Africa, l'approvvigionamento idrico è sulle spalle delle donne: 17 milioni rischiano la vita per portare l'acqua a casa...




Un gruppo di donne trasporta contenitori pieni d'acqua proveniente dal fiume Shabelle, nella regione Shabelle in Somalia. 19 marzo 2016. REUTERS/FEISAL OMAR



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Ogni mattina nell'Africa sub-sahariana 17 milioni di donne si svegliano sapendo che la responsabilità di dare da bere agli assetati sarà completamente sulle sue spalle: potrebbe sembrare una pubblicità di una bevanda energetica di qualche anno fa ma è la realtà fotografata da uno studio della George Washington University e pubblicato su Plos One.
Nel 2011 il Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale (CIPSI) e ChiAma Africa promossero la Campagna NOPPAW (Nobel Peace Price for African Women) per il riconoscimento del premio Nobel per la Pace alle donne africane: un atto simbolico collettivo, si spiegava all'epoca, per celebrare la forza e la determinazione delle donne di tutta l'Africa, il vero motore del continente.
Jay Graham, ricercatore della George Washington University e uno degli autori della ricerca, ricorda chequello dell'approvvigionamento idrico è uno dei problemi più gravi in molte zone del continente africano e spesso le donne sono costrette a percorrere decine di chilometri a piedi per trasportare l'acqua al proprio villaggio: un'attività che può impiegare anche tutta la giornata di una donna, o di una ragazzina, che quindi si trova costretta a rinunciare a tanto altro.
Lo studio prende a riferimento i dati ufficiali della Banca Mondiale, dell'Unicef e dell'Agenzia americana per lo sviluppo internazionale: 17 milioni di persone, 14 milioni di donne e 3 milioni di minori, in 24 differenti Paesi dell'Africa sub-sahariana trascorrono le proprie lunghe giornate camminando per chilometri e chilometri e caricandosi al ritorno decine di chili di acquacon la quale garantiranno la sopravvivenza delle proprie famiglie e della propria gente: un'attività tanto preziosa quanto logorante e pericolosa messa in pratica da persone avvezze alla sofferenza ma che dimostrano ogni giorno un senso fortissimo e unico di comunità.
Il trasporto dell'acqua in Africa è un'attività quasi esclusivamente femminile e sono importanti gli aspetti culturali che regolano le attività nei villaggi: in paesi come la Costa d'Avorio l'approvvigionamento idrico è un lavoro che riguarda al 90 per cento le donne, uno “squilibrio di genere”lo definisce in maniera un po' miope lo studio (che tralascia, appunto, ogni aspetto culturale della questione): “Riducendo la distanza dalle fonti d'acqua molte donne e ragazze avrebbero il tempo per lavorare o andare a scuola” spiega Graham, che riferisce anche di alcuni aspetti legati alla salute delle donne che si occupano di trasportare le risorse idriche.
Dolori spinali e artrite precoce causata dal peso dei contenitori d'acqua sullo scheletro sono i problemi di salute più comuni, così come malattie come la schistosomiasi (un'infezione causata da vermi presenti in acqua dolce), ma gli aspetti più preoccupanti riguardano il tragitto che le donne devono spesso percorrere, talvolta in zone impervie o controllate da gruppi ribelli, islamisti, milizie armate di varia natura, altre volte in territori pericolosi (paludi, foreste, deserti) e isolati, zone dove la relatività del valore della vita africano è ancora più accentuata.
In paesi come la Costa d'Avorio, la Sierra Leone, il Niger e il Malawi il ruolo sociale della donna è legato a doppio filo con l'acqua ma la desertificazione e la siccità sempre più drammatica stanno mettendo a dura prova non solo l'approvvigionamento idrico ma le stesse fonti d'acqua, cosa che costringe già oggi a percorrere tragitti più lunghi e impervi.
Secondo le Nazioni Unite nel 2050 la popolazione mondiale sarà di 9 miliardi di persone: un numero che esemplifica molto bene l'importanza della tutela delle fonti d'acqua e delle forniture idriche fin nelle zone più isolate e remote del mondo. Il Presidente del Ruanda Paul Kagame di recente ha definito le opere pubbliche nel settore idrico come “essenziali” per lo sviluppo del continente: per questo la comunità internazionale deve vigilare attentamente sulle fonti d'acqua, che in un futuro non troppo lontano potrebbero essere al centro di conflitti, in realtà già in atto.

Boko Haram in Nigeria, per intenderci, nasce proprio da questa esigenza: strappare il lago Ciad dal controllo delle tre nazioni che se lo dividono, Nigeria, Niger, Ciad e Camerun...
(International Business Times)



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