Iraq, peshmerga in guerra contro l'Isis...



A sinistra, Mustafa Barzani, storico capo dei peshmerga. Al centro il figlio Masoud, oggi presidente del Kurdistan iracheno. A destra, il primo leader dei peshmerga Maḥmud Barzani.

di Barbara Ciolli

Hanno sconfitto Saddam alleandosi con gli Usa. E ora difendono Kirkuk dall'assalto degli estremisti islamici. Chi sono i guerriglieri curdi che si battono per uno Stato autonomo.

Da generazioni ogni famiglia curda possiede almeno un peshmerga che la protegge.
Può essere il nonno, il papà, o anche una mamma. Nella storia di ogni curdo c'è sempre un parente che si è battuto da eroe.
I soldati che nell'arco di una notte hanno installato check point e ripreso il controllo di Kirkuk, salvando la capitale del petrolio iracheno dall'assalto dell'Isis, i jihadisti dello Stato dell'Iraq e del Levante, sono ormai diventati protagonisti delle cronache di guerra.
Prima del loro intervento, erano poco conosciuti in Occidente dove, per la lotta e i trascorsi di Abdullah Öcalan, sono molto più famosi i guerriglieri del Pkk (Partito del lavoratori curdi) nella vicina Turchia.
UN SECOLO DI STORIA. Eppure i peshmerga curdi (ci sono anche quelli afghani pashtun) del Medio Oriente hanno una storia molto più lunga del Pkk, nato come partito politico clandestino negli Anni 70 ad Ankara, e diventato movimento armato un decennio dopo.
Le origini dei peshmerga risalgono, infatti, alla fine del 1800, a cavallo tra l'Iraq e l'Iran, nei territori dell'Impero Ottomano in disfacimento, come forza nata per la ricostituzione e la difesa di uno Stato curdo ancora inesistente.
Chiamarli ancora guerriglieri, però, è sbagliato.
UN ESERCITO REGIONALE. Dalla guerra a Saddam Hussein del 2003, con la successiva costituzione della Regione autonoma del Kurdistan, i peshmerga sono diventati una forza regolare di 200 mila unità, che opera in difesa dei territori federali con Erbil come capitale.
Comandante in capo è il presidente del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, già comandante dei guerriglieri peshmerga come lo furono il padre Mustafa e anche l'attuale presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani.


La straordinaria preparazione bellica che ha permesso ai peshmerga di conquistare i giacimenti petroliferi di Kirkuk - capitale culturale di curdi e turkmeni, al centro di un lungo contenzioso con Baghdad - si deve all'addestramento e alla lunga esperienza sul campo, come pure alle lotte per l'indipendenza del XIX secolo.
Insieme con le divisioni della Cia, nel 2003 i peshmerga curdi spianarono il campo alle truppe americane dell'operazione Iraqi Freedom, combattendo poi, da alleati, nella guerra contro Saddam che ne ha segnato la legittimazione come corpo regolare.
LA RIVOLUZIONE DI BARZANI. Già con l'operazione Desert Storm, comunque, imponendo una no-fly zone nei cieli del Kurdistan, gli Usa permisero, de facto, la ricostituzione della regione autonoma che, all'inizio degli Anni 70, Saddam aveva permesso, salvo poi farla saltare riaprendo gli scontri con i guerriglieri.
Nell'Iraq moderno, il primo conflitto tra l'esercito e i curdi era esploso 10 anni prima, quando Mustafa Barzani nel 1961 dichiarò guerra alle autorità di Baghdad, riunendo sotto il suo comando 20 mila volontari.
LA REPUBBLICA DI MAHABAD. Nell'autoproclamata repubblica di Mahabad - embrione del primo Stato curdo nel Nord dell'Iran - anche se solo per poche stagioni (tra il 1946 e il 1947) i peshmerga erano ascesi al rango di forze armate ufficiali. E non fu difficile per Barzani, che ne era stato anima politica e comandante militare, rientrare nei territori curdi iracheni, per tentare, come fondatore del Partito democratico curdo (Kdp), la rivoluzione contro il regime.
Padre di uno Stato in fieri, per i curdi Barzani è poi diventato l'eroe nazionale, al pari dei peshmerga che, nell'immaginario collettivo, sono un simbolo storico, culturale e identitario, che va ben oltre gli encomi militari.

I miliziani pronti a battersi fino alla morte

In curdo, peshmerga significa «fronte della morte». Coloro che, per il loro popolo, sono pronti a battersi fino all'ultimo sangue.
Nel loro pantheon, oltre a Barzani, merita un posto pure Maḥmud Barzani (non c'è alcuna parentela tra i due), primo leader e organizzatore dei guerriglieri.
Dal 1919 lo stratega curdo iracheno, approfittando della caduta dell'Impero Ottomano e del declino del colonialismo, iniziò a reclutare miliziani anche tra i curdi iraniani, sferrando offensive contro l'esercito britannico.
Autoproclamatosi re del Kurdistan, nel 1924 venne sconfitto definitivamente dagli inglesi che incoronarono l'arabo Faisal I re dell'Iraq, in funzione anti-ottomana.
UNA FORZA LATENTE. Dall'inizio del secolo breve, i curdi sanno fare la guerra, essendo stati mandati in trincea in rinforzo all'esercito ottomano nel Grande conflitto mondiale.
Dopo l'esperienza al fronte e le insurrezioni con Barzani, i peshmerga sono rimasti una forza latente, pronta a ricompattarsi a ogni opportunità di creare uno Stato autonomo.
DONNE TRA I GUERRIGLIERI. Tra i loro corpi ci sono battaglioni di donne, allertati per la crisi dell'Isis e negli avamposti lungo le frontiere, in difesa del territorio dalle minacce esterne.
Tra le armi a loro disposizione, oltre ai kalashnikov e alle mitragliatrici antiaeree, impiegati dai tempi della lunga guerriglia, con il conflitto del 2003 si sono aggiunte forniture americane e migliaia, tra mezzi pesanti armati e pezzi d'artiglieria, di armi dell'arsenale di Saddam.
ARMI DI USA ED EX URSS. L'esercito regionale del Kurdistan è anche dotato di elicotteri di produzione sovietica, americana e francese, e di armi leggere tedesche.
«I miei fratelli erano peshmerga, i miei zii pure. Così come tutta la mia famiglia. Ho deciso di diventarlo per il sogno di un Paese libero e indipendente. Rimarrò peshmerga fino a quando diventeremo uno Stato», raccontava Nahida, 30enne generale capo del battaglione femminile, dalle montagne del Kurdistan iracheno, prima della guerra.
«Sono un soldato che ambisce alla pace. Mi piacerebbe sedermi al tavolo dei negoziati e trovare una soluzione grazie alla diplomazia. Ma, se è necessario, sacrificherò la mia vita per la pace».
Giovedì, 26 Giugno 2014
(Lettera 43)

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