Schengen, exit-strategy: Merkel al lavoro per risolvere il problema migratorio (ma l'Europa rischia di tornare indietro di 30 anni)...






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Un vertice sui rifugiati e le soluzioni da adottare nell'Unione Europea tenuto a porte chiuse e con invitati selezionatissimi. È quello che starebbero preparando a avenue de Cortenbergh a Bruxelles, dove si trova la sede della rappresentanza austriaca nell'Unione Europea.
Il vertice, che secondo lo Spiegel online sarebbe in programma per metà dicembre, vedrà probabilmente la partecipazione del primo ministro svedese Stefan Lövfen e el suo omologo greco Alexis Tsipras, oltre che del presidente francese François Hollande, del cancelliere tedesco Angela Merkel, dei leader di Belgio, Olanda e Lussemburgo e del cancelliere austriaco Werner Faymann. A garanzia degli altri membri europei invece una sedia sarà riservata al presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker.
Il tema sul tavolo sarà lo stesso che da mesi fa arrovellare i capi di stato e di governo europei più di ogni altra cosa: la crisi dei rifugiati provenienti dalla Siria e, più in generale, dal Medio Oriente. Sin qui la linea adottata dall'Unione è quella di una trattativa con la Turchia affinchè controlli i flussi di rifugiati impedendogli di attraversare il confine ed arrivare in Europa da sud-est, una linea pensata e proposta da Berlino ma che fino ad oggi non ha portato i risultati sperati.
Certamente i recenti sviluppi nei rapporti tra Turchia e Russia non aiutano a convincere i partner europei, sopratutto i più scettici verso Erdogan, dell'opportunità di una trattativa con Ankara in materia di rifugiati: l'obiettivo di Angela Merkel è di sigillare l'accordo recente concordato con il primo ministro turco Ahmet Davutoglu in occasione dell'ultimo vertice UE, un accordo che prevede di fornire miliardi di euro in aiuti ai turchi in cambio di un controllo massiccio per evitare che i profughi siriani prendano i corridoi verso il cuore del Vecchio Continente. In cambio però l'Unione Europea dovrebbe accettare anche di incaricarsi del destino di una cospicua moltitudine di migranti, quantificati dal quotidiano tedesco Spiegel in “diverse centinaia di migliaia”. Questa soluzione, secondo il capo di stato maggiore tedesco Peter Altmaier, potrebbe chiamarsi “coalizione di volenterosi” (stesso nome di quella del 2003 in Iraq e del 2011 in Libia) e rappresenterebbe, di fatto,l'ultima soluzione da tentare prima di mettere mano agli accordi di Schengen. Una soluzione che in buona sostanza sconfesserebbe “la politica dell'accoglienza” sin qui promossa dalla cancelliera Merkel e dai suoi alleati europei.
Il deteriorarsi del quadro geopolitico e la scarsa credibilità - sempre più in calo, per altro - che la Turchia vanta in Europa potrebbe spazzare via questa ipotesi, aprendo inevitabilmente ad un cambio radicale di quelli che sono i valori fondanti dell'Unione Europea in materia di confini di quelli che un tempo erano Stati-nazione. I funzionari della Cancelleria di Berlino per questo motivo starebbero lavorando ad unaexit-strategy da Schengen, una vera e propria controriforma che si coniugherebbe con la cancellazione del sistema vigente e l'introduzione di una zona di viaggio “no border”, senza i controlli trasfrontalieri, molto più ridotta di quella attuale.
La Grecia, ad esempio, sarebbe fuori da quest'area perchè ha dimostrato la propria incapacità di gestire le frontiere esterne, in particolare quelle marittime con la Turchia, né sarebbe possibile accogliere in quest'area i paesi dell'ex-blocco sovietico che rifiutano di accogliere i rifugiati (come ad esempio l'Ungheria). Ma a ben vedere tra i paesi che rischiano di restare fuori da questa “mini-Schengen” c'è anche l'Italia, che si trova nell'impossibilità sostanziale di controllare le proprie frontiere marittime (il mar Mediterraneo tutto). I confini europei potrebbero ridursi a quelli di 30 anni con la cortina di ferro.
In buona sostanza l'ipotesi sarebbe quella di estromettere dai confini “sicuri” i paesi più critici con le politiche del cancellierato in materia di accoglienza ed immigrazione, risolvendo certamente il problema delle trattative ma di fatto rappresentando una sconfitta per l'Europa, almeno secondo l'esponente dell'Unione Cristiano Sociale (CSU) Manfred Weber: Angela Merkel in persona, scriveva il Die Welt in ottobre, avrebbe indicato la revisione di Schengen come “ultima ratio” per fermare il flusso di migranti. Il problema di Angela Merkel, secondo gli analisti tedeschi, è tutto interno: i suoi alleati di governo hanno duramente criticato le sue posizioni e le politiche in materia di asilo e il deteriorarsi nei rapporti con i governi dell'est Europa avrebbero persuaso la cancelliera a valutare la reintroduzione dei controlli alle frontiere.
Tornando alla prima ipotesi l'Agenzia Europea per i Rifugiati e l'UNHCR aiuteranno la Turchia a identificare quei profughi più bisognosi di assistenza, permettendo loro di entrare in Europa. Un piano che, se funzionasse, potrebbe essere esteso anche a Giordania e Libano: secondo Johannes Hahn, commissario UE per la politica di vicinato e i negoziati per l'allargamento, il piano sarà attuato solo quando la Turchia dimostrerà di volere e sapere smantellare le reti migratorie e il traffico di esseri umani verso l'Europa. Una questione che, per ora, non ha dei tempi di realizzazione certi e questo sembra rappresentare un problema: oggi l'Unione cerca di difendere le frontiere esterne ma all'interno della stessa alcuni membri, come la Slovenia, l'Austria, la stessa Germania, la Francia, il Belgio e più recentemente la Svezia, hanno temporaneamente ripristinato i controlli alle frontiere interne in risposta proprio alla crisi dei rifugiati.
Come è noto, se in una comunità ognuno porta avanti i progetti che gli pare la comunità stessa non avrà molte possibilità di concluderne nemmeno uno: se Jeroen Dijsselbloem, ministro delle finanze olandese a capo dell'Eurogruppo, afferma al quotidiano tedesco Handelsblatt che occorre “lavorare insieme in gruppi più piccoli” allo stesso tempo è impensabile l'assenza di una regia sul lavoro collettivo.
Dopo Parigi è stato il presidente francese Hollande a prendere in mano le redini dell'Europa: in una lettera recente al Parlamento Europeo il primo ministro francese Manuel Valls ha chiesto che le frontiere esterne dell'UE vengano rafforzate e dello stesso avviso è sembrato essere il ministro degli esteri lussemburghese Jean Asselborn. Altrettanto vero è che, come ha ricordato questa settimana il presidente del Consiglio dell'Unione Europea Donald Tusk, l'Europa non può lasciare che sia la Turchia ad occuparsi della sicurezza dei propri confini esterni.
Insomma, sia la soluzione della “coalizione di volenterosi” sia quella di una “mini-Schengen” presentano insidie e sfide nuove per il Vecchio Continente, che però si trova a dover ancora risolvere l'annosa questione della redistribuzione di 160.000 migranti, un problema che ci si trascina da mesi: secondo il Der Spiegel ad oggi solo 200 rifugiati sono stati reinsediati ufficialmente....
(International Business Times)

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