Cosa significa essere una sposa bambina...
Una sposa bambina - Foto di Stephanie Sinclair
di Irene Tuzi
Ogni anno almeno 14 milioni di bambine nel mondo sono costrette a contrarre matrimonio prima dei 18 anni. Private della loro infanzia e del loro diritto all’istruzione, alla salute e alla sicurezza, vengono date in spose a uomini spesso molto più vecchi di loro. I matrimoni precoci sono un problema globale che attraversa paesi, culture, religioni ed etnie e mette le donne particolarmente a rischio di violenza sessuale, fisica e psicologica per tutta la vita. Le ragazze che si sposano prima dei 18 anni sono più esposte agli abusi domestici rispetto alle loro coetanee non sposate. In alcuni paesi musulmani i matrimoni infantili, anche se non autorizzati dallo Stato, vengono contratti ugualmente secondo la Shari’a, che non pone limiti di età per sposarsi (la terza moglie del profeta Maometto, Aisha, aveva meno di 10 anni al momento del matrimonio).
La “Top 20″ di Girls not brides. Girls Not Brides, un collettivo di oltre 300 organizzazioni della società civile di 50 paesi diversi, ha elaborato una classifica che prende in esame i matrimoni contratti in età infantile (sotto i 18 anni) in 130 paesi tra il 2002 e il 2011. Questa classifica mette in evidenza la “top 20” dei paesi in cui questo problema è più diffuso. Al primo posto vi è il Niger (dove il 76,6% delle spose ha meno di 18 anni), seguito da Repubblica Centroafricana, Chad, Bangladesh, Guinea, Mali, Sudan del Sud, Burkina Faso, Malawi e Mozambico. Poi Madagascar, India, Eritrea, Somalia, Sierra Leone, Zambia, Repubblica Dominicana, Etiopia, Nicaragua e Nepal. Questa classifica evidenzia come siano i paesi più poveri ad avere una maggiore concentrazione di matrimoni infantili ed è proprio nelle famiglie più povere, dove le figlie femmine sono viste come un peso, che si ricorre più spesso a questa pratica. In questi paesi il mantenimento delle ragazze e la loro istruzione sono spesso troppo onerosi per la famiglia, mentre la loro verginità dà valore aggiunto al matrimonio. Per alcune culture e religioni il fine del matrimonio non è tanto la procreazione (e dunque non è un problema contrarre matrimonio prima della pubertà), è piuttosto un rimedio alla concupiscenza. L’islam ad esempio non concepisce la castità e il matrimonio è un modo per regolare e regolamentare l’attività sessuale e il disordine che essa potrebbe causare. In questi contesti ciò che importa è la verginità della futura sposa, che può essere considerata un oggetto sessuale, e dunque in grado di contrarre matrimonio, anche prima della pubertà.
Iraq: spose a 9 anni? In alcuni paesi il fenomeno dei matrimoni infantili è caratterizzato da un’età ancora minore delle spose. Solo poche settimane fa, l’Iraq ha emanato un progetto di legge che se approvato legalizzerebbe il matrimonio per le bambine a partire dai 9 anni. Se approvata, la legge Jaafari (che si basa sui principi della scuola di giurisprudenza religiosa sciita fondata dall’Imam Jaafar al-Sadiq) limiterebbe i diritti delle donne in vari aspetti della vita e permetterebbe agli uomini la poligamia, caduta in disuso nel XX secolo quando l’Iraq si dirigeva verso la secolarizzazione e la modernizzazione e illegale secondo le leggi vigenti. La proposta, che ha scatenato polemiche e proteste (come questo flash-mob nella capitale irachena), si rivolge alla comunità sciita (in maggioranza in Iraq) e contiene anche disposizioni che impedirebbero alle donne di uscire di casa senza il permesso dei loro mariti e darebbero il diritto al marito di avere rapporti sessuali con la moglie a prescindere dal suo consenso, legalizzando in questo modo lo stupro coniugale. Il disegno ha ancora bisogno dell’approvazione del Parlamento per diventare legge vera e propria e il voto è stato rinviato a dopo le elezioni legislative che si sono tenute mercoledì 30 aprile. Semplice mossa politica di al-Maliki per attirare i favori dei religiosi più intransigenti o una sorta di “rivalsa sciita”? Presto lo scopriremo, ma se approvata questa legge sarebbe un vero e proprio crimine contro l’umanità e riporterebbe l’Iraq, il cui codice di famiglia è considerato uno dei più progressisti del mondo arabo, indietro di molti anni.
