Allarme in Asia centrale: è la nuova frontiera dell'Isis Il cuore dell'instabilità regionale resta l'Afghanistan...
(askanews) - E' il cuore dell'Eurasia, parte di quell'"Heartland" identificata dalla geopolitica classica di Sir Halford Mackinder. Oggetto di contesa e conflitto eterno tra le grandi potenze: Russia, India, Cina, Gran Bretagna, più recentemente Stati uniti ci hanno perso uomini ed eserciti in un sanguinoso "Grande gioco" mai definitivamente vinto da nessuno dei giocatori. Ma oggi quella regione così cruciale, ponte tra Asia ed Europa e ricca di risorse energetiche, sta diventando la nuova frontiera dello Stato islamico, l'Isis o Daesh, come lo chiamano nel mondo arabo.
E' un pericolo di cui si parla sempre più spesso. I paesi che finiscono per "-stan" vivono un'ansia che porta i loro regimi, per lo più instaurati da presidenti-patriarchi autoritari e secolari, ad alzare il livello di guardia non solo contro i gruppi jihadisti tradizionalmente presenti nella regione, ma anche contro un terrorismo d'importazione oggi rappresentato dai militanti dell'Isis.
Il centro maggiore d'instabilità regionale continua a essere l'Afghanistan. Accanto alla tradizionale forza dei talebani e della rete di Haqqani, si profila un attivismo sempre più rumoroso dell'Isis. Il Pentagono, nei giorni scorsi, ha riconosciuto in un rapporto questa presenza, pur affermando che per i jihadisti così spietatamente efficaci in Siria e Iraq si tratta di una "fase iniziale d'esplorazione", nella quale stanno facendo "limitati sforzi di reclutamento".
Nella variegata flora del jihadismo centro-asiatico, tuttavia, non mancano possibili sponde all'Isis. Nella Valle di Fergana, per esempio, il Movimento islamico dell'Uzbekistan continua a essere una forza che, quanto meno in prospettiva, potrebbe avere una convergenza d'intenti con l'Isis. Mentre con i talebani afgani la situazione è molto più complicata. "L'Isis continuerà probabilmente a espandere la sua presenza in Afghanistan durante l'anno e competerà per rilevanza coi talebani e altri gruppi terroristici e insurrezionali presenti", ha spiegato il Dipartimento alla Difesa Usa.
Si tratta di una concorrenza che sembra in realtà aperta ostilità. Lo dimostra una lettera firmata Mullah Akhtar Mohammad Mansoor, il numero due dei talebani, che ha come destinatario il capo dell'Isis Abu Bakr al Baghdad ed è apparsa martedì sul sito internet dei talebani in lingua pashtun, urdu, arabo e dari: "L'Emirato islamico (cioè i talebani, ndr.) non considera la molteplicità dei ranghi della jihad come benefica né per la jihad, né per i musulmani", recita il documento. "La jihad contro gli americani e i loro alleati va condotta sotto una bandiera e una leadership", dice ancora il documento, nel quale l'esponente talebano annuncia anche che "per difendere le sue conquiste, l'Emirato islamico sarà costretto a reagire" all'Isis.
Questo nervosismo talebano va visto come un segnale di vivacità dell'Isis. Il generale John Campbell, comandante delle forze Nato in Afghanistan ha spiegato che, anche se non ancora operativi, combattenti jihadisti stanno affluendo nelle fila dell'Isis. Molti ex sostenitori talebani cambiano bandiera e aderiscono allo Stato islamico perché lo ritengono più efficace. Questo ha portato anche a frequenti scontri tra i due diversi conglomerati sunniti. Il comandante delle forze di frontiera del Tagikistan Rajabali Rakhmonali ha quantificato in 1.500 il numero degli ex talebani ed ex al Qaida che sono transitati nell'Isis, in particolare nella provincia di Kunduz, al confine con l'Afghanistan.
Proprio i regimi centro-asiatici sembrano essere quelli più consapevoli della minaccia incombente. Tutti innalzato i loro livelli di attenzione e repressione sui movimenti islamici, anche alla luce di un contesto internazionale che rischia di aprire autostrade all'avanzata jihadista. "Uno dei primi obiettivi è evitare la trasformazione della regione in un centro di confronto geopolitico tra potenze mondiali", ha spiegato oggi - secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Interfax - a una conferenza sulla sicurezza dei confini della Comunità degli stati indipendenti (Csi) il generale Sherali Khairulloyev, consigliere di sicurezza nazionale del presidente tagiko Emomali Rakhmon, uno dei più preoccupati e autoritari avversari dei movimenti islamisti. "La minaccia del terrorismo internazionale e le sue manifestazioni - ha continuato - aumentano giorno dopo giorno. I loro metodi si stanno trasformando e rafforzando. Le tensioni create dallo stabilirsi di un nuovo ordine mondiale stanno creando un'escalation".
Il generale, un ex ministro della difesa, ha espresso particolare preoccupazione sulla destabilizzazione iniziata ad aprile dell'Afghanistan settentrionale e nordoccidentale, che rischia di essere trascinato "nell'orbita delle ostilità condotte da combattenti terroristi". Ma la minaccia è più sottile e diffusa. "Gruppi radicalizzati di estremisti - ha precisato - stanno ponendo una seria minaccia ai paesi dell'Asia centrale. Cittadini di questi paesi si sono uniti a questi gruppi per combattere nel Medio Oriente e in Afghanistan e possono svolgere un ruolo cruciale nella destabilizzazione interna della regione dopo il loro ritorno"...
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