Stato Islamico minaccia "per tutti"? I quesiti sollevati dopo la grande operazione antiterrorismo in Australia...





Di Luca Lampugnani

Giovedì 800 membri delle Forze dell'Ordine hanno compiuto 12 incursioni in altrettante abitazioni tra Sydney e Brisbane, rispettivamente capitale dello Stato del Nuovo Galles e città dello Stato del Queensland tra le più popolose dell'Australia. Al termine dell'intervento sono scattate le manette per 15 sospetti simpatizzanti dello Stato Islamico - due di questi sono rimasti agli arresti, nove sono stati rilasciati giovedì e i restanti venerdì  -, ritenuti a vario titolo parte di un'unica cospirazione che avrebbe dovuto prevedere decapitazioni in pubblico e casuali di cittadini australiani. Stando ad un comunicato della polizia si tratterebbe della "più grande operazione antiterrorismo della storia del Paese", portata a termine solo ad una settimana dall'innalzamento da "medio" ad "alto" del livello di allarme attentati effettuato dalle autorità di Canberra.

L'azione, come riporta ABC News, ha fatto sorgere numerosi focolai di protesta in alcuni quartieri di Sydney abitati prevalentemente da musulmani. Il primo ministro Tony Abbott, ad ogni modo, ha difeso la natura dell'operazione, che si sarebbe basata su prove concrete di una minaccia attiva da parte di un presunto leader dello Stato Islamico di origini australiane. Quest'ultimo, stando al premier, avrebbe lanciato un messaggio ad alcuni affiliati nel Paese esortandoli a compiere "uccisioni dimostrative" sulla falsa riga delle esecuzioni di James Foley Steven Sotloff e David Haines. "È stata una dimostrazione di forza", ha spiegato Abbott, aggiungendo che l'operazione è servita a mettere in chiaro quanto il Paese sia pronto a "rispondere con forza a qualsiasi minaccia alla sicurezza nazionale". L'Australia, insieme ad altri 39 Paesi, è membro attivo della grande coalizione internazionale voluta dagli Stati Uniti per colpire e sconfiggere lo Stato Islamico, partecipando tanto con forze di terra quanto con velivoli e membri dell'Aviazione.
L'episodio, come hanno rilevato diversi analisti, porta ancora una volta l'attenzione sul califfato e sulla sua effettiva capacità o meno di colpire all'infuori dei confini mediorientali. Tale aspetto, infatti, potrebbe metterebbe in luce una tendenza dello Stato Islamico a voler eguagliare, se non addirittura superare, Al Qaeda, ad oggi la più grande organizzazione terrorista della storia recente. Sul punto, ovviamente, le posizioni sono piuttosto discordanti.

In molti, infatti, ritengono come il presidente USA Barack Obama che lo Stato Islamico sia una vero e proprio pericolo "per tutti". E tale tesi potrebbe essere supportata da un recente filmato diffuso dallo stesso gruppo, dove senza troppi giri di parole gli Stati Uniti, l'Europa, e i partner della già citata coalizione internazionale vengono minacciati. L'attenzione, a questo punto, si concentra su quei combattenti 'stranieri' dello Stato Islamico, di altre organizzazioni o più semplicemente 'lupi solitari' che, dopo aver imbracciato le armi tra l'Iraq e la Siria, tornano in Patria diventando, a tutti gli effetti, un pericolo per la sicurezza interna. L'operazione australiana, la prima nei vari Paesi coinvolti nella guerra all'IS a smantellare una presunta azione terroristica, pone l'attenzione proprio su questa eventualità.
Tuttavia, stando a molti ricercatori ed esperti di Medio Oriente, difficilmente, quanto meno in tempi brevi, lo Stato Islamico sarà in grado di condurre operazioni simili all'attacco al Westgate di Nairobi o, peggio, agli attentati al trasporto pubblico di Londra nel 2005, entrambi di stampo qaedista. Piuttosto, il pericolo peggiore attualmente potrebbe essere quello di azioni a basso profilo, come l'uccisione di un soldato da parte di due individui nel sobborgo di Woolwich, in Inghilterra, l'anno scorso. "Per quanto riguarda lo Stato Islamico, non vedo potenziali minacce dirette in Australia o in qualsiasi altro Paese al momento ad eccezione di quelli mediorientali", ha spiegato al Washington Post Samuel Makinda, esperto di sicurezza e di relazioni internazionali della Murdoch University. Insomma, secondo quest'ultimo ed altri studiosi il gruppo che è espressione del califfato tra Siria e Iraq non ha in questa fase le capacità, in primo luogo politiche, per portare a termine azioni simili a quelle effettuate da Al Qaeda in passato. Discorso, questo, che sottolineerebbe ancora una volta le grandi differenze tra l'una e l'altra organizzazione, con lo Stato Islamico attualmente più concentrato, nonostante la propaganda, a mantenere e possibilmente ampliare le sue conquiste territoriali, conquiste cui Al Qaeda non è sostanzialmente mai arrivata, concentrandosi principalmente sulla lotta all'Occidente.


(International Business Times)

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