Aleppo come Grozny. Come Putin favorisce il radicalismo...
(di Lorenzo Trombetta, Ansa). Avviato un anno fa come parte della “guerra al terrorismo” contro i jihadisti dell’Isis, l’intervento militare diretto russo in Siria ha sin da subito mostrato i suoi obiettivi: rafforzare la presenza russa nel Mediterraneo orientale, favorendo il contestato presidente siriano Bashar al Asad appoggiato anche dall’Iran.
Secondo Fabrice Balanche, studioso di dinamiche siriane e ricercatore all’Istituto per il Vicino Oriente di Washington, la Russia sa bene che per raggiungere il suo obiettivo “deve prima di tutto assicurarsi una vittoria militare sul terreno”. Gran parte di questa tattica comprende sconfiggere ogni resistenza ad Aleppo est, la parte della città che è controllata da insorti delle opposizioni, sostenuti in maniera discontinua dai Paesi arabi del Golfo.
La campagna russa su Aleppo a molti osservatori ha ricordato quella su Grozny, in Cecenia, nel 1999. “Aleppo come Grozny” titolava qualche giorno fa il quotidiano libanese francofono L’Orient-Le Jour. “L’approccio ceceno alla guerra in Siria ha finito per radicalizzare i miliziani delle opposizioni e ha favorito lo Stato islamico e i gruppi qaidisti”, scriveva sul quotidiano panarabo ash Sharq al Awsat l’editorialista Abderrahman Rashed.
La campagna russa ha inoltre mietuto in un anno più vittime di quelle causate dallo Stato islamico in tre anni. Secondo il bilancio dettagliato dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, dal 30 settembre 2015 al 20 agosto scorso sono state uccise dai raid russi 8.139 persone, di cui 3.089 civili. Tra questi ci sono 746 minori tra neonati e adolescenti, e 514 donne. L’Isis invece dal 9 aprile 2013 al luglio scorso ha ucciso 2.686 civili, di cui 368 minori e 323 donne. Finora secondo i dati ufficiali russi sono morti 20 soldati di Mosca in Siria.
Nonostante nel marzo scorso il presidente Putin avesse annunciato un “ritiro parziale” delle truppe russe dalla Siria, negli ultimi sei mesi la campagna militare ha segnato successi sul terreno cruciali per gli obiettivi militari e propagandistici di Mosca.
Oltre a stringere d’assedio Aleppo est, i soldati russi hanno contribuito in maniera determinante a conquistare Palmira, la città nella Siria centrale sede del famoso sito d’epoca romana danneggiato prima dai carri armati del regime e poi dalle esplosioni dell’Isis, che aveva a lungo tenuto in pugno la città.
Allo stesso tempo, Mosca è stata accusata da organizzazioni umanitarie internazionali come Human Rights Watch (Hrw) e Amnesty International di colpire deliberatamente ospedali e strutture mediche, anche in zone lontane dall’Isis, come Idlib e Aleppo est. Gli stessi media russi e governativi siriani citano a loro volta i rapporti di Amnesty e Hrw quando questi denunciano violazioni da parte dei nemici di Mosca e Damasco. (Ansa, 29 settembre 2016)...
(AgoraVox)
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