Dall'Ucraina all'Africa: le guerre finite nell'oblio...




Il Donbass obiettivo dei cecchini. Le bombe in Yemen. Le trincee nel Kurdistan. Gli scontri di Bangui e le violenze di Boko Haram. I cinque conflitti dimenticati.



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Un conflitto dimenticato alle porte dell’Ue e una città millenaria sfigurata dalle bombe.
Ucraina e Yemen sono due guerre dimenticate del 2015: gli accordi di Minsk sono rispettati lentamente e con il contagocce, e le tregue tra i sauditi e i ribelli di Sanaa sono lettera morta.
Questo Natale nel Donbass cadevano granate, come nella guerriglia del Kurdistan turco, e in Yemen bruciavano Aden e Sanaa: centinaia di morti ignorati, migliaia nel corso dell'anno.
I PROFUGHI DEL 2016. Ma non finisce qui. Solo il viaggio del papa ha ricordato gli scontri nella Repubblica centrafricana, cruenti come nella Nigeria violentata dai Boko Haram.
Ripete il popolo degli anti-immigrati che in questi posti non c’è la guerra, che i profughi sono solo siriani. Ma nel 2014 la guerra dimenticata fu proprio quella siriana: allora i riflettori erano puntati sul Califfato in Iraq e sulla cortina della Nato in Ucraina.
Un anno dopo sarebbe esplosa la catastrofe umanitaria siriana. Ecco le cinque guerre che per Lettera43.it sarebbe bene ricordare.

1. Yemen: una catastrofe umanitaria dimenticata

Gli oltre 2,3 milioni di sfollati dello Yemen sono per la maggioranza talmente poveri da non permettersi viaggi verso l’Europa.
Dai dati dell’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani (Unhcr), l’80% della popolazione ha bisogno di assistenza.
Dal marzo 2015 i raid della coalizione guidata dai sauditi hanno fatto quasi 6 mila morti: 2.500 i civili, quasi 1.000 tra donne e bambini. Alla vigilia di Natale l’Onu ha condannato Riad per il «numero sproporzionato di attacchi nelle zone ad alta concentrazione di civili», ma il cessate il fuoco umanitario non ha retto.

  • La città vecchia di Sanaa sotto le bombe (Twitter).

Missili contro i ribelli sono caduti a Sanaa e si combatte ad Aden.
Lo Yemen si sta riempiendo di mercenari (anche dall’America latina) pagati dagli emiri del Golfo e frange dei terroristi di al Qaeda stanno confluendo nell’Isis: si teme che l’ex Arabia felix diventi una seconda Libia per l’espansione del Califfato.
Senza un piano di pace, gli analisti dell’Ispi prevedono un «2016 cupo» per le mura leggendarie dell'antica Sanaa.

2. Ucraina: la guerra civile a bassa intensità alle porte dell’Ue

Dentro le città separatiste di Donetsk e Lugansk effettivamente non si spara più.
Nell’Ucraina dell’Est la situazione si è gradualmente distesa, dicono che ora il Cremlino sia più impegnato ad armare il regime siriano che le autoproclamate repubbliche popolari d’Ucraina.
Ma nel Donbass scorre ancora la linea del fronte: dalle trincee si continua a sparare, le strade sono pattugliate da cecchini con i kalashnikov e la notte cala il coprifuoco.

  • Un bambino nell'Est ucraino in guerra (Twitter).

Di tanto in tanto riesplodono gli scontri: una guerra civile mai finita, solo congelata.
Alla vigilia di Natale l’esercito ucraino ha lanciato bombe nel Sud-Est conteso in una delle cosiddette «operazioni anti-terrorismo».
Sono volate pallottole sui controllori dell’Osce, poi granate. Più di 50 civili sono morti, secondo l’Onu, dall’estate scorsa: oltre 9 mila i morti nel conflitto dal 2014.

