Cosa sta succedendo in Iraq...
Dalla battaglia per liberare Mosul all'incursione dell'ISIS a Kirkuk: una guida per districarsi fra le notizie di questi giorni
Domenica scorsa è iniziata in Iraq la battaglia per liberare Mosul, la seconda città più grande nel paese che da più di due anni è in mano ai miliziani dello Stato Islamico. Fanno parte della coalizione internazionale che sta cercando di riconquistare Mosul l’esercito regolare iracheno, le milizie appoggiate dall’Iran e i peshmerga del Kurdistan Iracheno. Tutti loro sono appoggiati dagli attacchi aerei americani e di altri paesi. Qualche giorno fa lo Stato Islamico ha invece attaccato a sorpresa Kirkuk, una città irachena a maggioranza curda a circa 170 chilometri da Mosul, probabilmente per distogliere l’attenzione dalla battaglia principale e per dimostrare di poter muoversi con una certa libertà sul territorio iracheno.
È probabile che sentiremo parlare di queste due battaglie ancora a lungo: quella di Mosul potrebbe risolversi solo fra qualche mese, mentre a Kirkuk la maggioranza curda teme che gli abitanti e i profughi di guerra arabi nascondano simpatizzanti dello Stato Islamico e possano causare problemi anche in futuro. Abbiamo messo insieme una guida con le informazioni principali in modo da poter inquadrare le molte notizie che arriveranno da quella zona nelle prossime settimane.
Si possono seguire i principali sviluppi della battaglia di Mosul su questa mappa continuamente aggiornata. Qui sopra uno screenshot che dà l’idea della situazione: l’ISIS è in grigio, i curdi sono in giallo e l’esercito iracheno è in rosso. Qui invece c’è una diretta dal fronte trasmessa dal canale curdo Rudaw.
Perché è importante la battaglia di Mosul?
Mosul è la città più grande che l’ISIS sia mai riuscita ad occupare, ed è quella dove il califfo Abu Bakr al Baghdadi tenne il suo primo e fino ad ora unico discorso pubblico. Si tratta di un luogo strategicamente e simbolicamente molto importante: la città fu conquistata nell’agosto del 2014 da un piccolo gruppo di un migliaio di miliziani che riuscì a mettere in fuga un contingente dell’esercito iracheno molto più numeroso. Da allora Mosul è diventata una delle principali basi dello Stato Islamico in Iraq, e sottoposta a una feroce oppressione religiosa. Senza più il controllo di Mosul, lo Stato Islamico perderà un importante risorsa strategica e, almeno in Iraq, sarà costretta a tornare un movimento clandestino, senza più la legittimità fornita dal controllo su un ampio territorio.
Mosul è la città più grande che l’ISIS sia mai riuscita ad occupare, ed è quella dove il califfo Abu Bakr al Baghdadi tenne il suo primo e fino ad ora unico discorso pubblico. Si tratta di un luogo strategicamente e simbolicamente molto importante: la città fu conquistata nell’agosto del 2014 da un piccolo gruppo di un migliaio di miliziani che riuscì a mettere in fuga un contingente dell’esercito iracheno molto più numeroso. Da allora Mosul è diventata una delle principali basi dello Stato Islamico in Iraq, e sottoposta a una feroce oppressione religiosa. Senza più il controllo di Mosul, lo Stato Islamico perderà un importante risorsa strategica e, almeno in Iraq, sarà costretta a tornare un movimento clandestino, senza più la legittimità fornita dal controllo su un ampio territorio.
Cosa può andare storto?
Parecchio. La sconfitta dello Stato Islamico a Mosul sembra solo una questione di tempo, ma la resistenza, hanno detto numerosi analisti e comandati delle forze sul campo, potrebbe durare a lungo e costare molte perdite alle forze irachene. In settimana, il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha detto che per il momento la battaglia sta procedendo più rapidamente del previsto. I problemi più grossi emergeranno probabilmente dopo, alla fine dello scontro, quando si dovrà decidere chi controllerà cosa. Potrebbero nascere tensioni e scontri tra governo centrale iracheno e curdi, oppure tra milizie sciite e popolazione sunnita. Anche la presenza di combattenti iracheni addestrati dalla Turchia – probabilmente sciiti, yazidi e turcmeni – potrebbe diventare un problema: l’Iraq non vede di buon occhio le interferenze turche in territorio iracheno e già in passato i due paesi avevano litigato al riguardo.
