GIBUTI. Crisi umanitaria dopo 4 anni di siccità...





Gibuti, Robert Watkins

Nella minuscola repubblica del Corno d’Africa un quarto della popolazione non ha cibo e acqua a sufficienza. Londra teme altri attacchi degli Shabaab somali. Il Paese sfrutta la sua posizione strategica per contrasto alla pirateria e ad al Qaeda, ma la ricchezza non è equamente distribuita 

Roma, 13 giugno 2014, Nena News  – Minuscolo e per lo più dimenticato dalla stampa internazionale, il Gibuti è un Paese in emergenza umanitaria a causa della siccità che ha colpito l’Africa orientale dal 2010.
Un quarto della popolazione soffre la mancanza di beni di prima necessità, cibo e acqua, e la crisi ha provocato un esodo dalle zone rurali. L’allarme è stato lanciato ieri dalle Nazioni Unite, secondo cui oltre 190.000 degli 850.000 abitanti hanno bisogno di assistenza umanitaria. Tra cui si contano anche i 27.000 rifugiati nel Paese, in prevalenza dalla turbolenta Somalia.
Il coordinatore Onu per il Gibuti, Robert Watkins, ha parlato di una popolazione raddoppiata nella capital Gibuti, che adesso ospita l’85 per cento deli abitanti della piccola Repubblica del Corno d’Africa che è anche luogo di transito per i tanti profughi che dai posti del Paese tentano di raggiungere le coste dello Yemen. L’anno scorso sarebbero stati circa centomila i migranti in transito. Un’altra emergenza che interessa il Paese e si aggiunge anche a quella dei pirati attivi al largo delle coste somale. Il porto di Gibuti è la base delle operazioni antipirateria ed è un rilevante avamposto strategico nel Corno d’Africa per il contrasto ad al Qaeda.
I riflettori si sono accesi sul Paese dopo che la Gran Bretagna ieri ha avvertito del rischio di sconfinamenti del gruppo islamista somalo degli Shabaab che, secondo Londra, starebbe pianificando nuovi attacchi nel piccolo e solitamente tranquillo Stato. Lo scorso mese un kamikaze si è fatto saltare in aria in un ristorante della capitale, uccidendo una persona. Un attacco che potrebbe essere legato alla partecipazione del Gibuti alle operazioni delle forze dell’Unione Africana in Somalia contro gli Shabaab.
Watkins ha auspicato una maggiore attenzione al Paese. Sinora è stato raccolto soltanto il 13 per cento dei 55 milioni di euro necessari per far fronte all’emergenza quest’anno. hanno risposto all’appello Stati Uniti, Unione europea e Giappone. Tokyo ha aperto in questo Paese la sua prima e ultima base militare all’estero dalla Seconda Guerra Mondiale. Una presenza militare che si aggiunge a quella francese, con cui il governo di Gibuti ha un rapporto preferenziale, e a quella statunitense (la base di Camp Lemonier).
Nonostante la crisi umanitaria in atto, il Gibuti non è affatto un Paese povero. Gode di investimenti diretti internazionali, come quello nella gestione ventennale del porto della capitale, e il suo tasso di crescita annuo supera abbondantemente il 5 per cento. Tuttavia l’indice di sviluppo umano è tra i più bassi al mondo a causa della mancata distribuzione della ricchezza e nelle campagne del Paese il tasso di malnutrizione resta alto.

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