I rischi per la salute. Il matrimonio infantile può avere conseguenze devastanti per la salute di una ragazza perché incoraggia l’attività sessuale in un’età in cui i corpi delle ragazze si stanno ancora sviluppando e in cui esse non sono fisicamente o emotivamente pronte a partorire. Le spose bambine affrontano un più alto rischio di morte durante il parto e sono particolarmente vulnerabili alle complicazioni legate alla gravidanza come la fistola ostetrica. Inoltre, come specifica Girls Not Brides, è estremamente difficile per spose bambine far valere i propri desideri e bisogni ai mariti, di solito molto più anziani, in particolare quando si tratta di decidere pratiche sessuali sicure e l’uso di metodi di pianificazione familiare. Esse devono poi affrontare una forte pressione sociale per dimostrare la loro fertilità. Anche i figli delle spose bambine sono a rischio di maggiore mortalità infantile, sono superiori al 50% i bambini nati morti e le morti neonatali per le donne che partoriscono sotto i 20 anni rispetto alle donne che partoriscono più tardi. Il matrimonio precoce spesso significa anche la fine dell’istruzione per le ragazze. L’abbandono scolastico è infatti strettamente connesso ai matrimoni infantili, che negano alle bambine il diritto all’istruzione di cui hanno bisogno per il loro sviluppo personale, per la loro preparazione all’età adulta e per la loro capacità di contribuire alla famiglia all’interno della comunità. Fuori della scuola alle spose bambine è negata la possibilità di apprendere le competenze che potrebbero aiutarle ad avere un lavoro permettendo anche ai loro figli ad uscire dalla povertà. Alle ragazze sposate che desiderano continuare a studiare è praticamente e legalmente negata la possibilità di farlo. Il matrimonio infantile è un grave ostacolo al progresso. Oltre il 60% delle spose bambine nei paesi in via di sviluppo non hanno avuto alcuna istruzione e molte ragazze non sono possono studiare a causa del ruolo che tradizionalmente sono tenute a svolgere in casa e anche perché i genitori non riconoscono per loro il valore dell’istruzione.
Il Fattore povertà. Le spose bambine hanno più probabilità di provenire da una famiglia povera e di rimanere povere. Laddove la povertà è più diffusa, dare una figlia in sposa permette ai genitori di ridurre le spese familiari e avere una persona in meno da sfamare, vestire ed educare. Nelle comunità in cui le transazioni economiche sono parte integrante del processo del matrimonio, la dote o il ‘prezzo della sposa’ è spesso fonte di reddito per le famiglie più povere. Un circolo di povertà da cui non si può uscire e che si trasmette di generazione in generazione. Il matrimonio precoce è una grave violazione dei diritti umani che colpisce i diritti dei bambini e delle donne e mette a rischio la loro salute, l’istruzione, l’uguaglianza, la non discriminazione e la possibilità di vivere libere dalla violenza e dallo sfruttamento. Questi sono diritti sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani, dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia (CRC) e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW). In alcuni casi inoltre, il matrimonio è considerato una forma di schiavitù perché le bambine vengono effettivamente comprate e vendute con il pretesto del matrimonio e per fini di sfruttamento sessuale. Nelle zone in cui le ragazze sono ad alto rischio di violenza fisica o sessuale, alcuni genitori scelgono di far sposare la loro figlia perché credono che il matrimonio garantisca la sua sicurezza in aree in cui i pericoli e i rischi che affrontano le ragazze sono gravi e numerosi. Tuttavia il matrimonio precoce non fornisce un’alternativa sicura.
