CENTRAFRICA ESCALATION DI VIOLENZE, ONU: “STIAMO FALLENDO”...





Un giornalista è stato ucciso e un altro è rimasto gravemente ferito in violenze notturne a Bangui: lo hanno annunciato fonti di polizia nella capitale centrafricana. La notizia di una nuova ondata di attacchi nei pressi del quartier Pk5 è stata riferita solo oggi, ma i fatti risalgono alla notte tra martedì e mercoledì. Désiré Sayengas, redattore del giornale Le Démocrate è deceduto in ospedale per le ferite riportate mentre René Padou, collaboratore dell’emittente protestante Voice of Grace, è ricoverato in gravi condizioni dopo essere stato attaccato nella sua abitazione, dove il fratello maggiore è stato assassinato da ignoti.

Nella notte tra martedì e mercoledì disordini si sono scatenati in seguito all’uccisione in condizioni poco chiare di un giovane musulmano. Centinaia di civili sono fuggiti dalle loro case per trovare rifugio nei centri sfollati della capitale dopo che gruppi di giovani musulmani armati residenti nel Pk5 hanno preso di mira i quartieri a maggioranza cristiana. Dopo l’evacuazione di centinaia di musulmani dal Pk12, a Bangui il quartiere del Pk5 rimane l’unica enclave di confessione musulmana.

Intanto dal nord, a centinaia di chilometri da Bangui, è giunta la notizia di un pesante attacco contro la località di Markounda, messa a soqquadro da “uomini arrivati dal Ciad, a piedi e a cavallo”. Migliaia di persone sono fuggite e hanno trovato rifugio dall’altra parte del confine, nel villaggio ciadiano di Komba. Dalle testimonianze è emerso che gli assalitori, di cui alcuni indossavano una divisa e altri un turbante, parlavano l’idioma peul e hanno appiccato il fuoco a gran parte delle abitazioni. Il vice prefetto di Markounda Lucien Mbaigotto ha riferito di aver chiesto il dispiegamento di militari della forza africana Misca in città, ma la sua domanda è rimasta senza risposta. “Posso assicurarvi che le frontiere del Ciad sono controllate e sicure. Nessuno può superare i confini per attaccare il Centrafrica” ha assicurato il portavoce del governo di N’Djamena, Hassan Sylla.

Il perdurare delle violenze nel paese tuttavia, ha spinto il responsabile delle operazioni umanitarie dell’Onu, John Ging, a riconoscere che “finora, col popolo centrafricano, abbiamo fallito”. Nel corso di una visita nel paese, Ging ha riscontrato “un deteriorarsi significativo della situazione” ma anche un “sentimento diffuso di rassegnazione” tra la gente. L’alto dirigente Onu si è detto allarmato per il fatto che “ormai la popolazione punta il dito contro i musulmani o i cristiani e non più contro generici gruppi armati”. Ging ha poi sottolineato che la comunità internazionale “non ha dispiegato un numero adeguato di forze di sicurezza” e ha sbloccato solo il 28% dei fondi richiesti, “troppo poco per cambiare la situazione”.

(MISNA)

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