Crimea, la sacralità (dimenticata) dei diritti umani: i rapimenti, le sparizioni e le uccisioni degli attivisti anti-Russia...





Di Luca Lampugnani 

Fino ad allora Repubblica autonoma sotto controllo ucraino, l'11 marzo del 2014 la penisola di Crimea si è autoproclamata Repubblica indipendente. Pochi giorni dopo, il 16 dello stesso mese, i risultati di un referendum fortemente contestato ad Ovest - Unione Europea, Stati Uniti -, e sostenuto invece ad Est - Russia -, confermavano la volontà popolare (97% dei voti favorevoli) di tornare a vivere all'ombra del Cremlino.
Parlando giovedì in occasione dell'annuale discorso a camere riunite, il presidente russo Vladimir Putin ha ricordato ai parlamentari dell'Orso la valenza "sacrale" di tale "evento storico", del "ritorno" a casa di un porto fondamentale sul Mar Nero che da possedimento sovietico fu convertito ad ucraino il 19 febbraio del 1945. Tuttavia, mentre le parole del numero uno del Cremlino si susseguivano in elogi nazionalistici della Russia ed ironie in chiave anti-occidentale, tutta un'altra questione di sacralità legata alla Crimea - decisamente più alta ed importante - veniva e tutt'ora viene dimenticata o, più probabilmente, scientemente ignorata. Da quando la penisola è infatti tornata ad essere parte integrante della Federazione russa - il trattato di annessione è stato ratificato definitivamente dalla Duma il 20 marzo del 2014 -, le violazioni dei diritti umani, perpetrate tra violenze, repressione e sparizioni, come documentano numerosi report di varie ONG, sono all'ordine del giorno.

In tal senso, sostiene Human Rights Watch, dalla proclamazione della Crimea a Repubblica indipendente sono almeno 15 le persone scomparse, episodi che si dividono equamente a danno di esponenti tatari - la minoranza di fede musulmana che fu fortemente perseguitata dall'URSS, in larghissima parte contraria all'annessione - e di attivisti anti-Russia e pro-Ucraina. Un numero al ribasso, come conferma la stessa ONG newyorkese, che viene portato a 17 nelle parole raccolte da Al Jazeera di Mustafa Dzhemilev, ex dissidente dell'era sovietica e tra le personalità più in vista nella comunità tatara di Crimea. Ancora, le segnalazioni di rapimenti e sparizioni salgono sino a 21 secondo le autorità ucraine.

Della maggior parte di questi ancora oggi non si conosce il destino, mentre alcuni sono stati rilasciati e altri ritrovati morti. Tra quest'ultimi, da citare sono gli esempi di Reshat Ametov, Edem Asanov e Mark Ivanyuk: il primo, attivista tataro, è stato ritrovato il 15 marzo (la vigilia del referendum) nudo, con il viso avvolto nella plastica ed evidenti segni di percosse su tutto il corpo; il secondo, anch'esso di etnia tatara, dopo aver espresso la propria contrarietà all'annessione russa della Crimea su alcuni social network è stato trovato impiccato in circostanze ritenute dubbie; l'ultimo, Mark Ivanyuk, appena sedicenne, sarebbe stato picchiato a morte da alcuni agenti delle forze di auto-difesa della penisola (filo Mosca) perché si rifiutava di parlare la lingua russa, secondo i genitori.

(International Business Times)

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