Parecchio. La sconfitta dello Stato Islamico a Mosul sembra solo una questione di tempo, ma la resistenza, hanno detto numerosi analisti e comandati delle forze sul campo, potrebbe durare a lungo e costare molte perdite alle forze irachene. In settimana, il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha detto che per il momento la battaglia sta procedendo più rapidamente del previsto. I problemi più grossi emergeranno probabilmente dopo, alla fine dello scontro, quando si dovrà decidere chi controllerà cosa. Potrebbero nascere tensioni e scontri tra governo centrale iracheno e curdi, oppure tra milizie sciite e popolazione sunnita. Anche la presenza di combattenti iracheni addestrati dalla Turchia – probabilmente sciiti, yazidi e turcmeni – potrebbe diventare un problema: l’Iraq non vede di buon occhio le interferenze turche in territorio iracheno e già in passato i due paesi avevano litigato al riguardo.
Cosa è successo a Kirkuk?
Kirkuk è una città controllata dalle forze del Kurdistan Iracheno che si trova a circa 170 chilometri di Mosul e a soli 60 chilometri da Hawija, l’unica altra città di una certa dimensione che lo Stato Islamico controlla in Iraq. Non è chiaro quanti miliziani abbiano lanciato l’attacco di venerdì, ma quello che sembra certo è che non si trattava di un’offensiva per conquistare la città, ma di un attacco per distrarre le forze irachene. I miliziani dello Stato Islamico hanno colpito diversi edifici, fra cui il palazzo del governatore e una vecchia caserma di polizia, rimasti occupati per alcune ore. Negli scontri ci sono state alcune decine di morti, compresi diversi miliziani dello Stato Islamico, alcuni civili e membri delle forze di sicurezza. La polizia locale dice che tutti i miliziani dello Stato Islamico presenti in città sono stati uccisi o si sono fatti esplodere, ma sembra che in realtà si stia ancora combattendo in alcune zone vicino a Kirkuk.
Kirkuk è una città controllata dalle forze del Kurdistan Iracheno che si trova a circa 170 chilometri di Mosul e a soli 60 chilometri da Hawija, l’unica altra città di una certa dimensione che lo Stato Islamico controlla in Iraq. Non è chiaro quanti miliziani abbiano lanciato l’attacco di venerdì, ma quello che sembra certo è che non si trattava di un’offensiva per conquistare la città, ma di un attacco per distrarre le forze irachene. I miliziani dello Stato Islamico hanno colpito diversi edifici, fra cui il palazzo del governatore e una vecchia caserma di polizia, rimasti occupati per alcune ore. Negli scontri ci sono state alcune decine di morti, compresi diversi miliziani dello Stato Islamico, alcuni civili e membri delle forze di sicurezza. La polizia locale dice che tutti i miliziani dello Stato Islamico presenti in città sono stati uccisi o si sono fatti esplodere, ma sembra che in realtà si stia ancora combattendo in alcune zone vicino a Kirkuk.
Anche se è stato in larga parte respinto, l’attacco è rappresenta comunque un segnale inquietante perché dimostra come lo Stato Islamico sia ancora in grado di muovere piccoli gruppi di combattenti anche nei territori che non controlla direttamente. L’incursione mostra anche il grado di tensione etnica che c’è attualmente in Iraq e che potrebbe causare seri problemi una volta sconfitto lo Stato Islamico. Attualmente il 60 per cento del milione e 300mila persone che vivono a Kirkuk sono curdi. Tra loro e gli arabi che vivono in città c’è da tempo una certa diffidenza. Venerdì, ad esempio, il capo della polizia locale ha detto che i miliziani che hanno attaccato la città potrebbero essere stati aiutati da alcuni abitanti.
Di recente la preoccupazione dei curdi è aumentata per via dell’arrivo di almeno 600mila profughi arabi provenienti dalle vicine zone di guerra, che al posto di essere ospitati in campi profughi alla periferia della città sono stati collocati nel centro, creando di fatto un problema demografico. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che il 20 per cento degli abitanti della città è di etnia turkmena, quindi legata alla Turchia, e a sua volta divisa fra sciiti e sunniti...
(Il Post)
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