Shady Hamadi racconta la rivoluzione siriana...(Iª parte)

Volevo che quest’intervista si fondasse precipuamente sulla condizione umana e sulla realtà umanitaria. Volevo che il contributo mediatico fosse posto in evidenza e in discussione. Vorrei che scuotesse le coscienze civili di chi le dà per scontate...
Sebbene questa debba essere definita senza titubanze una rivolta del popolo, le influenze esterne hanno anch’esse contribuito al verificarsi degli eventi: a sostegno dei ribelli o a sostegno del governo di Bashar al-Assad. Infine si parla di più di “chi ne parla”, piuttosto che della Siria stessa: raccontaci cosa succede dentro la Siria. Cosa vivono i siriani in Siria e i profughi siriani all’estero?
Ti racconto questo episodio. Ero a Tripoli, in Libano, a marzo di quest’anno. Eravamo seduti in una caffetteria, quando è arrivata una ragazza, direttamente da Homs, una città ormai disabitata, distrutta. Ci mostra una cartella con all’interno delle foto raffiguranti un montagnetta di giocattoli e dei bambini. Ci ha raccontato che a Homs, durante il giorno, dedicano delle ore per la ricreazione dei bambini, per distrarli dal rumore delle armi e per aiutarli psicologicamente. Questo è ciò che avviene nei quartieri assediati.
 C’era poi un ragazzo di 23, forse 24 anni, che combatte nell’Esercito Siriano Libero (Dio sa se è ancora vivo). Ci ha raccontato che al mattino presidia il check-point, mentre la sera fa lezione per i bambini (di storia, di geografia ecc.) per restituire loro un po’ di quotidianità. Ancora a Homs, realizzano una telenovela che si chiama “Gli specchi”. È una telenovela comica, in cui loro rappresentano chi combatte comicamente la vita sotto assedio. Ricordo un episodio in particolare in cui inscenavano il programma “Super star”. Per entrarvi bisognava passare per una porta che chiamavano “porta della morte”. Alcuni entravano, altri rimanevano fuori. Li prendevano in giro: “Allora, sei sicuro di voler diventare un martire?”. Ci ridono sopra. In un altro episodio si travestivano da trogloditi, con tanto di clava, di elmo, e raffiguravano come sarebbe stata Homs tra cinquant’anni, sotto assedio, ferma al tempo della pietra.
Questa è una reazione straordinaria. Homs è sempre stata famosa per l’arte comica. Durante l’invasione mongola in Siria, si racconta fosse stata l’unica città risparmiata da Tamerlano, perché gli abitanti, privi di armi, si comportarono da pazzi e così l’esercito mongolo, scioccato da questa folle reazione, decise di desistere. A Homs, come nel resto della Siria, vi sono una serie di strutture di soccorso e di ospedali clandestini facilmente raggiungibili, che si occupano di curare i feriti che non possono recarsi negli ospedali nazionali. In molti casi chi si reca negli ospedali nazionali viene torturato a morte, viene ucciso perché dell’opposizione o perché civile. Come se non fosse importante l’uccisione di un siriano, se non avviene con i gas. I beni di prima necessità scarseggiano: c’è inflazione e i raccolti, da due anni a questa parte, sono saltati. È noto inoltre come gli uomini di Assad abbiano più volte colpito i panifici, durante le file per prendere il pane. Bisogna sopperire a tutto ciò per garantire comunque un minimo d’istruzione ai bambini. È necessario organizzare delle per tutelarne l’infanzia. Non c’è lungimiranza da parte delle organizzazioni internazionali. Avrebbero dovuto stanziare da tempo denaro sufficiente per le emergenze umanitarie. Sette milioni di profughi (cinque interni, due esterni) sono troppi.
Siria e siriani
Ti ho posto la precedente domanda nella volontà di scindere l’aspetto politico d’élite, diplomatico, dalla condizione umana e dalla realtà umanitaria. Quali sono oggi le presenze forti tra la popolazione, le organizzazioni di riferimento?