3. Kurdistan turco: la trincea di Diyarbakır di cui nessuno parla

Nel Kurdistan turco va avanti, dalle ultime e discusse due tornate elettorali, una guerra a tutti gli effetti tra l’esercito turco e i separatisti del Pkk.
Gli attentati contro le sedi e i sostenitori del partito filocurdo Hdp (per la prima volta in Parlamento), con centinaia di morti, hanno rotto la fragile tregua con i guerriglieri di Öcalan: i caccia di Ankara sono tornati a bombardare le cittadine curde dell’entroterra, piene di civili, come non accadeva dagli Anni 90. Diyarbakir, capitale del Kurdistan turco, e le cittadine come Silvan, Hakkari, Nusaybin e Cizre sono sotto coprifuoco.

  • Tra le macerie di Diyarbakır, nel Kurdistan turco (Twitter).

Telefoni e internet sono bloccati, dopo aver chiuso quasi tutte le sedi elettorali per il voto di novembre sono ripartite le «operazioni dell’esercito»: Pkk e militari combattono palmo a palmo nei quartieri, tra soldati e poliziotti sono in campo più di 14 mila unità, oltre all’aviazione.
A Sur, quartiere di Diyarbakır, i carri armati sono in strada e diverse abitazioni sono state distrutte dal fuoco d’artiglieria. I rastrellamenti sono continui. Oltre un centinaio i civili morti: gli ultimi un nonno e la nipotina, per Santo Stefano.

4. Repubblica centrafricana: la guerra a intermittenza di Bangui

Le Presidenziali sono un problema secondario per la Repubblica centrafricana, 10 mila caschi blu difendono i seggi elettorali dalla guerra in corso.
La capitale Bangui, dove Francesco ha straordinariamente aperto l’anno santo del Giubileo, è insanguinata dagli scontri cruenti tra le milizie cristiane e musulmane.
Un conflitto solo all’apparenza di religione, in realtà pilotato dalle potenze straniere in gara per le risorse.

  • Un miliziano musulmano linciato nella Repubblica centrafricana (Twitter).

Né l’intervento francese né l’accordo di pace hanno riportato la stabilità dal colpo di Stato del 2013.
A Bangui questo Natale gli scontri si sono sopiti, ma le crisi riesplodono ciclicamente: nello scorso settembre si è tornato a sparare giorno e notte, le barricate bloccavano i rifornimenti dei beni di sussistenza e i soccorsi per gli ospedali.
L’Onu stima oltre 5 mila morti e 1 milione di sfollati, il 2016 potrebbe essere un «nuovo Ruanda». Per lì’Unicef 600 mila bambini del Car subiscono le conseguenze del conflitto.

5. Nigeria: la guerra mai vinta con i Boko Haram

Il neo presidente Muhammadu Buhari, musulmano e militarista, aveva promesso il ritorno all’ordine e la sconfitta dei Boko Haram in Nigeria.
Ma i terroristi affiliati all’Isis non hanno abbandonato i territori nel Nord, occupati per intere regioni.
Hanno retrocesso in alcune fasce, durante l’offensiva dell’esercito e dei rinforzi di Ciad, Niger e Camerun.
E finito lo sfoggio militare pre-elettorale, sono tornati ad attaccare nel lago Ciad, martoriando villaggi e minacciando gli Stati vicini.

  • I terroristi di Boko Haram che occupano il Nord della Nigeria (Twitter).

Una guerra civile mascherata dalla guerra al terrorismo, che rischia di espandersi in Cameron e Niger, e da lì nel Mali insanguinato dagli attacchi terroristici e nel Nord Africa.
Miliziani di Boko Haram sono entrati in Libia, a dar man forte all’Isis: dal 2009 si contano oltre 20 mila morti per l’espansione nel Nord della Nigeria della setta estremista.
Sono state scoperte fosse comuni, migliaia di civili sono stati rapiti. Gli assalti delle ultime festività hanno fatto oltre 80 morti...
(Lettera 43

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