Cosa aspettarsi ora dalla Russia in Siria?...






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Come affermò nel marzo 2016 Garry Kasparov, ex-campione del mondo di scacchi divenuto strenuo oppositore di Vladimir Putin, “per capire i programmi futuri del Cremlino [i leader degli altri Paesi, nda] guardino il bilancio dello Stato russo: un budget di guerra dominato da spese per la difesa, per la sicurezza, la propaganda”. Secondo invece quanto scrive al-Jazeera un buon modo per capire le manovre militari russe in Siria è sufficiente ascoltare le dichiarazioni di qualche ufficiale e prepararsi per l'esatto contrario.
Nel mese di marzo Mosca ha annunciato il ritiro progressivo, rapido e immediato, dei suoi contingenti in Siria (ad eccezione del personale nelle basi di Tartus e Latakia) dichiarando la campagna militare vittoriosa; a pochi giorni dopo l'annuncio sono cominciate a uscire le prime notizie circa le forze speciali della Spetsnaz inviate sul campo a Palmira per operazioni di sminamento e consolidamento. Un termine, “consolidamento”, che in un teatro di guerra ha un significato ben preciso: andare a sparare alle ultime roccaforti.
Poco dopo il Pentagono ha confermato di avere avuto notizia circa l'attuazione di importanti manovre militari nella zona di Palmira, nonostante l'annunciato ritiro russo, informazioni che il ministro della Difesa russo Igor Konashenkov ha rigettato al mittente sostenendo che non essendoci una base aerea nella zona tale mobilitazione di uomini e mezzi sarebbe stata “economicamente impossibile”. Ma noto a tutto il mondo è il concerto organizzato nell'anfiteatro di Palmira, dove una filarmonica russa ha suonato per un intero pomeriggio e le cui immagini sono state diffuse in tutta la Russia. 
Tuttavia la Russia resta, seppur coerente con se stessa, decisamente imprevedibile: una volta annunciata la vittoria in Siria (su chi o cosa non si è mai capito) Mosca ha indicato il tavolo di Ginevra dei colloqui di pace come il luogo adatto per il proseguimento della campagna siriana e questo ha messo non poco in difficoltà la diplomazia americana e il soft-power europeo, indubbiamente spiazzati dalle mosse del Cremlino.
Presentando il suo ultimo libro all'Auditorium di Roma Kasparov ha affermato che “la differenza principale fra una dittatura e un paese democratico è che nel primo sistema possono esserci solo piani a breve termine, il secondo può permettersi di guardare oltre”; è tuttavia anche vero che il soft-power di Bruxelles su Mosca fino ad oggi non si è dimostrato particolarmente efficace sia nel capire che sopratutto nel prevenire le mosse di Putin e anticiparlo. E questo, curiosamente, ha garantito ai russi la possibilità di stilare strategie militari a lungo termine sia in Ucraina che in Siria: il crescente interesse russo per il Medio Oriente e il rapporto di amicizia e confidenza storico tra Putin e Assad ha permesso a Mosca l'attuazione di una strategia militare incontrastata e in parte letteralmente inspiegabile.
Putin, grazie alla propaganda, si propone oggi come il principale leader attento alle questioni umanitarie dei cittadini siriani intrappolati in città-trincea come Aleppo o Idlibmentre gli americani, nel nord della Siria, contribuiscono all'avanzata dei curdi sulla capitale del sedicente califfato, Raqqa. La propaganda russa controlla perfettamente un flusso di informazioni delicatissime e che potrebbero cambiare non poco l'immagine della campagna russa in Siria: ufficialmente l'aviazione russa è l'unico pezzo di forze armate che il Cremlino schiera oggi a sostegno dell'esercito della Repubblica Araba di Siria.
Dal canto loro i siriani, dopo anni di guerra civile ininterrotta e terribile, hanno imparato a riconoscere la paternità delle azioni militari: i bombardamenti notturni, quando si concentrano su determinati obiettivi in maniera precisa, vengono generalmente additati ai russi perchè la scalcagnata aviazione di Assad è oramai non solo ridotta all'osso ma anche decisamente imprecisa.
Lo stesso vale per la copertura delle truppe di terra, affidata ai russi, e per numerose operazioni terrestri (come Palmira, appunto). Questo provoca inevitabilmente un rimpallo di accuse reciproco che non giova né alla chiarezza delle informazioni né all'effettiva comprensione di quanto sta accadendo sul campo: quante volte associazioni per i diritti umani, comitati locali di cittadini siriani, milizie di varia natura denunciano i bombardamenti russi su ospedali, scuole, case civili? Molte. E ogni volta la risposta di Mosca è sempre la stessa, ipocrita indignazione e sfacciata negazione di ogni addebito: una cosa che ci dimostra l'importanza, per il Cremlino, di controllare le informazioni.
Mentire, in guerra, è forse più grave che uccidere. Ma certamente non è una prerogativa di Mosca: Washington ha mentito per anni in molte sue campagne militari, basti pensare alla truffa internazionale orchestrada dall'amministrazione Bush in combutta con il gabinetto di Tony Blair quando fu decisa la seconda guerra in Iraq per detronizzare Saddam. Quella campagna militare, che dimostral'assenza di prospettive a lungo termine da parte delle democrazie occidentali intervenute in Iraq, è l'essenza dell'impreparazione di tali democrazie a fare pianificazioni a lungo termine degne di questo nome.
Di fatto sembra che il paradigma sia ribaltato: l'occidente continua a non sapere bene cosa fare in Siria e anche a Ginevra i colloqui sono bloccati mentre Putin, con la sua rodata macchina bellico-propagandistica, sembra continuare a fare il bello e il cattivo tempo in Siria. Cosa succederà nel futuro è difficile immaginarlo, azioni e reazioni sono un gioco di contrappesi delicatissimo, ma quel che è certo è che gli equilibri siriani restano precari, sempre in bilico tra il dramma e la speranza...
(International Business Times)

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