"Mi resta poco tempo, aiutatemi a lasciare tutto all'uomo che amo da quasi 40 anni"...
L'intervista. Dario vive a Milano con il suo compagno: "Sono malato. Ho sperato tanto nella legge sulle unioni civili". Ma ora teme le lungaggini burocratiche
di MARIA NOVELLA DE LUCA"Per me il tempo stringe. Sono malato. Vorrei chiudere la mia esistenza con la certezza di poter lasciare quello che ho al mio compagno, al mio amore con cui convivo da 38 anni. Con un abbraccio pubblico e non più furtivo. I miei giorni però sono pochi, e se non entrano in vigore le unioni civili Rudy perderà la mia pensione, e io morirei con questo rimpianto".
Dario Guarise ha 73 anni, un'allegria da ragazzo e la serenità di chi ha avuto una vita piena. Ex insegnante nelle scuole italiane all'estero, la dichiarazione al mondo di essere gay quando aveva già trent'anni, "era un'altra epoca, ma i miei genitori lo accettarono senza drammi". Dario e il suo compagno Rudy abitano a Milano, in una bella casa in via Solferino. "Ci siamo conosciuti in Belgio e ci amiamo da quasi 40 anni, sarà dura lasciarsi", dice Dario, con la leggerezza di chi la sofferenza la nasconde altrove.
Dario, lei dice di avere poco tempo...
"Sono malato di tumore, una brutta recidiva, la situazione è seria, non so quanto tempo mi resta, ho sperato con tutte le mie forze in questa legge sulle unioni civili, quando è stata approvata Rudy ed io ci siamo abbracciati. Quando finalmente potremo unirci faremo una festa, ma soprattutto potrò morire lasciando a Rudy la sicurezza della mia pensione. Adesso però ho paura".
I tempi che si allungano?
"È già successo no? Anni in attesa dei decreti attuativi. Ma lo sanno i burocrati che dietro le leggi ci sono le persone? Ecco, dietro questa legge ci siamo noi, Rudy e io che ho una malattia gravissima. Non basta per accelerare?".
Quarant'anni d'amore.
"Ci siamo conosciuti in Belgio, insegnavo nelle scuole italiane, ho molto amato il mio lavoro. Avevo 35 anni, da poco avevo fatto coming out e lui è stato la mia unica e sola relazione importante. Siamo coetanei, la nostra è una esistenza da anziani che coltivano le proprie passioni, concerti, cinema, viaggi. Fino a quando sono stato bene abbiamo girato il mondo, l'inverno scorso siamo andati in Oman. Ho avuto una vita fortunata, lo dico sempre".
Cosa cambierà con l'unione civile?
"Rudy avrà la reversibilità della mia pensione, ho sempre guadagnato più di lui che ha una pensione minima, con 700 euro non si vive, finalmente c'è una legge che ci consente veramente di sostenerci come nelle coppie eterosessuali. Ma la beffa è che se morissi prima, tutto questo sarà stato inutile".
E la casa?
"Il nostro meraviglioso rifugio. L'abbiamo arredata e pensata insieme, c'è tutta la nostra vita qui. Milano è bellissima dalle nostre finestre. La casa è già intestata a Rudy nel mio testamento, non ho eredi e quindi non ci saranno contestazioni. Ma con l'unione civile le tasse di successione saranno assai inferiori. E poi c'è il valore simbolico".
L'abbraccio pubblico e non più furtivo, come lei lo ha definito?
"Sì, anche se naturalmente nulla è più furtivo da tempo, pur non essendo militanti nel movimento omosessuale non ci siamo mai nascosti, le nostre famiglie e i nostri amici ci hanno sempre accettati e rispettati. È la voglia grande di celebrare pubblicamente i nostri 40 anni d'amore. Prima che sia troppo tardi".
Ci vuole coraggio a parlare così semplicemente della propria malattia...
"Quando il tumore è tornato ho deciso che avrei vissuto nel modo più felice il tempo che ancora mi rimaneva. Ho due desideri: lasciare a Rudy la sicurezza economica, e celebrare la nostra unione civile perché lui possa decidere insieme ai medici dei miei ultimi giorni di vita. E poi fare, finalmente, una grande festa di matrimonio con tutti i nostri amici. La sala già c'è, noi siamo pronti"...(Repubblica.it)
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