni fa c’era una delle più belle moschee di Mosul, Al-Nabi Shit, del Profeta sciita, che dà il nome a tutto il quartiere. L’Isis più che distruggerla l’ha cancellata. Una piccola transenna e un cartello «tomba del profeta» indicano dove era sepolto il santo. L’hanno messa i soldati della Polizia federale che hanno riconquistato il quartiere. Un giorno la moschea sarà ricostruita e bisognerà sapere dove era il luogo esatto della sepoltura.
Gli uomini della Polizia federale sono in realtà un corpo speciale che sta giocando un ruolo fondamentale nella riconquista di Mosul. Sono in gran parte sciiti e i ritratti di Hussein sono attaccati a molti blindati e gipponi dipinti di blu scuro. Due, protetti da trincee di terra, sono a guardia del lato meridionale dello spiazzo. Accanto c’è la via Al-Nabi Shit che punta dritto verso Nord, il centro della Città Vecchia. La Polizia federale ha nel mirino un’altra moschea, quella sunnita di Al-Nouri il Grande, il cuore del Califfato, che lì è stato proclamato il 29 giugno 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi. In linea d’aria sono «1200 metri» ma al suolo la realtà è diversa. Un ultimo miglio di fuoco e di sangue.
Un Humvee sta scendendo lungo la via Al-Nabi, si ferma e gira di colpo in una viuzza sulla sinistra. Un attimo e un’esplosione fortissima fa vibrare tutto il piazzale, la fiammata supera un palazzo di tre piani, poi sale la colonna di fumo grigio scuro. Autobomba? No, un colpo di mortaio, molto potente, tirato dalle postazioni dell’Isis a ridosso della Città vecchia. Il vero incubo sono comunque i veicoli kamikaze. Ai lati di Al-Nabi Street è un dedalo di stradine da dove possono sbucare. A metà della via c’è un carro Abrams, anche lui mimetizzato, che punta il cannone da 120 millimetri ad alzo zero proprio per centrare le autobomba.
Per arrivare alla moschea di Al-Nouri il Grande bisogna risalire tutta la via e poi immettersi su Al-Shaziani Street. Ma l’innesto è chiuso e non si può andare avanti neanche con i blindati. Le vedette della polizia hanno individuato «una mezza dozzina» di veicoli kamikaze in circolazione. Anche il capitano Sleiman conferma. Al-Shaziani, l’area fra il Museo archeologico e la Città vecchia, quella dei palazzi governativi, è stata «conquistata ma non bonificata». Più ci si avvicina alla Grande Moschea più è un inferno, una «battaglia inimmaginabile», senza una vera linea del fuoco. I combattenti dell’Isis «si muovono in gruppetti di dieci al massimo», sono tutti «potenziali kamikaze», sbucano da tunnel e nascondigli. Anche un bambino che ti corre incontro può essere un pericolo mortale, «ad almeno due» sono stati disinnescati esplosivi che portavano sotto la maglietta.
L’offensiva su Mosul Ovest è scattata da cinque settimane. Dopo la grande avanzata delle prime tre, attraverso la zona dell’aeroporto, i quartieri di Al-Mansour, Al-Sahal al-Yamin, Al-Tayran, la spinta si è impantanata nelle cerchia dei sobborghi adiacenti alla Città vecchia. Attorno alla Grande Moschea resistono al massimo un migliaio di jihadisti, molti ceceni e asiatici. Ma anche le forze irachene sono limitate. Il grosso dell’offensiva è stato sostenuto da corpi ausiliari: la Polizia Federale, le Iraqi Special Operations Forces (Isof), la Rapid Response Division, in realtà poche migliaia di uomini in tutto mentre le grandi unità regolari, come al Nona e la Sedicesima divisione, sono rimaste ai margini.
Per vedere la Grande Moschea bisogna salire sullo scheletro di cemento di un edificio a cinque piani mai finito. Il profilo del minareto Habda, il «Gobbo» perché inclinato come la Torre di Pisa, è inconfondibile. Per i sunniti si è inchinato al passaggio di Maometto, per i cristiani si è piegato in direzione della tomba di Maria che la tradizione vuole si trovi vicino a Erbil. Sarà probabilmente sull’ultimo spicchio di Mosul a cadere. L’Isis, dice la Polizia federale, ha ammassato civili in tutti gli edifici. I raid sono impossibili. Andrà espugnato «corpo a corpo». Il bilancio delle vittime civili è destinato a salire. Una fonte anonima del Dipartimento Protezione Civile di Mosul le ha calcolate in «oltre tremila», due terzi sepolte sotto le macerie. A Mosul Ovest ci sono ancora 600 mila abitanti in ostaggio, 400 mila concentrati nella Città vecchia. Nei quartieri attorno solo case sventrate e deserte. Il Califfato muore così, lasciando il nulla dopo di sé...
(La Stampa Mondo)
Commenti