Napoli, i segreti dell'università dei falsari...



Teoria nei retrobottega. Pratica a notte fonda. A Giuliano e dintorni si crea il 90% dei soldi fasulli nel mondo. Una gola profonda: «Così facciamo fesso lo Stato»

di Enzo Ciaccio



Di farne «traffico illecito» è stata accusata perfino Domenica Guardato, la mamma di Fortuna, sei anni, la bimba seviziata e uccisa nel Parco Verde a Caivano il 24 giugno 2014.
Lei, che è in guerra contro i pedofili del rione, nega e giura di una «trappola per farla stare zitta».
In Germania è stata rifilata perfino una banconota da 300 euro, notoriamente inesistente, ma talmente ben riprodotta - dicono - «da sembra autentica».
Le monete vengono chiamate «le scarpe». O «i pavimenti». Oppure anche «le cartoline» e «gli gnocchi».
Il dollaro (taroccato, ovviamente) viene chiamato o ‘mericano (l’americano).
O anche ’o cosariello e ’a ‘mbasciata (il messaggio).
ALTISSIMA QUALITÀ TECNICA. Il «consorzio» di bande di falsari (il famigerato Napoli Group) scoperto in questi giorni nel Napoletano dai carabinieri (56 provvedimenti giudiziari, tra arresti, notifiche, divieti di dimora) ha riportato alla luce l’enormità del traffico illecito di banconote e monete attivo nell’area a Nord di Napoli, l’altissima qualità tecnica del prodotto e degli strumenti utilizzati, le straordinarie ramificazioni internazionali (europee e Nord-africane) che i falsari sono riusciti a mettere in piedi coinvolgendo clan di primo livello e centinaia di poveracci per garantirsi omertà, coperture, protezioni, profitti da favola.
STIMATA E APPREZZATA SCUOLA. A suscitare stupore a livello planetario, oltre alla spaventosa dimensione del fenomeno, è la cosiddetta «scuola dei falsari», cioè la «stimata e apprezzata» “università” dei soldi fuorilegge che ha sede centrale a Giugliano, paesone ex agricolo di 100 mila anime, e succursali un po’ ovunque (da Aversa a Pozzuoli, da Marano ad Afragola) intorno al capoluogo vesuviano.

Per imparare arrivano da Romania, Albania, Marocco e Senegal

La “scuola”, come in una sorta di progetto Erasmus riservato ai delinquenti di mezzo mondo, attira da anni nei paesi intorno a Napoli (ma anche a Gallicano, paesotto in provincia di Roma) frotte di giovani “allievi” spediti con discrezione dalle rispettive bande di Francia, Spagna, Germania, Romania, Bulgaria, Albania, Senegal, Marocco, Tunisia, Algeria.
Tutti in classe, per imparare dai “mastri tipografi” napoletani l’antica arte della contraffazione.
LEZIONI ANCHE NELLE CHIESE. Racconta una “gola profonda”, senza nome né troppi scrupoli: «Le lezioni teoriche, per motivi di prudenza, vengono impartite a gruppi ristretti di studenti e si tengono nei luoghi più impensabili. Il retrobottega di un bar, lo spogliatoio di un campetto di calcio, perfino nella canonica di una chiesetta all’insaputa del parroco».
Il racconto continua: «Niente appunti né carte scritte, che fanno traccia e mica va bene. Per essere promossi, ci vogliono buone orecchie e memoria di ferro».
TIPOGRAFIE BEN APPARTATE. Poi, per la “pratica”, è inevitabile vedersi («A notte fonda, però», spiega l’anonimo) in qualche tipografia appartata ma ben attrezzata in cui erudire gli apprendisti sui segreti dell’euro «che sembra vero».
La stampa offset, gli ologrammi, l’occhio arguto fino all’ossessione, l’istinto. Così i 20 euro, colà i 50 euro.
«FACCIAMO FESSA BANKITALIA». E i trucchi, le furbizie, gli errori da evitare, il piacere orgasmico di «far fesso perfino quelli di Banca d’Italia».
Conferma l’anonimo: «Per i falsari più incalliti, al di là dei guadagni, produrre banconote perfette fa parte di una fissazione patologica. Per altri, è una sindrome da cui hanno rinunciato a guarire».

