Nigeria Security Tracker: i numeri delle violenze di Boko Haram (e non solo)...
Di Emanuele Vena
Più di 30 mila morti. Le cifre della violenza perpetuata in Nigeria da maggio 2011 sono disponibili in uno studio del Council on Foreign Relations (CFR), associazione privata statunitense che si occupa dello studio e dell'analisi delle problematiche globali. Il rapporto, intitolato "Nigeria Security Tracker" (NST) e facente parte del cosiddetto "Africa Program" del CFR, traccia un bilancio di un quadriennio di morte e distruzione, perpetrato in buona parte dal movimento islamista Boko Haram, attivo nel nord della Nigeria, responsabile diretto ed esclusivo di oltre 10 mila vittime.
Come spiegato dallo studio stesso, i dati sono basati sulle cifre diffuse dai media nigeriani ed internazionali, ed in quanto tali suscettibili di manipolazioni. Ma come spiegato nello studio stesso, l'obiettivo è di fornire un quadro indicativo della situazione attuale nel Paese africano. L'analisi parte dalla fine di maggio del 2011, a seguito della vittoria elettorale del battista Jonathan Goodluck. La riconferma di Goodluck - che era già in carica dal 2010 quando, da vicepresidente, succedette allo scomparso Umaru Yar'Adua - alla presidenza della Nigeria viene dunque considerata lo spartiacque per l'escalation di violenze.
I picchi di violenza
Trentamila morti, si diceva. Distribuiti in quasi quattro anni in maniera disomogenea, con almeno tre picchi di violenza acuta. Il primo nel giugno 2013, con oltre 2 mila morti, a margine della dichiarazione dello stato di emergenza enunciata dal governo centrale nei tre stati di Borno, Yobe e Adamawa - ricevendo l'appoggio dei governi della zona per un'azione coordinata - cui ha fatto seguito l'inizio della caccia ai terroristi, che ha inasprito ulteriormente un clima già esacerbato. Il secondo, ancor più grave, è stato registrato nel marzo 2014, con oltre 3 mila vittime, anche qui causato da un notevole incremento della logica di rappresaglia e risposta: basti pensare all'attacco alla base militare di Giwa, nella città di Maiduguri, con cui Boko Haram liberò diverse centinaia di detenuti, scatenando la controffensiva massiccia del governo e lasciando oltre 600 morti sul terreno.
Il terzo è il momento attuale, che più che un singolo picco rappresenta un lungo periodo - da settembre 2014 ad oggi - di ulteriore escalation della violenza. Si parla di oltre 8 mila morti in meno di cinque mesi, di più di un quarto solo nelle prime settimane del 2015, soprattutto a seguito del sanguinoso massacro perpetrato dai militanti di Boko Haram nei villaggi di Baga tra il 3 ed il 7 gennaio, che ha fatto registrare oltre 2 mila vittime. Il simbolo di una situazione che ormai ha assunto una dimensione che va ben oltre la
L'epicentro
È il nordest il grande epicentro delle violenze, come ampiamente preventivabile. Ma i numeri vanno oltre le previsioni: secondo il NST, più dei due terzi delle vittime sono stati registrati solo nei tre stati in cui è stato dichiarato lo stato d'emergenza. La parte da padrone la fa il Borno - regione in cui sono comprese le già citate Baga e Maiduguri - in cui si contano oltre 17 mila vittime.
Ed ora? Un'escalation ad ampio raggio
Per il futuro prossimo, le cose sembrano destinate a peggiorare ulteriormente. Ai dati del NST si aggiungono le notizie inquietanti degli ultimi giorni, che ormai ampliano non solo le cifre ma anche il raggio della grave emergenza umanitaria. Se da un lato l'appuntamento elettorale nigeriano di febbraio può essere considerato un'occasione ghiotta per una nuova offensiva islamista, dall'altro va detto che la situazione non va certo meglio al di fuori della Nigeria. Fonti governative del Camerun hanno infatti diffuso un allarme, sottolineando la presenza di più di 10 mila persone in fuga dal Paese, per paura di possibili attentati da parte di Boko Haram.
A ciò si aggiunge l'atteggiamento del gruppo islamista, ormai sempre più proiettato in una sfida aperta ai governi della zona. Ne sono la dimostrazione gli ultimi video e dichiarazioni, con cui il gruppo avverte di avere un potenziale bellico in grado di distruggere sia Nigeria che Camerun. E nel frattempo il Ciad ha annunciato un dispiegamento di forze a sostegno degli stati sotto minaccia, in particolar modo lo stesso Camerun.
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Senza dimenticare il Niger, il cui presidente Mahamadou Issoufou è ormai sempre più nel mirino, in particolar modo dopo la visita di condoglianze al presidente Hollande in seguito alla strage del Charlie Hebdo. "È così che lavori? Ora vedrete cosa si abbatterà su di voi", la minaccia rivolta da Boko Haram ad Issoufou. E c'è da giurare che sia solo l'inizio.
(International Business Times)
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