Allarme Onu: 6 mila profughi al giorno, in Siria la crisi umanitaria più grave dai massacri in Ruanda degli Anni 90...

Il regime di Assad guadagna terreno
e prepara l’offensiva contro Aleppo.
MAURIZIO MOLINARI
CORRISPONDENTE DA NEW YORK
La guerra civile in Siria crea almeno 6 mila profughi al giorno ed è divenuta la maggiore crisi umanitaria dai massacri in Ruanda a metà degli anni Novanta: sono le Nazioni Unite e rinnovare l’allarme per quanto sta avvenendo nel Paese arabo entrato nel terzo anno di violenze, stimando in almeno 1,8 milioni il totale dei rifugiati.  

Si tratta di un’emergenza umanitaria che fa aumentare le dimensioni dei campi rifugiati in Turchia, Libano e soprattutto Giordania dove in particolare i profughi siriani hanno raggiunto quota 600 mila e sono dunque pari al 10 per cento circa della popolazione nazionale. Sul fronte militare, secondo fonti militari Usa citate dal “New York Times”, il regime di Bashar Assad sta riguadagnando terreno, giovandosi di debolezza militare, divisioni interne fra i ribelli e ritardi nell’arrivo delle armi promesse da Washington. Le forze governative hanno riconquistato alcune aree della periferia di Damasco - da dove i ribelli bombardavano con i mortai il centro della capitale - e martellano dal cielo con i Mig la città sunnita Homs, in vista dell’offensiva in preparazione contro Aleppo, la roccaforte dei ribelli nel Nord. 

Sono tali sviluppi sul campo che portano il Pentagono a ritenere che Assad potrebbe optare per un ricorso massiccio alle armi chimiche al fine di espugnare Aleppo o altre sacche di resistenza: da qui la scelta di affidare alla 82° divisione aerotrasportata il compito di addestrarsi ad intervenire “per proteggere i civili” in una grande area urbana invasa da gas nocivi. La crisi siriana segna anche le audizioni in corso al Congresso di Washington per la conferma di Martin Dempsey alla carica di Capo degli Stati Maggiori Congiunti. Il senatore repubblicano John McCain ha minacciato di bloccare la nomina se Dempsey non spiegherà con chiarezza “che piani abbiamo per la Siria”. La risposta è stata: “Abbiamo preparato piani di intervento militare affinché il presidente disponga di ogni opzione ma la loro attivazione dipende dai leader eletti dal popolo”....
(La Stampa.it)

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