Cosa si può fare? Il Fondo delle Nazioni Unite per le Popolazioni (UNFPA) ha stimato un aumento sempre maggiore del problema nel prossimo decennio, tanto che si prevede che tra il 2021 e il 2030 saranno 15 milioni ogni anno le ragazze sotto i 18 anni costrette a sposarsi. Alcuni paesi come l’Iraq invece di invertire la tendenza cercano di ovviare al problema legalizzando gli abusi.
La maggior parte dei paesi ha leggi per l’età minima legale per contrarre matrimonio, ma spesso esse non vengono applicate. Altri paesi continuano ad avere un’età legale inferiore a quella stabilita nella Convenzione sui diritti dell’infanzia. Tuttavia le leggi da sole non metteranno fine ai matrimoni infantili perché se questa pratica rimane radicata nella tradizione coloro che ne sono coinvolti sono spesso anche inconsapevoli delle conseguenze, della portata e dell’impatto negativo che ha questa pratica. L’istruzione è uno degli strumenti più potenti per ritardare l’età in cui le ragazze si sposano e la frequenza scolastica aiuta a posticipare il matrimonio. Migliorare l’accesso delle ragazze a un’istruzione di qualità aumenterebbe la probabilità di ottenere un’istruzione secondaria e aiuterebbe a ritardare il matrimonio. Allo stesso tempo, aumentando la consapevolezza e l’informazione si aiuterebbe a combattere questa pratica in quei paesi in cui, essendo legata alla tradizione, non se ne riconoscono i rischi. Secondo Girls Not Brides anche i leader religiosi possono svolgere un ruolo chiave nella guerra ai matrimoni infantili, schierandosi contro di essi e cambiando gli atteggiamenti della comunità. L’arcivescovo Desmond Tutu è un esempio di atteggiamento positivo in quanto si è più volte schierato con forza contro questa pratica affinché se ne ponga fine entro il 2030. Girls Not Brides propone infine l’introduzione di incentivi economici che possano contribuire a incoraggiare le famiglie a prendere in considerazione alternative al matrimonio infantile. Questi incentivi comprendono programmi di microfinanza per aiutare le ragazze e le loro famiglie e la concessione di prestiti e sussidi che supportino i genitori di ragazze a rischio di diventare spose bambine.
La maggior parte dei paesi ha leggi per l’età minima legale per contrarre matrimonio, ma spesso esse non vengono applicate. Altri paesi continuano ad avere un’età legale inferiore a quella stabilita nella Convenzione sui diritti dell’infanzia. Tuttavia le leggi da sole non metteranno fine ai matrimoni infantili perché se questa pratica rimane radicata nella tradizione coloro che ne sono coinvolti sono spesso anche inconsapevoli delle conseguenze, della portata e dell’impatto negativo che ha questa pratica. L’istruzione è uno degli strumenti più potenti per ritardare l’età in cui le ragazze si sposano e la frequenza scolastica aiuta a posticipare il matrimonio. Migliorare l’accesso delle ragazze a un’istruzione di qualità aumenterebbe la probabilità di ottenere un’istruzione secondaria e aiuterebbe a ritardare il matrimonio. Allo stesso tempo, aumentando la consapevolezza e l’informazione si aiuterebbe a combattere questa pratica in quei paesi in cui, essendo legata alla tradizione, non se ne riconoscono i rischi. Secondo Girls Not Brides anche i leader religiosi possono svolgere un ruolo chiave nella guerra ai matrimoni infantili, schierandosi contro di essi e cambiando gli atteggiamenti della comunità. L’arcivescovo Desmond Tutu è un esempio di atteggiamento positivo in quanto si è più volte schierato con forza contro questa pratica affinché se ne ponga fine entro il 2030. Girls Not Brides propone infine l’introduzione di incentivi economici che possano contribuire a incoraggiare le famiglie a prendere in considerazione alternative al matrimonio infantile. Questi incentivi comprendono programmi di microfinanza per aiutare le ragazze e le loro famiglie e la concessione di prestiti e sussidi che supportino i genitori di ragazze a rischio di diventare spose bambine.
Frontierenews.it)
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