Siria: donne due volte vittime, di violenza ed esclusione Isolate da società,sempre più spesso subiscono attacchi e stupri...

(di Chiara Rancati) (ANSAMed) - PARIGI, 12 SET - Nell'inferno della guerra siriana, le donne vivono una doppia tragedia: minacciate quotidianamente da scontri armati, bombardamenti e ritorsioni violente, e allo stesso tempo spogliate della loro autonomia e del loro ruolo sociale e professionale in un contesto in cui i miliziani islamisti conquistano sempre più potere.

''Le donne sono un elemento del tessuto sociale che oggi è sofferente, maltrattato. Hanno perso la speranza, ma anche la possibilità di esercitare le proprie capacità nella vita pubblica, per colpa di casi di estremismo che sono una novità assoluta per la Siria'', racconta Yasmin Merie, rappresentante della Coalizione nazionale siriana, durante un incontro conferenza sulla situazione delle donne nel Paese organizzata dal governo francese a margine della conferenza ministeriale dell'Unione per il Mediterraneo sulle questioni di genere e la condizione femminile. Prima della guerra, prosegue, la Siria era un Paese di islamici moderati, che aveva ''una percentuale di donne istruite molto elevata, se paragonata ad altri Paesi arabi'', ma oggi in molte regioni le milizie estremiste esercitano un controllo molto stretto sui loro comportamenti, e chi prima lavorava e si muoveva liberamente oggi si chiude in casa per paura di ritorsioni.

''La nuova malattia del territorio siriano sono i gruppi jihadisti - conferma Samar Yazbek, presidentessa dell'associazione femminile Soriyat - impediscono alle donne di uscire se non sono velate e di lavorare fuori casa, a volte prendono delle giovani e le costringono a sposare dei combattenti stranieri, che così aggrediscono la società, si infiltrano per cambiarla''. Indebolite dalla guerra e prive di fonti di sostentamento per sè e i loro figli, molte donne cedono a queste angherie, mettendo la salute della famiglia davanti ai loro diritti personali. ''Per questo diverse associazioni locali lavorano a piccoli progetti che permettano alle donne di restare economicamente autonome - spiega - di non aver bisogno dell'aiuto di questi gruppi, e quindi di mantenere il loro ruolo sociale e la loro presenza nello spazio pubblico''. La speranza è di riuscire a ricreare quel tessuto sociale che garantiva un minimo di sicurezza alle donne, e le metteva al riparo dalla violenza, sopratutto di natura sessuale. Perché oggi, in Siria, gli stupri sono diventati un'arma di guerra, politica e comunitaria, utilizzata dai combattenti di entrambi gli schieramenti. Per i militari fedeli al regime di Bashar el-Assad sono uno strumento di repressione, a danno delle numerose donne e ragazze che militano nell'opposizione, ma anche di pressione sui prigionieri maschi, ''di cui - racconta un'operatice umanitaria, che chiede di restare anonima - catturano le mogli, o le sorelle, e le stuprano davanti ai loro occhi, come forma di tortura''. Per gli jihadisti, invece, sono un modo di vincolare i combattenti alla loro causa, offrendo loro giovani adolescenti come ''spose temporanee'' per i periodi che trascorrono in Siria.

''Queste donne restano vittime di gravi problemi psicologici e medici - aggiunge - perché al di là del trauma della violenza c'è la questione del tabù, che è molto forte nella società islamica, e dell'onore, dato che la perdita della verginità rappresenta una grossa onta per la donna e la sua famiglia. Per questo è difficile raccogliere numeri e testimonianze, molte donne non riescono nemmeno a parlarne. Spesso mettendo in pericolo la propria salute, perché queste violenze possono portare gravidanze, malattie sessualmente trasmissibili, traumi genitali gravi. E' difficile curare chi ha paura di essere curato''...
(ANSAMED)

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