L'Angola produce acciaio con le armi della guerra civile e ne compra di nuove dall'Italia...
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La guerra civile in Angola si è lasciata alle spalle circa mezzo milione di morti e migliaia di tonnellate di rottami metallici - carri armati, fucili, munizioni, serbatoi e quant'altro - che in tutti gli angoli del Paese, anche quelli più remoti, formano la memoria collettiva di quel conflitto durato 27 anni.
Secondo la CNN a Barra de Dande, località 80 chilometri a nord di Luanda, è stato attivato l'impianto siderurgico Aceria de Angola (ACA, il più grande dell'Africa occidentale e centrale), dalla società franco-angolana K2L Capital dell'uomo d'affari francese Georges Choucair: si tratta di un investimento notevole, 300 milioni di dollari, e che potrebbe rappresentare una soluzione intelligente ed efficiente per riciclare i metalli abbandonati della guerra civile. L'acciaieria infatti utilizzerà gli armamenti e i mezzi militari non più utilizzati come fonte primaria di acciaio: secondo Choucair l'impianto consentirà al Paese di importare 200-300 milioni di dollari in meno di acciaio se, come è nei piani, arriverà a produrre mezzo milione di tonnellate di acciaio l'anno.
Cominciata nel 1975 e proseguita con diverse interruzioni fino al 2002, la guerra civile in Angola è uno dei capitoli più drammatici della recente storia africana. Il giornalista polacco Ryszard Kapuściński ne ha raccontato l'inizio con parole drammatiche nel libro Ancora Un Giorno: Luanda città chiusa nel 1975, la fuga dei portoghesi, l'embrione rosso sangue di un conflitto che gli angolani non hanno dimenticato. Basti pensare che solo nel 1994, quando la guerra riprese vigore, il Presidente Dos Santos ha acquistato 790 milioni di dollari di armi dall'ex-Unione Sovietica, acquistati grazie all'intermediazione, tra gli altri, di Charles Pasqua, allora ministro dell'Interno di Parigi, e di Jean-Christophe Mitterrand, figlio dell'allora Presidente François.
Oggi l'Angola è un petro-Stato dei più importanti in Africa centro-meridionale: la dittatura angolanaè retta da José Eduardo Dos Santos dal 1979 è una delle più corrotte e cleptocratiche del continente tanto che la figlia del presidente Dos Santos, Isabel, secondo la rivista Forbes è la donna africana più ricca e una delle persone più facoltose d'Africa, nonché inserita nella classifica di Trasparency International come uno dei 15 casi di corruzione più clamorosi al mondo. La caduta del prezzo del petrolio, come per tutte le economiche che si reggono sugli idrocarburi, ha inciso fortemente sul bilancio dello Stato dell'Angola, che sta cercando di diversificare la sua economia in ambiti diversi dal mercato energetico.
Secondo Ricardo Soares de Oliveira, professore di politica all'Università di Oxford citato dalla CNN, l'acciaieria di Choucair è “una goccia nel mare. […] Dobbiamo accogliere benevolmente il progetto perché crea qualche posto di lavoro e rappresenta un'aggiunta gradita per l'economia angolana ma non dobbiamo esagerare. Il governo sta cercando di vendere questo progetto come una reale diversificazione dicendo che siamo sul punto di un cambiamento epocale. Ma non è così” ha spiegato de Oliveira.
Inoltre sul piano dei mercati internazionali l'acciaio vive un momento molto simile al petrolio: la sovrabbondanza dell'offerta ha spinto verso il basso i prezzi dell'acciaio in una spirale negativa che ha colpito anche l'industria siderurgica italiana. Il Fondo Monetario Internazionale, lo scorso novembre, si è raccomandato con il governo angolano di operare “spese prudenti” e di “razionalizzare” i costi ma la cleptocrazia del grande Paese africano sembra non sentirci molto da quell'orecchio: è opinione diffusa infatti che l'élite al potere continui ad ingrassare se stessa e che i problemi sociali come la disoccupazione e la povertà “non sono all'ordine del giorno” ha spiegato il professor de Oliveira.
Georges Choucair ha affermato che 500 persone già lavorano presso l'acciaieria, che fornisce loro anche una casa in cui vivere con le famiglie, e sostiene inoltre che potrebbe arrivare a dare lavoro, in forma occasionale, a oltre 2.000 persone. E a chi chiede chi saranno queste persone, vista la bassa specializzazione degli angolani nel settore siderurgico, l'imprenditore francese spiega che sarà la formazione il vero valore aggiunto.
I costi dell'acciaieria sono in parte coperti da un investimento del Multilateral Investment Guarantee Agency, organismo della Banca Mondiale, e in tal senso la comunità internazionale sembra voler riconoscere e sostenere l'Angola nello sforzo per uscire dall'economia petrolifera. I precedenti tuttavia imporrebbero prudenza e inoltre interessante è guardare dove in questo momento l'Angola sta investendo: secondo i dati diffusi durante il convegno “Africa, continente in cammino” che si è tenuto a Roma presso l'Università Pontificia nel marzo 2015 l'Angola, nel periodo tra i 2009 e il 2013, ha aumentato le sue spese militari da 3.640 milioni di dollari a 5.208 e secondo lo“Small arms survey” - progetto svizzero sulle armi di piccolo taglio - è anche uno dei paesi africani che più importa questo tipo di armi da fuoco. L'Italia, tra i primi 10 esportatori di armi in Africa, ha una fetta importante di questo mercato in Angola: secondo l'agenzia di stampa portoghese Lusa il Presidente Dos Santos avrebbe firmato, la scorsa vigilia di Natale, una serie di contratti da centinaia di milioni con aziende italiane del settore bellico e militare. Nell'ambito del Programma di sviluppo della forza navale (Pro-Naval) varato dal governo di Luanda per modernizzare la propria Marina entro il 2017Selex EX fornirà radar e sistemi di comunicazione al Centro Nazionale di Sicurezza Marittima dell'Angola (115 milioni di euro), Augusta Westland 6 elicotteri alla Marina Militare di Luanda (90 milioni), Whitehead Sistemi Subacquei consegnerà siluri antinave A-244S (7,3 milioni). L'universo Finmeccanica fornirà assistenza e addestramento ai militari angolani.
Secondo quanto scrive Nigrizia il rapporto tra l'Italia e l'Angola, per quanto riguarda le forniture di armi, è addirittura precedente all'indipendenza e nel corso dei decenni il legame si è saldato fortemente fino a portare la portaerei Cavour, la fregata Bergamini e la rifornitrice Etna a far bella mostra di sé nel porto di Luanda. Pochi mesi dopo Matteo Renzi, il 21 luglio 2014, incontrava nella capitale angolana il Presidente Dos Santos accompagnato, tra gli altri, da Mauro Moretti di Finmeccanica: “In Angola stiamo discutendo sull’appalto di elicotteri di uso civile e militare con la candidatura dell’Italia a sostituire l’intera flotta angolana, oltre al controllo dei territori attraverso sofisticati sistemi come droni e satelliti” dichiarò l'AD di Finmeccanica. E sembra che gli affari in armi, tra Angola e Italia, non siano ancora finiti...
(International Business Times)
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