Caccia ad Abu Bakr, il nuovo Bin Laden: taglia da 10milioni di dollari sullo "sceicco invisibile"...
di Roberto Romagnoli
Lo “sceicco invisibile” che guida le milizie sunnite dello Stato dell’Iraq e della Siria (Isis), nome di battaglia Abu Bakr al-Baghdadi, sarebbe originario di Samarra, poco a sud di Tikrit, e avrebbe 43 anni.
Nel 2003, quando gli Stati Uniti invasero l’Iraq, l“invisibile” era clerico in una moschea di Samarra. Durante l’occupazione trascorse quattro anni a Camp Bucca luogo di detenzione Usa di molti comandanti di al Qaeda. Dall’ottobre 2011 è al secondo posto - dopo il leader di al Qaeda Ayman Zawahiri - nella lista Usa dei terroristi più ricercati con una taglia - vivo o morto di 10 milioni di dollari.
Di lui esistono in circolazione solamente due fotografie in bianco e nero: una senza e una, piuttosto sbiadita, con barba e baffi fornita lo scorso gennaio dalle autorità irachene. Ma Abu Bakr al-Baghdadi non è “invisibile” solo per i suoi nemici: in pochi, anche tra i suoi combattenti, lo hanno visto in faccia. Si muove sul terreno di guerra sempre con un copricapo nero. Niente video in stile bin Laden cosa che aumenterebbe la possibilità di essere individuato, o tradito da qualche suo combattente che potrebbe sacrificare l’obbedienza all’Allah della guerra in cambio dei 10 milioni di dollari. Qundi ridurre il rischio di far la fine del suo predecessore, Abu Musab al Zarqawi, eliminato nel 2006 da un raid aereo Usa.
AL MALIKI
Nel 2009 diviene capo dell’Isis: il suo obiettivo primario è una jihad in chiave antisciita. Di fronte si trova il premier al Maliki, ancora oggi in carica, che porta avanti una politica altrettanto feroce contro la popolazione sunnita. Le forze speciali irachene arrestano, e torturano migliaia di giovani sunniti, eliminano tutti gli oppositori politici. Eccessi che fanno da fertilizzante alla difficile opera di reclutamento di al Baghdadi. Nel 2010 combatte in Siria nel fronte al Nusra contro il regime di Assad.
La sua scalata verso la notorietà produce risentimento in Zawahiri che gli suggerisce di lasciar perdere il fronte siriano e di concentrarsi sull’Iraq. Nel gennaio 2013 la popolazione sunnita, stanca della persecuzione, si ribella pacificamente; la risposta del governo iracheno non è altrettanto pacifica. Sarà questa reazione violenta a segnare il confine tra un Isis sulla difensiva a un Isis d’assalto. Cominciano una serie di attacchi alle prigioni, tra cui quella di Abu Ghraib, da dove i jihadisti fanno fuggire migliaia di prigionieri.
Per centinaia, il ringraziamento sarà il passaggio sotto le insegne nere dell’Isis che a gennaio fanno ingresso a Falluja che cade nelle mani delle milizie sunnite che ora sventolano su Mosul, parte di Tikrit, Samarra e in tanti altri piccoli villaggi. Vessilli neri che nei piani di al Baghdadi dovrebbero diventare il simbolo del “Sunnistan”, uno stato islamico in cui far confluire l’anima estremista dei sunniti iracheni e siriani. Il “Sunnistan” del nuovo bin Laden.
Nel 2003, quando gli Stati Uniti invasero l’Iraq, l“invisibile” era clerico in una moschea di Samarra. Durante l’occupazione trascorse quattro anni a Camp Bucca luogo di detenzione Usa di molti comandanti di al Qaeda. Dall’ottobre 2011 è al secondo posto - dopo il leader di al Qaeda Ayman Zawahiri - nella lista Usa dei terroristi più ricercati con una taglia - vivo o morto di 10 milioni di dollari.
Di lui esistono in circolazione solamente due fotografie in bianco e nero: una senza e una, piuttosto sbiadita, con barba e baffi fornita lo scorso gennaio dalle autorità irachene. Ma Abu Bakr al-Baghdadi non è “invisibile” solo per i suoi nemici: in pochi, anche tra i suoi combattenti, lo hanno visto in faccia. Si muove sul terreno di guerra sempre con un copricapo nero. Niente video in stile bin Laden cosa che aumenterebbe la possibilità di essere individuato, o tradito da qualche suo combattente che potrebbe sacrificare l’obbedienza all’Allah della guerra in cambio dei 10 milioni di dollari. Qundi ridurre il rischio di far la fine del suo predecessore, Abu Musab al Zarqawi, eliminato nel 2006 da un raid aereo Usa.
AL MALIKI
Nel 2009 diviene capo dell’Isis: il suo obiettivo primario è una jihad in chiave antisciita. Di fronte si trova il premier al Maliki, ancora oggi in carica, che porta avanti una politica altrettanto feroce contro la popolazione sunnita. Le forze speciali irachene arrestano, e torturano migliaia di giovani sunniti, eliminano tutti gli oppositori politici. Eccessi che fanno da fertilizzante alla difficile opera di reclutamento di al Baghdadi. Nel 2010 combatte in Siria nel fronte al Nusra contro il regime di Assad.
La sua scalata verso la notorietà produce risentimento in Zawahiri che gli suggerisce di lasciar perdere il fronte siriano e di concentrarsi sull’Iraq. Nel gennaio 2013 la popolazione sunnita, stanca della persecuzione, si ribella pacificamente; la risposta del governo iracheno non è altrettanto pacifica. Sarà questa reazione violenta a segnare il confine tra un Isis sulla difensiva a un Isis d’assalto. Cominciano una serie di attacchi alle prigioni, tra cui quella di Abu Ghraib, da dove i jihadisti fanno fuggire migliaia di prigionieri.
Per centinaia, il ringraziamento sarà il passaggio sotto le insegne nere dell’Isis che a gennaio fanno ingresso a Falluja che cade nelle mani delle milizie sunnite che ora sventolano su Mosul, parte di Tikrit, Samarra e in tanti altri piccoli villaggi. Vessilli neri che nei piani di al Baghdadi dovrebbero diventare il simbolo del “Sunnistan”, uno stato islamico in cui far confluire l’anima estremista dei sunniti iracheni e siriani. Il “Sunnistan” del nuovo bin Laden.
(Il Messaggero.it)
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