Sequestrato ad Al Raqqa Padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita dal cuore siriano...
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La notizia è arrivata nella notte del 29 luglio come una doccia fredda: Padre Paolo Dall’Oglio, religioso gesuita è stato sequestrato ad Al Raqqa, città del nord est della Siria. Le voci sui suoi presunti sequestratori sono contraddittorie e la preoccupazione per la sorte del religioso gesuita è grandissima e si unisce all’ansia per un altro connazionale, il giornalista Domenico Quirico, rapito nelle vicinanze di Homs il 29 aprile scorso.
Ma chi Padre Paolo Dall’Oglio? È sicuramente il religioso cristiano più conosciuto e più amato tra i siriani d’Italia per le sue coraggiose prese di posizione contro le politiche sanguinarie del regime di bashar al assad.
Da 30 anni in Siria, fondatore della comunità monastica di Mar Musa, immersa in uno scenario di grande suggestione, esempio straordinario di convivenza tra persone di confessione diversa, Padre Paolo è da sempre impegnato negli sforzi di riconciliazione interna. Nel 2012 le autorità di Damasco hanno deciso di espellerlo dalla Siria, secondo notizie confermate all’Ansa dallo stesso padre gesuita. Il religioso, dai primi anni ’80 in Siria e autore della rinascita dell’antico monastero di San Mosé l’Abissino, si era fatto promotore di un tentativo di mediazione nella difficile situazione nel Paese. “Bisogna evitare il bagno di sangue”, aveva scritto in un testo in cui proponeva un approdo ad un sistema democratico basato sul consenso di tutte le componenti sociali, etniche e religiose siriane. Ammonito più volte dal regime di Damasco, pur di salvare la sua comunità religiosa, Padre Dall’Oglio nel giugno 2012 aveva accettato, “tramite il vescovo, di interrompere la mia attività di partecipazione alla discussione politica. Perché i miei doveri ecclesiali sono più importanti, ma anche perché evidentemente non è apprezzata”.Ciò, tuttavia, non è bastato a placare l’ira di al assad, che ha poi deciso comunque per la sua espulsione.
Da allora il gesuita, rientrato in Italia, ha intrapreso un cammino di denuncia e sensibilizzazione sul dramma siriano, non risparmiando mai critiche all’indifferenza di certi ambienti religiosi, considerati “conniventi” con il regime ed esortando il mondo ad uscire dal suo silenzio complice. Padre Paolo ha stupito molte persone, che da un religioso non si sarebbero aspettati prese di posizione così nette, ma proprio la sua vocazione al bene e alla pace lo ha sempre spinto a parlare in modo diretto, schietto, senza paura. Il religioso gesuita è particolarmente amato dal popolo siriano, anche tra i siriani d’Italia e dai suoi connazionali che spesso, proprio grazie al suo impegno, hanno preso a cuore la causa siriana, scoprendo realtà taciute dai media internazionali. È riuscito a unire, grazie al suo impegno per rompere il muro di omertà, cristiani, musulmani e laici, che nelle sue parole di amore per il popolo e nelle sue denunce contro le violenze perpetrate dal regime contro la popolazione inerme hanno trovato un punto di unione fondamentale.
Nonostante l’espulsione Padre Paolo è tornato più volte in Siria, per portare il suo sostegno a quella che è stata la sua famiglia per trent’anni: i civili siriani. È entrato in segreto, così come in segreto entrano i giornalisti e gli operatori umanitari che vogliono porre fine all’isolamento e al silenzio imposto sulla Siria. È evidente che religiosi, addetti all’informazione e volontari non sono graditi al regime, né tantomeno alle bande che oggi scorrazzano in Siria combattendo una loro guerra parallela, che non ha nulla a che vedere con le legittime richieste di pace, democrazia e giustizia per cui il popolo siriano è sceso in piazza nel 2011.
Chiunque abbia sequestrato Padre Paolo Dall’Oglio ha commesso un crimine gravissimo. Padre Paolo Dall’Oglio è un figlio acquisito della Siria, il suo cuore batte all’unisono con quello della popolazione inerme.
L’auspicio più profondo è che il religioso venga rilasciato immediatamente e, insieme a lui venga rilasciato il collega Domenico Quirico. Conoscendolo, Padre Paolo mi chiederebbe di non scrivere un articolo su di lui, ma tramite la sua storia denunciare per l’ennesima volta il genocidio in Siria, dove anche ieri sono morte oltre 150 persone e dove ogni mese si registra la perdita di almeno 5000 vite umane. Fino a quando resisterà il muro dell’omertà internazionale?...
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non si metta fine alla parola pace in Siria.