ISIS: quali effetti ha l'avanzata degli islamisti sull'economia dell'Iraq?....





Di Stefano Consiglio 
L'inarrestabile avanzata dell'ISIS attraverso l'Iraq sta causando numerose vittime tra la popolazione civile, in particolare tra le varie minoranze religiose presenti nel paese. La crisi irachena sta, inoltre, spingendo questa nazione verso il tracollo economico. Per comprendere la gravità di questa affermazione è necessario, anzitutto, fornire alcune indicazioni sull'economia irachena, per poi concentrarsi sulle conseguenze dell'invasione dell'ISIS.
Il petrolio rappresenta per l'Iraq la primaria fonte di entrate. Secondo i dati forniti dall'OPEC (Organizzazione dei Paesi Produttori di Petrolio) le riserve petrolifere di questo paese ammontano a circa 144 milioni di barili, facendone il terzo Stato in Medio Oriente per quantità di greggio dopo l'Arabia Saudita e l'Iran. L'attuale ritmo di produzione giornaliera corrisponde a quasi 3 milioni di barili. Le esportazioni garantiscono entrate per un valore pari a 89 milioni e 402 mila dollari, corrispondenti al 99 % del totale ( 89 milioni e 765 mila dollari). La produzione e la vendita del petrolio generano 230 milioni di dollari di PIL, pari al 54 % del prodotto interno lordo complessivo.
Oltre ai giacimenti petroliferi l'Iraq è anche dotato di estese riserve di gas, che secondo i dati forniti dall'International Energy Agency ne fanno il 10° paese al mondo per quantità. L'Iraq, a differenza di altri Stati mediorientali, dispone anche di buone risorse idriche, necessarie per lo sviluppo del settore agricolo. Fino alla fine degli anni '70 l'economia irachena mostrava un trend positivo, caratterizzato da un continuo sviluppo delle infrastrutture e da un benessere che ne faceva un paese a medio reddito. Le varie guerre che si sono succedute a partire dal 1980 (guerra Iran-Iraq; Prima Guerra del Golfo, Seconda guerra del Golfo) hanno assestato un duro colpo all'economia irachena. Oggi, secondo i dati forniti dalla Banca Mondiale, il 13 % della popolazione vive con meno di 50 dollari al mese. Molte infrastrutture sono state distrutte dai continui bombardamenti lanciati contro l'Iraq. Solamente il 12,5 % delle persone che hanno accesso alla rete pubblica riescono ad ottenere una fornitura di acqua stabile.
Un ulteriore problema dell'Iraq è rappresentato dal controllo esercitato dallo Stato sull'economia del Paese. Il settore petrolifero, in particolare, è quasi completamente nelle mani del Governo, che possiede una serie di società controllate anche nel settore agricolo e in quello manifatturiero. Allo scopo di mantenere il monopolio in diverse attività produttive, lo Stato ha limitato l'accesso al credito alle imprese private, introducendo complessi meccanismi per la loro creazione. Per questi motivi la Banca Mondiale, nel rapporto Doing Business del 2014, ha collocato l'Iraq al 151 posto su 189 nella lista dei paesi in cui è più facile portare avanti dei business. La popolazione irachena risulta fortemente dipendente dalle iniziative intraprese dall'esecutivo. Secondo i dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale, infatti, il 40 % degli iracheni è impiegato nel settore pubblico, preferito per la maggiore stabilità e per gli stipendi più elevati. Da quando al-Maliki è stato eletto a capo del Governo egli ha utilizzato questo controllo sull'economia irachena per favorire gli sciiti che abitano principalmente nelle regioni meridionali. Basti pensare che il livello di disoccupazione, che su scala nazionale ha un valore pari al 15 %, ha raggiunto vette del 30 % in province a maggioranza sunnita come quella di Anbar. Questa politica settaria di al-Maliki è stato uno dei fattori scatenanti della crisi che sta attanagliando in questo momento l'Iraq.

La conquista dell'Iraq settentrionale da parte dell'ISIS potrebbe determinare il definitivo tracollo della già fragile economia irachena. Negli ultimi 2 mesi, infatti, i miliziani jihadisti hanno conquistato diversi siti di produzione del petrolio, tra cui la raffineria di Baiji, una città situata circa 200 km a nord di Baghdad. Oltre agli estremisti islamici anche i Curdi rappresentano una minaccia per il Governo iracheno. Attualmente essi controllano il giacimento petrolifero di Kirkus, limitando di fatto le risorse petrolifere a disposizione di Baghdad di 1/4. Per il momento, tuttavia, l'avanzata dell'ISIS non rappresenta un pericolo eccessivo per l'economia irachena, dato che la maggior parte dei giacimenti petroliferi è concentrata nelle regioni meridionali, che si trovano sotto il controllo del Governo. Ciò non vuol dire che la situazione non sia preoccupante. Se infatti l'ISIS riuscisse ad estendere il proprio controllo raggiungendo alcuni giacimenti dell'Iraq meridionale, questa nazione potrebbe subire la stessa sorte toccata alla Libia dopo la caduta di Gheddafi. In quell'occasione si verificò un dimezzamento del PIL libico il quale, a sua volta, venne causato da una riduzione dei barili di petrolio prodotti ogni giorno da 1,5 milioni a 0,5 milioni.

In conclusione occorre ricordare che anche i Curdi, che in questo momento stanno combattendo contro l'ISIS con il supporto dell'aviazione irachena, hanno diversi motivi per opporsi a Baghdad e potrebbero approfittare dell'attuale situazione per rivendicare la propria indipendenza. A quel punto l'esercito iracheno si troverebbe costretto a combattere su due fronti, una situazione che unitamente all'instabilità politica dell'attuale Governo aprirebbe scenari decisamente allarmanti. 


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