All’interno di ogni campo esistono strutture gestite dagli stessi profughi interni, in collegamento con la diaspora esterna. Gestiscono gli aiuti provenienti dalle organizzazioni internazionali o dalle organizzazioni politiche della dissidenza siriana. Molte di esse sono state create dai siriani stessi: siamo noi a sopperire all’assenza internazionale, a questa vergogna. Quantitativamente le organizzazioni sono molte, ma questa stessa molteplicità ha dato origine al mercato nero. Così gli aiuti vengono venduti, piuttosto che donati, e non arrivano alla popolazione. Tutto ciò a causa dell’elevato tasso di criminalità presente in Siria, ulteriormente accentuato dall’assenza dello Stato. La situazione si differenzia molto anche in base alla zona: Aleppo, situata a nord, è più facilmente raggiungibile rispetto a Homs, nella quale non si riesce a intervenire. La mia famiglia è di Homs, non si riesce a far arrivare nulla: la città è circondata dai check-point e dall’esercito.
Come giustifichi la scarsa tempestività degli interventi in Siria? La consideri strategica o ritieni che gli eventi siano stati sottovalutati?
Il sentimento principale in Siria è quello di abbandono, frustrazione, di non essere stati capiti. Oggi si parla di due schieramenti: il fondamentalismo e il regime siriano. In mezzo ci sono la società civile e l’esercito democratico siriano, completamente abbandonato a se stesso: si trova a combattere per una Siria laica, democratica e plurale, ma con scarsità di mezzi. Al contrario il fondamentalismo riceve grossi finanziamenti. La rivoluzione siriana è perennemente tradita. La società civile, schierata sia contro la dittatura, sia contro il fondamentalismo, è stata abbandonata e sacrificata. La ribellione era nata pacificamente, in difesa della libertà e della dignità dell’individuo.
Oggi i siriani sono vittime di chi ammazza in nome di Dio e di chi ammazza in nome di Assad: qual è la differenza?
Vengono torturati: «Di’ che Assad è il tuo Dio!». Stiamo ancora pagando il prezzo dell’11 settembre. La comunità internazionale ha lasciato passare due anni e mezzo, scegliendo la strategia della neutralità, descrivendo Assad come un Mubarak o un Ben Ali moderato, come se la laicità giustificasse il massacro di 150mila persone. Assad non può essere giustificato perché protegge le minoranze in Siria. L’attendismo è dovuto, infine, al fatto che egli non era solo, ma sostenuto da Russia e Iraq. Per Assad si è poi finalmente materializzato il fondamentalismo in Siria: ha sempre detto che non c’era nessuna rivoluzione, che combattevano contro i fondamentalisti. La società siriana sa che stare con i fondamentalisti è accordarsi con il diavolo. La comunità internazionale non farà nulla, adoperando lo spettro del fondamentalismo per giustificarsi, ma la guerra in Siria non è iniziata nel 2011.
I media occidentali lavorano spesso in modo schematico e stereotipato, vuoi per la prudenza suggerita dalla poca conoscenza della materia, vuoi per semplicità. L’attuale situazione siriana è stata a tuo parere riportata fedelmente? Credi che determinati aspetti, a cominciare da quello umanitario, debbano essere maggiormente valorizzati, in virtù di una più efficace sensibilizzazione?
Mediaticamente la Siria non era sufficientemente conosciuta, così oggi la situazione viene analizzata in modo superficiale. I libri, al contrario, sono un ottimo strumento di comunicazione: lettere aperte alla società civile italiana. La narrativa è un ottimo strumento per insegnare alla società civile la cultura dei diritti umani e del riconoscimento dei diritti umani. I giornali si indignano per tre morti americani, ma non per le centinaia di migliaia di morti siriani. Vuol dire non considerarli, non riconoscerli come esseri umani.
Al contrario, in che modo stanno lavorando i media siriani? In quale direzione?

media siriani ufficiali sostengono il regime. Quelli non ufficiali, schierati con l’opposizione, stanno svolgendo un ottimo lavoro. Molte delle notizie che ci arrivano dall’Occidente non sono considerate attendibili, sebbene giungano in realtà direttamente dalla Siria: molti ragazzi filmano ciò che vedono, per poi diffonderlo su YouTube. È come se nella rivoluzione siriana scomparissero i fatti e restassero solo le opinioni. Non riconoscere il lavoro di chi diffonde quei filmati è quello che si potrebbe definire il “paradosso della testimonianza”. Negando il valore di queste testimonianze, neghiamo il valore di quelle vite...
(AGORA VOX)

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