Così si combatte la cyberguerra in Siria...

Sfida tra hacker per spegnere
le comunicazioni del nemico:
l’ultima frontiera del conflitto
tra i filo-Assad e gli oppositori
ENRICO CAPORALE
La guerra tra Damasco e l’Occidente è già iniziata. In Rete. A sferrare il primo attacco è stato il regime di Assad, attraverso gli hacker del Syrian Electronic Army (Sea), volto virtuale della repressione. Pirati informatici senza scrupoli, si definiscono indipendenti, ma costituiscono di fatto la milizia digitale dell’esercito. Nella notte tra martedì e mercoledì, mentre Barack Obama rifletteva sul blitz, hanno messo ko il sito del «New York Times», giornale online più cliccato del mondo. 

«Un colpo propagandistico di tutto rispetto», spiega Kenneth Geers, analista della società di cybersicurezza FireEye. Ma come è stato possibile? L’attacco è avvenuto attraverso una modifica nei DNS del sito, ovvero nell’indirizzo numerico che contraddistingue ogni pagina Internet. In un crescendo di cyber-violenza sono stati presi di mira Usa Today, Huffington Post e Twitter: sugli sfondi di molti utenti sono apparse le immagini del Sea. Gli attacchi sono partiti da un dominio registrato dall’azienda Melbourne IT.  

Non è la prima volta che gli hacker siriani sfregiano il Web (di recente sono stati colpiti anche Washington Post e Al Jazeera). Un 19enne nascosto dietro lo pseudonimo «Th3 Pro» dice di esserne il leader, ma – accusano i ribelli – il gruppo è finanziato dall’uomo d’affari Rami Makhlouf, proprietario di SyriaTel e cugino di Assad. I cyber-attacchi partirebbero dagli Stati «amici», come Russia e Iran. Il colpo più clamoroso risale al 23 aprile 2013 contro l’account Twitter dell’Associated Press: un falso cinguettio che annunciava l’esplosione di due bombe alla Casa Bianca e il ferimento di Obama fece crollare Wall Street. 

Ma la cyberguerra è soprattutto in Siria. Dall’inizio del conflitto i pirati di Assad avrebbero oscurato centinaia di siti che, attraverso messaggi, mail o radio-pirata (è in arrivo anche un’app per smartphone) forniscono avvisi sugli attacchi dei missili Scud. Il Syrian Electronic Army, oltretutto, gode del supporto di altri cybercriminali, come gli Yemen Hackers, i Muslim Hackers o i Syrian Hackers School. Gli oppositori provano a difendersi. Fra i gruppi più attivi risaltano i Pirati di Aleppo: nati da un ex Sea, lavorano in parallelo con i Falcons of Damascus, pubblicando online le mappe delle aree a rischio bombardamenti. Il loro leader è Ahmed Hiedar: da una piccola stanza d’hotel in Turchia guida la lotta contro il regime: «Ho spento la tv di Stato – dice - ben 13 volte»....
(La Stampa.it)

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