Punire Aleppo...
Le “barrel bomb” di Assad sono la sintesi della sua strategia: costano poco, sono casuali, fanno male.
Il 15 dicembre il governo siriano ha lanciato una campagna di bombardamenti con gli elicotteri sui quartieri di Aleppo fuori dal suo controllo. L’attacco dal cielo è andato avanti per dieci giorni – giovedì e venerdì c’è stato un rallentamento – e ha ucciso almeno 400 civili, secondo il bilancio più cauto, e un quarto sono donne e bambini. La città si era tenuta a lato della ribellione cominciata quasi tre anni fa fino al luglio 2012, quando divenne suo malgrado un campo di battaglia aspramente conteso tra i gruppi ribelli e i soldati del presidente Bashar el Assad, ma non era ancora stata punita con un’operazione militare così dura e deliberata. Un abitante che racconta la città per il sito al Monitor con lo pseudonimo Edward Dark e ha una posizione molto critica nei confronti dei ribelli descrive così i dieci giorni di bombe governative: “Un grottesco carnevale di morte, di devastazione e di carneficine perpetrato contro i cittadini senza speranze e senza aiuti di questa antica città che soffre da tempo”.
Tra ottobre e novembre c’era stata una pausa nei bombardamenti, mentre il governo siriano lanciava una offensiva di terra che poi si è smorzata e spenta nei quartieri sud della città. Gli elicotteri di Assad usano armi apparse per la prima volta nell’agosto dell’anno scorso, le cosiddette “barrel bomb”, che nella loro forma base sono ex barili di carburante riempiti con esplosivo e pezzi di metallo. Le prime barrel bomb erano così rudimentali da avere una miccia a combustione e per questo detonavano quando erano ancora in aria oppure si schiantavano al suolo senza scoppiare: la ratio era di un solo ordigno esploso ogni cinque, scrive l’esperto in testate da guerra Richard Lloyd sul sito specializzato Brown Moses. Ora però l’esercito siriano ha aggiunto delle pinne per stabilizzare i barili durante il volo, un detonatore a contatto sul muso per farli scoppiare quando toccano terra e molto più esplosivo. Dato che Aleppo è una città di palazzoni residenziali alti e di vie strette, l’effetto dei bombardamenti è spesso catastrofico.
Inoltre i piloti del governo volano a una quota più alta del solito per paura dei missili terra-aria e quando lasciano cadere i barili esplosivi non c’è alcuna pretesa di colpire con precisione. Un rumor che qui si cita soltanto per spiegare cosa si pensa ad Aleppo in questi giorni sostiene che Assad starebbe usando piloti nordcoreani – tra i due eserciti c’è una lunga consuetudine di scambi – perché i piloti siriani non vorrebbero fare queste missioni.
L’uso delle barrel bomb conferma la linea tenuta dal presidente Assad in questi 32 mesi: per lui la guerra civile è una lotta esistenziale contro un nemico che non accetta un prolungamento della sua vita (politica). Non può finire con un compromesso e va condotta con efficacia brutale: il barile è totalmente casuale ma infligge danni consistenti a prezzo contenuto in missioni che possono essere replicate all’infinito, il barile è quindi adatto per Assad.
Una seconda strategia anti civili è stata usata alla periferia di Damasco, nel quartiere di Muhammadiyah, che si è appena arreso ai soldati perché gli abitanti non hanno retto al blocco totale dei viveri. L’esercito è arrivato al punto di bloccare un viadotto che passava sopra la zona per evitare che dalle auto fossero gettati pacchi di viveri quando cominciarono a circolare le prime immagini di bambini morti per denutrizione.
Il presidente siriano non teme più conseguenze ed è rassicurato nella convinzione che l’occidente non ha alcuna voglia di interferire, ora che è passata la momentanea eccitazione d’agosto per la strage con le armi chimiche. Un mese prima della Conferenza di pace di Montreux in Svizzera del 10 gennaio bombarda a volontà la città più popolosa del paese. L’opposizione comincia a sospettare che ai negoziati si tratterà la riconciliazione tra Assad e l’occidente e non tra Assad e i ribelli.
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