Egitto: lo strapotere dell'Esercito aiutato dagli Emirati Arabi Uniti...
Di Luca Lampugnani | 27.03.2014 19:47 CET
È ormai sempre più evidente che l'Egitto si avvia ad una nuova era di strapotere dell'Esercito, risvolto che segnerà in sostanza il terzo governo autoritario nel giro di pochi anni. La triste realtà è infatti che il Cairo è stato teatro di due Primavere arabe finite l'una peggio dell'altra: dalle proteste che hanno portato alla destituzione di Hosni Mubarak sono nate le basi per una democrazia che è stata poi tradita da Mohamed Morsi, l'ex presidente deposto dalle Forze Armate lo scorso 3 luglio. Così, dopo mesi di governo ad interim e di tensione sociale alle stelle - aggravata soprattutto dalla decisione di rendere i Fratelli Musulmani un movimento illegale -, il Paese sta assumendo giorno dopo giorno i tratti somatici di Abdul Fattah al-Sisi, generale dell'Esercito, uomo chiave nei giorni che hanno portato alla caduta di Morsi e, soprattutto, candidato di punta (se non l'unico) a ricoprire il ruolo di prossima guida dell'Egitto. Al-Sisi, come già specificato più volte nelle scorse settimane, è attualmente uno degli uomini più potenti di tutto lo Stato, forte dell'appoggio tanto dei cittadini - o almeno di una buona fetta di loro - quanto di alcuni Paesi del Golfo che hanno sorriso alla destituzione di Morsi e al conseguente giro di vite sui Fratelli Musulmani. Sostegno, quest'ultimo, che non si traduce solo in pacche sulle spalle o in dichiarazioni di circostanza - non si è mai fatto segreto dell'appoggio a quello che viene definito "cammino del progresso egiziano" -, anzi.
Secondo quanto riportato da Reuters, infatti, gli Emirati Arabi Uniti hanno avviato una stretta collaborazione con l'Egitto per una serie di aiuti che finanzino la costruzione di case, ospedali, scuole e soprattutto silos per la conservazione del grano. Mossa, quest'ultima, che aiuterebbe il Paese a sgravare le attuali spese di importazione e quindi la sua dipendenza dai mercati internazionali, nonché a risparmiare all'incirca mezzo miliardo di dollari che finisce ogni anno in fumo in seguito alla perdita di 1,6 tonnellate di grano. Gli incontri e i colloqui, però, hanno sempre visto la partecipazione fondamentale dell'Esercito, come confermato dal generale Taher Abdullah, numero uno dell'Autorità di Ingegneria delle Forze Armate: "i funzionari degli Emirati Arabi Uniti ci hanno detto 'sosterremo il popolo egiziano, ma attraverso l'Esercito. Se il popolo vuole un ospedale, a costruirlo dovranno essere le forze armate'". Risvolto questo che si potrebbe dire del tutto differente rispetto a quello messo in campo nel mese di ottobre, quando nell'annunciare un pacchetto di aiuti da 4,9 miliardi di dollari gli Emirati Arabi Uniti non menzionarono neanche lontanamente l'Esercito.
Eppure il coinvolgimento delle Forze Armate si sarebbe reso necessario proprio all'inizio di quest'anno, quando il Ministero degli Investimenti ha indetto una gara d'appalto per la costruzione di 4 dei 25 silos dove, però, il costo era tre volte superiore rispetto a quello progettato dagli EAU. Quest'ultimi, secondo quanto riporta Reuters, avrebbero fatto quindi pressioni sul governo ad interim affinché bloccasse la gara (minacciando che non sarebbero arrivati finanziamenti), indicendo conseguentemente un incontro con tre diversi ministeri egiziani, la compagnia statale egiziana che si occupa dei silos - Egypt's General Silos and Storage Company (GSSC) - e alcuni funzionari dell'Esercito. Realtà che sembra trovare conferma anche nelle parole di Sherif Oteifa, consigliere del Ministero degli Investimenti che oltre a rivelare che si stanno tenendo incontri settimanali per discutere del tema silos ha annunciato: "siamo soddisfatti del coinvolgimento dell'Esercito. Questo contribuisce a velocizzare le operazioni. Ma le forze armate - conclude -, non saranno coinvolte nelle costruzioni: le offerte arriveranno da aziende pubbliche e private".
Insomma, gli Emirati Arabi Uniti si confermano pronti ad intervenire in aiuto dell'Egitto, ma sembra ormai precondizione fondamentale che le operazioni avvengano sotto il controllo dell'Esercito, sollevando dubbi rispetto alla separazione dei poteri nel Paese e soprattutto agitando ancora di più lo spauracchio di un ritorno ad un potere nelle mani dei colonnelli. "Gli EAU voglio essere sicuri che i loro soldi vadano nel posto giusto, e pensano che l'Esercito sia il veicolo migliore affinché questo accada", spiega una fonte anonima del GSSC citata della Reuters.
Intanto, proprio mercoledì, al-Sisi ha sciolto le riserve annunciando ufficialmente la sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali. A segnare questo passo (del tutto aspettato, la voce si rincorreva da settimane se non mesi) è stata l'approvazione alla candidatura da parte del Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF), l'organo militare più importante del Paese. Nel frattempo Sisi si è dimesso sia da ministro della Difesa che da capo dell'Esercito. Lo scenario per il prossimo futuro dell'Egitto è quindi ormai segnato: tra qualche mese si terranno elezioni dove con percentuali plebiscitarie l'ex generale sarà acclamato come nuovo presidente, dando molto probabilmente il la ad una nuova ondata di violenze tra i fedeli al deposto Morsi e al movimento dei Fratelli Musulmani, con il rischio ulteriore direpressioni dure e senza pietà di un Esercito inebriato dai fumi del potere ritrovato.
(International Business Time)
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