Daish: un inizio o una fine?...
Certi movimenti islamisti scelgono la violenza come mezzo ultimo per far valere la loro concezione del rapporto tra la fede e lo Stato...
Di Khalid Hajji. La Libre (21/11/2014). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
Il mondo arabo è scosso da innumerevoli eventi che lasciano presagire esiti drammatici, se non tragici, invece che dei migliori risultati democratici o economici. Appena iniziata, la primavera araba si è rivelata precoce. La speranza di un domani migliore è culminata con l’emergere di Daish (conosciuto in Occidente come ISIS), uno Stato fanatico la cui vocazione è quella di giudicare tutte le forme di libertà al fine di far regnare “la legge divina”.
Cosa sta succedendo? Come si è arrivati a questo? Come far uscire i popoli arabi da questa situazione di forti turbolenze? Ecco delle domande che ci riguardano tutti in quanto musulmani e cittadini europei.
Per capire cosa succede, non è necessario concentrarsi solo sulla storia dell’islam e dei musulmani. Anche l’analisi di alti processi storici potrebbe darci delle chiavi di lettura adeguate per far luce non solo sui fattori che minacciano il mondo arabo, ma anche sul modo in cui i musulmani in Europa, soprattutto i giovani, sono influenzati da ciò che accade. Da un certo punto di vista, la traiettoria dell’islam politico che ha portato alla proclamazione del “Califfato islamico” presenta un parallelo storico con altri fenomeni sociologici, ad esempio quello delle generazioni del ’68.
L’affievolirsi degli ideali che stimolavano i giovani sessantottini ha generato comportamenti contraddittori: mentre alcuni hanno visto una continuazione del loro ideale nel femminismo, nell’ecologia, nelle riflessioni filosofiche, altri hanno scelto la via della violenza. Oggi, l’indebolimento dell’ideologia islamista ha generato più o meno le stesse reazioni: alcuni movimenti islamisti hanno colto l’occasione delle rivolte per trasformarsi in creature politiche pronte a tutto per schierasi sulla scacchiera; altri si chiedono se le società arabo-musulmane non sono state vittime di un grosso errore di scambio, mettendosi a ripensare al rapporto con la religione, la tradizione, la storia, etc. Altri ancora, scelgono la violenza come mezzo ultimo per far valere la loro concezione del rapporto tra la fede e lo Stato.
Tuttavia, senza sostegno militare, finanziario e strategico, Daish non darà molta strada. In realtà esso incarna l’inizio della fine, non solo di un movimento sociologico stimolato dal contesto sociale arabo post-coloniale, ma di uno stato d’animo alimentato per tutto il 20° secolo da una serie di confusioni create, da un lato, dall’insegnamento palliativo della “scienza della legge islamica”, e da un insegnamento moderno irrispettoso della saggezza locale, dall’altro.
È urgente riallacciare i rapporti con le ingiunzioni coraniche affinché partecipino all’arricchimento dei valori del nostro tempo. Per farlo, non c’è un cammino più breve della riforma dell’insegnamento delle scienze della religione e della formazione degli imam, sopratutto in Europa. ciò che oggi manca è un insegnamento religioso che favorisca l’apprendimento allo stesso tempo dello spirito della religione e di quello del nostro tempo, del nostro contesto di vita attuale. Stabilire un tale insegnamento potrebbe colmare la voragine che si apre dinnanzi ai giovani europei tra “l’essere sulla strada dell’islam” e “il vivere la routine della modernità”.
Musulmani europei: osiamo pensare al dopo-Daish; ripensiamo al nostro rapporto con la tradizione e con il mondo moderno! Sempre che i grandi giochi geostragetici lo favoriscano.
Khalid Hajji è uno scrittore e un ricercatore.
(ArabPress)
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