I corsi, come un vero master, costano caro

Chi conosce l’ambiente assicura che le lezioni dei mastri tipografi, come in un master che si rispetti, «costano caro».
E che solo una parte degli antichi segreti del “mestiere” viene rivelata agli studenti.
I “docenti”, artigiani abilissimi e spesso costretti dalle bande «a mettersi a disposizione» a suon di minacce, lo chiariscono fin dalla prima lezione: «Ragazzi, imparerete molto sulla tecnica per fare i soldi falsi, ma scordatevi che vi diremo tutto».
TRASFERTE NEL'EST EUROPA. Altrimenti, che monopolio sarebbe? Tra i mastri tipografi più accorsati c’è anche chi ogni tanto vola in trasferta (ben retribuita) in Polonia, Bulgaria, Romania a far lezione in loco alle nuove leve dell’Est europeo.
Racconta la gola profonda: «A Plovdiv e ad Askovo, nel Sud della Bulgaria, come a Varna sul mar Nero e alla periferia di Sofia, operano i maestri dei 200 euro falsi: autorità prestigiose, ma un po’ indietro a livello tecnologico rispetto ai napoletani».
QUI IL 90% DEGLI EURO FALSI. A Giugliano e dintorni si fabbrica il 90% degli euro falsi che invadono i Paesi dell’Euro-zona e il Nord Africa nonché il Medio Oriente e la Colombia.
Trattasi, assicurano i carabinieri, di un’organizzazione «che vanta relazioni internazionali di altissimo livello, forse perfino collegata ai terroristi di Al Qaeda e Isis e al traffico di armi, e di sicuro in amicizia con le bande criminali più feroci del mondo».

Coinvolti anche gli extracomunitari delle stazioni

Ma nel mastodontico business del falso si ritrovano coinvolti anche extracomunitari che bazzicano le stazioni ferroviarie (di Roma e di Napoli), torme di uomini e donne che, ai livelli più bassi, riproducono nei comportamenti riti, gag e modi di dire che ricordano Totò e Peppino De Filippo nel celebre film La banda degli onesti(1965, regia di Camillo Mastrocinque): in quella pellicola, un grappolo di poveracci che si ritrova tra le mani i chichè originali della Zecca di Stato tenta di riprodurre banconote da 10 mila lire senza mai riuscire a smerciarne una.
Poveracci, ma al di sopra di loro - nella realtà - comanda gente della malavita.
A OGNI STEP +10% DI COSTO. Lo spiega la gola profonda: «Ogni nucleo di Napoli group è composto da figure gerarchiche ben definite. C’è il committente, che investe il capitale (da 200 mila euro in su) per acquistare i macchinari offset, l’inchiostro, la carta. C’è il mastro tipografo, che comanda la fase operativa, si occupa della replica di ologrammi, filigrana e calcografia e di riprodurre alla perfezione disegni e effetti in rilievo. C’è il grossista, che piazza la merce sul mercato attraverso la folla dei dettaglianti. A ogni passaggio, la banconota costa il 10% in più. Se è ben  riuscita, anche il 20%».

Si fanno affari col traffico di armi e lo spaccio di droga

Sagre paesane, mercati, feste di paese costituiscono l’ambiente ideale per lo smercio facile dei soldi falsi.
Spesso però le banconote fasulle vengono utilizzate come merce di scambio in affari di ben più complessa dimensione criminale, a cominciare dal traffico mondiale di armi e dallo spaccio di droga.
Lombardia, Lazio, Veneto e Campania sono le regioni italiane che più soffrono lo smercio truffaldino.
Milano, Napoli, Torino e Firenze le città più bersagliate.
LE DONNE HANNO RUOLI APICALI. Le donne, nell’organizzazione, svolgono un ruolo importante. E spesso apicale, come dimostrano alcuni recenti arresti.
Si tratta di casalinghe, che usano un gergo umile e “domestico” per ingannare le forze dell’ordine quando parlano tra loro al telefono.
Le chiacchierate intercettate potrebbero suscitare perfino tenerezza, se non nascondessero reati di inaudita gravità: «Pronto, Carmelina? Sono la fruttivendola...». «Ah, sì: ciao. Sto aspettando quell’amico per venire da te a fare la spesa di Natale...». «Va bene, vi aspetto. Magari calo il paniere... (l’intermediario, ndr)».
Oppure: «Senti, a me servono due casse di minestra... mannaggia la miseria (l’imprecazione significa: voglio banconote false da 100 euro, ndr)... ma deve essere fresca, eh...».
O ancora, per fissare un inconfessabile appuntamento: «Ciao, vediamoci al civico 150... mi raccomando, porta le magliette della Roma».    

(Lettera 43)


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