Iraq, Kirkuk: dove le armi si vendono persino al mercato (accanto alla frutta)...





Di Emanuele Vena

Kirkuk è la capitale dell'omonimo governatorato, nel nord dell'Iraq. La sua posizione - circa 230 chilometri a nord di Baghdad e un'ottantina a sud di Erbil - ne fa uno dei luoghi chiave dello scontro che sta andando in scena in territorio iracheno tra lo Stato Islamico e le truppe coalizzate nel tentativo di respingere l'invasione jihadista.

Kirkuk, cuore curdo

Kirkuk è stata una zona tradizionalmente a maggioranza curda, perlomeno sino alla presa del potere da parte di Saddam Hussein, il cui regime durato dal 1979 al 2003 ha portato alla persecuzione ed alla conseguente drastica diminuzione della presenza curda nella zona. Come sottolineato anche dai censimenti ventennali effettuati dal governatorato della zona, la presenza di curdi a Kirkuk è passata dal 48% - praticamente quasi la metà dell'intera popolazione del luogo - del 1957 a poco più del 20% del 1997. Una presenza che però, con la caduta di Saddam ed il successivo massiccio rientro curdo, è tornata nuovamente a crescere.
Con l'invasione della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, la zona di Kirkuk è passata sotto il controllo provvisorio da parte della stessa coalizione, con la promulgazione di una costituzione ad interim e la messa a punto di un referendum per il passaggio al Kurdistan iracheno che non ha ancora visto la luce, dopo anni di continui rinvii e nonostante l'inasprimento della tensione tra curdi e governo di Baghdad.

Stato Islamico

Ci ha pensato lo Stato Islamico a ridurre le frizioni tra le due fazioni. L'incursione dei fondamentalisti, intenzionati a imporre il califfato in Siria ed Iraq, ha spinto ad un parziale riavvicinamento tra le due fazioni. Il tutto favorito anche dal contributo della comunità internazionale, che ha inaugurato un processo di rifornimento di armi e di addestramento - come per esempio ad Erbil e nella base militare statunitense di Ain Al Asad - sia dei peshmerga che del malconcio esercito di Baghdad.
Ma evidentemente a Kirkuk tutto ciò non basta. E così la diffidenza regna sovrana, con persone che girano sistematicamente armate ed armi acquistabili persino al mercato, accanto ai cesti delle mele. Perché lo Stato Islamico non scherza, come confermano le ultime voci che parlano di un utilizzo - da parte dei fondamentalisti e contro i peshmerga - addirittura di armi al cloro. Il tutto mentre l'ONU, a proposito dell'offensiva del califfato in Iraq, non ha remore nel parlare di vero e proprio "genocidio" nei confronti degli yazidi.
Tuttavia, la vendita di armi è più discreta di quanto sembri. "Vendiamo solo ai curdi", spiega un agente in borghese. Ma un altro cittadino ammette: "tutti vogliono i kalashnikov, non solo i peshmerga". La paura dei fondamentalisti è diffusa, come spiegano altri ancora, che non venderebbero un'arma ad un arabo "neppure per mille dollari" e che ritengono tutti i sunniti della zona "affiliati allo Stato Islamico". Ma nonostante il rischio sia sempre dietro l'angolo - "ci sono anche curdi nelle file dello Stato Islamico", l'ammissione di un cittadino - la paura è mista a lucidità, come spiega bene un venditore di armi: "vendere per sbaglio ad un curdo fondamentalista? Sappiamo riconoscere i nemici". Chissà fino a quando. Questo il ritratto dell'odierna Kirkuk, una miccia pronta ad esplodere da un momento all'altro.



(International Business Times)

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