Dalla Siria passando per il Lario Il viaggio di chi scappa da Damasco Un centinaio fermati al confine...

In queste settimane al confine tra Italia e Svizzera i controlli sono aumentati per prevenire l’ondata di profughi
di Ro.Can
Dogana tra Como e la Svizzera (Cusa)
Dogana tra Como e la Svizzera (Cusa)

Como, 6 novembre 2013 - Anche sulle barche dei disperati c’è una prima e una terza classe. Se ne sono accorti in queste settimane al confine tra Italia e Svizzera dove i controlli sono aumentati per prevenire l’ondata di profughi, finora, solo annunciata, proveniente da Lampedusa. Ne fermano una media di un centinaio a settimana, pochi al valico ferroviario di Como-Brogeda, dove si lasciano sorprendere soprattutto tunisini e nigeriani convinti di poter espatriare verso il Nord Europa con il permesso temporaneo dato loro dalla Prefettura, il grosso viene fermato entro una decina di chilometri dal confine. Tra di loro sono stati individuati anche i primi siriani, alcune decine fino quelli che hanno cercato di arrivare in Svezia o Danimarca passando dalla Svizzera.
A differenza degli altri immigrati l’esodo in questo caso interessa intere famiglie, solitamente appartenenti alle classi più agiate. Tra i fermati ci sono medici e ingegneri i quali per arrivare fin qui hanno speso migliaia di euro e assoldato dei passatori, con il compito di guidarli attraverso i valichi non più sorvegliati. Quando si accorgono che qualcosa è andato storto abbandonano i loro clienti e fuggono, a piedi o in auto, con i siriani che sconsolati si rivolgono alla Polizia di Confine chiedendo di aiutarli a raggiungere i loro parenti all’estero. 
Di passaggio in Svizzera, alcuni con decine di migliaia di euro con sé per pagarsi il viaggio e le spese necessarie per cominciare una nuova vita, più che il confino in un centro di accoglienza temporanea rischiano l’incriminazione per contrabbando di valuta. A differenza degli altri immigrati provenienti dal Nord Africa, che si fanno trovare senza passaporto chiedendo lo status di rifugiati, i siriani temono l’identificazione, pensando che una volta schedati faranno fatica a raggiungere la Germania e da lì i Paesi del Nord Europa. Piuttosto che fornire le impronte digitali preferiscono tornarsene momentaneamente in Italia per ritentare, in un altro momento il viaggio della speranza.
Finora in un paio di mesi ne sono stati fermati meno di un centinaio, grazie all’occhio di falco dei droni dell’esercito svizzero, momentaneamente utilizzati a presidio del confine con l’Italia, in grado d’individuare i convogli sospetti da oltre tremila metri di quota. Il resto lo fa la polizia a terra fermando le auto e i furgoni. Un’emergenza di fronte alla quale la Confederazione elvetica ha deciso di concedere per il momento 500 visti umanitari, che saranno però assegnati al termine di un’istruttoria affidata all’ambasciata scudocrociata di Damasco. Fedele alla propria neutralità la Svizzera vuole in questo modo evitare di accogliere persone immischiate con il regime o criminali....
(IL GIORNO Como)

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